DON ANTONIO

mercoledì 31 agosto 2011

Parlare di speranza oggi

Nessun essere umano può vivere senza sperare. Portiamo dentro una profonda
inquietudine che ci proietta sempre in avanti. Quando raggiungiamo degli obiettivi
guardiamo sempre oltre.
Questo avvenire che desideriamo migliore e aperto a delle novità. E’ l’avvenire
che noi costruiamo mediante il nostro lavoro quotidiano e con i nostri vari impegni
nella famiglia, nella professione e nella società. E’ in questa direzione che
indirizziamo ogni nostro desiderio; da esso aspettiamo di poterci realizzare. Poiché se
taluni desideri immediati si possono realizzare subito, non è lo stesso per quel
desiderio radicale che ci abita e ci costituisce profondamente.
Quest’ultimo è l’espressione di una mancanza, e, come un miraggio nel
deserto che si allontana quando ci sembra di raggiungerlo. Finché viviamo niente può
soddisfarlo totalmente. Accarezziamo sempre l’attesa di un futuro migliore e tutto ciò
che ci manca nel presente , speriamo che ci sarà donato più tardi o al più presto.
Anche quando formuliamo degli auguri esprimiamo il desiderio di realizzare
qualcosa di meglio che al presente non ci è dato. Gli auguri quasi sempre sono molto
generosi e eccessivi. Siamo coscienti del sogno che li abita?
E ragionevole sperare? Per tanti uomini sperare è lasciare aperta una porta
verso il futuro migliore e in ogni caso vivere in cammino. Per altri, filosofi del
passato e del presente, la speranza è una passione irragionevole dal quale il saggio
deve liberarsi per entrare nella regione della serenità perfetta. Per gli stoici il saggio
deve desiderare ciò che ha senza proiettarsi verso l’avvenire. Anche la sapienza Indù
si muove in questa direzione: “ E’ felice solo colui che ha perso ogni speranza,
perché la speranza è la più grande tortura che ci sia e la disperazione la più grande
felicità
LA SPERANZA CRISTIANA
La fede cristiana non ci sradica dalla nostra condizione umana: Essa si iscrive nel
cuore dei nostri atteggiamenti fondamentali per trasfigurarli. Essa fa della speranza
una “virtù teologale”, cioè un dono di Dio e una virtù orientata verso la salvezza
promessa da Dio. Seguendo l’insegnamento di Paolo nell’inno alla carità di Corinti
cap. 13, la speranza si pone tra la fede che è fondamento di tutto e la carità che non
passerà mai.
Una speranza fondata
L’uomo non può vivere senza speranza. Come scrive K. Rahner, l’uomo è questo
essere che ha “l’audacia di sperare”, e di sperare anche oltre i limiti di questa
esistenza terrestre in un atteggiamento che si può chiamare religioso. Ma le nostre
speranze sono spesso deluse. Così la questione è di sapere se esse restano legittime o
se, a forza di girare a vuoto, non costituiscono una forma di testardaggine
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irragionevole. Ora la tipicità del cristianesimo è di dirci che la nostra speranza è
fondata, che essa si indirizza a qualcuno che si vuol fare nostro partner facendo
alleanza con noi: non solamente Dio esiste, ma noi esistiamo per Dio, che si avvicina
all’uomo per donarsi a lui. La nostra ragione di sperare è quindi Dio, Dio che ha
concretizzato la sua benevolenza nei nostri riguardi inviandoci il suo Figlio, il “Cristo
Gesù nostra speranza” (1Tm 1,1).
Il movimento che ci spinge a sperare un futuro migliore, un avvenire definitivo
e pienamente felice che chiamiamo salvezza, è qui fondato in Dio sul quale fondiamo
la nostra fede. E’ la fede che ci dà la ragione di sperare. Celso un pagano del II secolo
che ha scritto un panflet anticristiano di una rara violenza, diceva che i cristiani gli
facevano pensare a un gruppo di rospi che gracidano in uno stagno che pretendono
che Dio si occupi di loro. Celso caratterizzava così, con la lucidità dell’avversario, il
carattere inaudito della speranza cristiana.
