DON ANTONIO

giovedì 18 agosto 2011

OMELIA DOMENICA XVIII ANNO C TEMPO ORDINARIO




Oggi la parola di Dio ci esorta a riflettere su due verbi fondamentali: il preferire e il vigilare. Giò domenica scorsa abbiamo riflettuto sulla necessità di anteporre Gesù a tutte le ricchezze e a tutti gli affetti umani.
Essere cristiano significa preferire Cristo Gesù a tutti e a tutto, significa porre Gesù al primo posto nella nostra vita, significa abbandonarsi completamente a Lui perche solo Gesù ha parole di vita eterna:” io sono la via , la verità, la vita”.
Perché dobbiamo preferire Gesù anche alle cose e agli affetti più cari? Cosa ci offre di concreto, di visibile, di felicità tangibile perché crediamo in Lui e riponiamo in Lui ogni fiducia e ogni speranza?
Perché dobbiamo anche quando il Signore permette certe catastrofi naturali e certi dolori atroci e apparentemente neppure ci offre una chiave semplice di soluzione, umana e logica per una interpretazione?

La risposta non si colloca tra le risposte scientifiche, cioè tra quelle risposte che sono di per se evidenti oppure dimostrabili e verificabili, ma la risposta è soltanto una risposta di fede ,soltanto con una fede autentica e profonda possiamo accogliere l’incomprensibilità visibile di Dio, possiamo accettare la finitudine temporale di un Dio infinito ed eterno, possiamo pregare un Dio che in Gesù Uomo muore sulla croce, possiamo chiamare buona notizia e vangelo le parole di Gesù che , umanamente, ci appaiono assurde e lontane da ogni buon senso.
La seconda lettura è una risposta biblica. La fede è Abramo, perché Abramo contro ogni evidenza e contro ogni ipotesi umana segue la voce di Dio e non segue le prospettive umane, la fede è sua moglie Sara, che sebbene fuori dell’età di partorire ritenne fedele colui che glielo aveva promesso. Esempio di fede autentica è l’episodio di Abramo che sta per sacrificare il suo unico figlio, il figlio della promessa Isacco.
In tutti i personaggi della Bibbia noi ritroviamo una fede che non è una parola, che non è solo un sentimento o un emozione , ma una fede che si traduce in fatti concreti, una fede che diventa vita, anzi l’esistenza stessa si identifica con la fede.

E allora per questi giusti da Abramo, a Giobbe al profeta Geremia la fede è una virtù, è un dono di Dio, radicato nel cuore che diventa un tutt’uno con la vita. A questo punto possiamo dire che per gli uomini giusti dell’A.T., per patriarchi, per i profeti, la scelta per il Signore era già compiuta cioè il preferire Dio agli uomini era un fatto scontato, anche se avranno anche loro momenti di incertezza e di dubbio .

Il Vangelo nella prima parte ci richiama a questa scelta soprannaturale della fede. Vendete, lasciate le barche e il loro padre, vendi quello che hai e dallo ai poveri, lasciate che i morti seppelliscano i loro morti, vendete ciò che avete e datelo in elemosina e fatevi borse e tesori nel cielo.
Noi ci aspetteremo da Gesù qualche ulteriore indicazione ad esempio : vendete il 20% e il resto tenetevelo per voi oppure si può essere poveri nello spirito senza dover per questo spogliarci di beni che ci appartengono e sono stati acquistati con duro lavoro

Seconda riflessione: la vigilanza. Se Cristo è prima di tutto non dobbiamo temere il suo arrivo o l’incontro con Lui nella morte o alla fine del mondo. Il Vangelo di oggi ci invita: siate pronti, tenetevi pronti perché verrà nell’ora che non pensate.
Il Vangelo anche in questa Domenica ci parla anche della vigilanza, dell’attesa del Signore che viene.
Il Vangelo ci aiuta a prendere coscienza che Dio non è lontano da noi. Il Signore è vicino e bussa alla porta del nostro cuore. Il Signore è sempre vicino perché l’incontro può avvenire in ogni momento. Il Signore non è lontano, al di fuori della nostra storia, un Essere supremo, nascosto e incurante delle nostre umane situazioni, no si tratta di un Dio che è Padre e Redentore,Provvidenza e noi i suoi figli.

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