DON ANTONIO

martedì 2 agosto 2011

OMELIA DOMENICA XXXI ANNO A

La liturgia della Parola di questa domenica  è un richiamo molto forte a tutti noi  che siamo cristiani e lo dimostriamo sempre  con la partecipazione ai riti religiosi di questi giorni, è un richiamo alla coerenza: coerenza tra fede e vita, tra religione praticata e spiritualità, tra interiorità ed opere compiute.
Forse abbiamo mancato di coerenza, forse la nostra incoerenza  ha facilitato l’allontanamento di tanti dalla fede e  dalla Chiesa, certamente è per tutti inquietante la disinvolta accettazione dello scandalo: cristiani quando siamo  in  Chiesa, cristiani nelle  parole e nelle preghiere e poi pagani nella vita quotidiana.
Questa constatazione e questo ammonimento ci vengono dalle letture: accorgerci del nostro possibile fariseismo, della nostra possibile  ipocrisia e falsità e incominciare una vita cristiana nuova. Oggi più che mai il mondo e la Chiesa hanno bisogno di cristiani santi che vivono nella semplicità, che vivono nella trasparenza, che hanno come modello Cristo e come stile di vita il Vangelo.

La prima lettura è tratta dal libro del profeta Malachia, l’ultimo dei profeti minori dell’A.T. Si tratta di un brano profetico riguardante i sacerdoti del suo tempo,sacerdoti che si erano allontanati dalla retta via ed erano diventati  con il loro insegnamento, un inciampo,un ostacolo per il popolo.
La contestazione che il profeta fa  ai sacerdoti e ai leviti è una condanna che tocca tre momenti centrali della vita:
1.condanna di un culto, di una religione ridotti a vuoto ritualismo, a cerimonie senza cuore, senza una corrispondenza interiore,
2. Condanna della vita sociale, che è animata solo dal gioco di interessi particolari e venali,
3 .condanna della vita morale non solo corrotta, ma che fa anche da copertura al perbenismo.
Questo monito è per voi, sacerdoti:” vi siete allontanati dalla retta via, siete stati d’inciampo a molti, perciò anch’io vi ho reso spregevoli davanti a tutto il popolo”.

Il profeta  Malachia rimprovera la categoria dei sacerdoti e leviti che operava e serviva nel Tempio, Gesù nel brano del Vangelo di Matteo rimprovera i farisei, una corrente religiosa che si riteneva la più fedele alla Alleanza, la più obbediente ai comandamenti  rispetto alla corrente dei sadducei e dei zeloti.
Gesù apparteneva alla setta dei farisei, “farisei” significa  separati,  puri,  e Gesù conosceva bene pregi  e difetti, ed interviene contro questa setta con la forza e l’impeto del grande profeta.
Gesù condanna i farisei per il loro legalismo oppressivo che consiste nel ridurre la fedeltà a Dio nella scrupolosa  osservanza della Legge, nel ridurre la fede  ad una pratica formalistica.

Si credono a posto con Dio perché osservano tutti i comandamenti, pensano che la religione sia  un cumulo di cose da fare,credono che la fedeltà a Cristo si misuri con l’ortodossa osservanza  della legge di Mosè.
Gesù però condanna i farisei non solo per il loro legalismo, ma ancor più per il loro esibizionismo religioso:
“tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini, amano i primi posti nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze”, sono orgogliosi e vanno alla ricerca del titolo onorifico e il farsi chiamare, rabbi,professori,maestri,padri .

La parola di Dio della prima lettura e questa del vangelo le possiamo applicare  a noi tutti:preti e laici.
Anche noi possiamo come i farisei ridurre la religione a  un mezzo per raggiungere determinati scopi, oppure possiamo, per tradizione o perbenismo, far salve le apparenze.
I farisei erano dei veri credenti  in Dio, Lo pregavano, si impegnavano per tutti i lavori del Tempio, ma la pura di perdersi, la paura dell’ Ade o della Geenna, la paura di comparire davanti a Dio a mani vuote, li conduceva a cercare una  sicurezza che  cercavano nell’osservanza minuziosa e scrupolosa di tutti i comandamenti della Legge. Per loro più importante delle convinzioni interiori erano le pratiche  esteriori. Questa è una mia interpretazione!
E’ chiara la loro incoerenza, lo dice Gesù al’inizio del brano evangelico:”quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere”.

La Parola di oggi va bene per tutti sacerdoti  e  no:tutti abbiamo bisogno di essere più autentici e veri..
Uno dei gravi peccati di oggi è il  distacco tra la fede che pubblicamente si professa e la vita che poi  si vive, tra i segni croce che si fanno in chiesa e le strette di mano che si scambiano, tra la comunione che si fa nella Messa e la realta’  che si riscontra poi nella realtà di ogni giorno.
E’ questo uno scandalo che anche  alcuni  cristiani  stanno dando, è questa una grande incoerenza che toglie  credibilità alla nostra professione di fede. Il Signore ci domanda di essere fedeli a Lui nonostante tutto, perché è Lui il nostro Padre e il Giudice finale, perché gli uomini possiamo anche ingannarli, ma non Lui.

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