La speranza riposa sulla promessa
La speranza cristiana è legata a un senso della storia che progredisce nella linea
del tempo, continuo- lineare e non ciclico, dove qualche cosa si costruisce per ognuno
come anche per l’umanità. La salvezza si fa dunque passato, presente e avvenire. Il
passato è dato nel dono irreversibile della venuta di Gesù, morto sotto Ponzio Pilato e
risorto; il presente nella caparra dello Spirito che ci fa vivere giorno dopo giorno
nell’intimità divina; l’avvenire nella promessa del ritorno di Cristo alla fine dei tempi,
della resurrezione dei morti e della “vita eterna”. La nostra salvezza resta un oggetto
di speranza, perché “vedere ciò che si spera non è più sperare” (Rom. 8, 24). I primi
cristiani erano fondamentalmente rivolti verso questo avvenire nell’attesa e nella
speranza: “Marana tha: vieni Signore Gesù!” ( Ap. 22, 20).
La promessa caratterizza la speranza giudaica, fondamentalmente messianica e
interamente rivolta verso l’avvenire. E’ con Abramo che comincia la lunga storia
della speranza nella Bibbia. Egli ha creduto alla promessa che gli era stata
fatta:«sperando contro ogni speranza» (Rom. 4, 18), e i credenti dell’Antico
Testamento sono quelli “ che per primi hanno sperato in Cristo” ( Ef. 1, 12). Nei
salmi la speranza è fiducia in colui nel quale si può sperare«Spera nel Signore e sii
forte, si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore» ( 27,14). L’antico Testamento ci
rivela che noi abbiamo qualcuno sul quale fondare la nostra speranza.
La speranza cristiana è fondata su un primo compimento della promessa, su
l’evento pasquale di Gesù Cristo e il dono dello Spirito a Pentecoste (At. 2, 33- 39).
Anche la Lettera agli Ebrei presenta la venuta di Gesù come «l’introduzione di una
speranza migliore» (7, 19). Paolo aveva già detto:«La nostra salvezza è oggetto di
speranza» (Rom. 8, 24). Anche il mistero cristiano resta dunque rivolto verso
l’avvenire, verso la dimensione escatologica, cioè definitiva e finale della salvezza.
Cf. Jurgen Moltmann, La teologia della speranza.
Alla luce della rivelazione usciamo dalla ambiguità delle speranze umane e
posiamo affermare con certezza:«La speranza non delude , perché l’amore di Dio è
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stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo che ci è stato dato»
(Rom. 5, 5).
La speranza è escatologica: essa trascende i limiti della nostra esistenza terrestre. «Se
poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da
compiangere più di tutti gli uomini» (1 Cor. 15, 19). Perché l’ultima tappa e l’oggetto
finale della nostra speranza, è di vedere Dio così com’è per vivere di Lui (1 Gv. 3, 2).
La fede, la speranza e l’amore
E’ Paolo che nel Nuovo Testamento è il grande dottore della speranza. Di fatto
egli ha insegnato quanto di fatto viveva, questo dinamismo che lo spinge in avanti in
una corsa verso l’incontro definitivo con Cristo. Tale appartenenza della speranza al
centro del mistero cristiano trova la sua corrispondenza nella nostra vita spirituale..
Tutti noi conosciamo il testo splendido di Paolo nel quale egli canta un inno alla
carità e sottolinea la sua interazione con la fede e la speranza.
«Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità» (1 Cor.
!3, !3).
Questa è l’origine della dottrina cristiana delle tre “virtù teologali”. La
speranza, o la fiducia, è un aspetto della fede, caratteristica fortemente sottolineata
dallo stesso Paolo nella Lettera ai Romani. Anche l’amore di cui noi viviamo è
abitato dalla fede e della speranza.«L’amore tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto
sopporta» (1 Cor 13, 7). O ancora, la fede «Noi infatti per virtù dello Spirito,
attendiamo dalla fede la giustificazione che speriamo» (Gal 5,5). Quanto alla Lettera
agli Ebrei, essa definisce la fede come «garanzia [lett. sostanza] dei beni che si
sperano e prova di quelli che non si vedono» ( Ebrei 11, 1).
Le eresie della speranza
I poeti greci ci hanno detto che la speranza può essere un vizio come anche una virtù.
La speranza può, come d’altra parte ogni virtù, slittare in atteggiamenti che possono
pervertirla.. Si può peccare contro la speranza o per difetto o per eccesso. La
tentazione “pelagiana” rappresenta una prima forma. L’errore qui nasce dal fatto che
si spera più in se stessi che in Dio, si conta più sui propri meriti, ci si crede forti per
l’avvenire, e si cade nella presunzione che la propria salvezza è un fatto acquisito,
mentre S. Agostino ci insegna che la perseveranza finale è “un grande dono” di Dio.
Tale presunzione è temeraria e proietta verso una speranza ingannatrice.
Al contrario ogni uomo può cadere nella disperazione. Ciò può accadere anche
a un cristiano. Questa tentazione si presenta più spesso con l’età avanzata, quando le
condizioni della vita divengono difficili, quando un forte sentimento di abbandono e
di solitudine invade l’essere umano. Si perde la speranza in Dio perché si è persa
quella in sé stessi. E’ in questo momento che siamo invitati come Abramo a sperare
contro ogni speranza.
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Un’altra eresia della speranza è il quietismo, inteso come un amore per Dio
puramente passivo che si disinteresserebbe totalmente della dimensione anche
concreta della salvezza e di ciò che è necessario fare per poterla ricevere.
C’è una speranza delle cose terrestri ?
La speranza cristiana che proietta l’uomo essenzialmente verso una salvezza eterna,
la vita eterna, ha anche una dimensione terrena. Altrimenti rischierebbe di introdurci
dentro un’utopia astratta. La speranza giudaica si indirizzava largamente, e in primo
luogo , verso i beni terreni, la fecondità dei campi e dei greggi, una discendenza
numerosa.
E’ dunque totalmente legittimo sperare la realizzazione dei beni temporali, a
condizione che queste piccole speranze non diventino degli idoli chiudendo il nostro
cuore alla grande speranza che costituisce il senso e la prospettiva delle cose.
In altri termini noi desideriamo- speriamo questi beni con la prospettiva che ci
aiuteranno ad amare Dio e il prossimo senza perdere questa armonia essenziale.
In questo direzione è totalmente legittimo pregare per ottenere qualcosa. Come
ogni preghiera che riguarda l’ordine delle cose temporali, essa deve avere come
condizione il fatto che l’oggetto della domanda entri nel progetto di Dio su di me e su
gli altri.
La speranza ci aiuta ancora nella nostra vita temporale apportandoci gioia,,
pace, consolazione e forza (Rom 15,14). Essa è particolarmente preziosa nel tempo
delle afflizioni e della prova (Rom 5, 2; 2 Con 1, 12; Ebrei 3, 6). A volte siamo in
situazioni nelle quali dobbiamo continuare a sperare verso e contro tutto. Per questa
ragione è utile e anche necessario pregare per essere aiutati a conservare la speranza,
come si prega anche perché il Signore ci aiuti a restare saldi nella fede.
Ma c’è qualcosa di più: la speranza cristiana, speranza “teologale”, richiede a
noi in spirito di carità di lottare per la giustizia nella città terrestre per preparare la
città futura. Ci riferiamo alla scena del giudizio finale di Matteo 25 : Gesù
ricompensa quelli che lo hanno riconosciuto negli affamati, nei malati, nei prigionieri
e in tutti i poveri del mondo. La nostra speranza nella città celeste non deve
sganciarci dalla situazione presente e deve stimolarci alla responsabilità e
all’impegno.
Noi crediamo fermamente che niente è perduto di tutto ciò mettiamo in opera
mossi dalla fede, la speranza e l’amore.
Il Papa Benedetto XVI nell’enciclica Spe salvi tra i luoghi di apprendimento e di
esercizio della speranza colloca l’agire e il soffrire. Egli afferma:«Ogni agire retto e
serio dell’uomo è speranza in atto.[ …] con il nostro impegno dare un contributo
affinché il mondo diventi un po’ più luminoso e umano e così si aprano anche le
porte verso il futuro. Ma l’impegno quotidiano per la prosecuzione della nostra vita e
per il futuro dell’insieme ci stanca o si muta in fanatismo, se non ci illumina la luce
di quella grande speranza che non può essere distrutta neppure da insuccessi nel
piccolo e dal fallimento in vicende di portata storica. Se non possiamo sperare più di
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quanto è effettivamente raggiungibile di volta in volta e di quanto le autorità
politiche ed economiche ci offrono, la nostra vita si riduce ben presto a essere priva
di speranza. E’ importante sapere: io posso sempre ancora sperare, anche se per la
mia vita e per il momento storico che sto vivendo apparentemente non ho più niente
da sperare. Solo la grande speranza- certezza che, nonostante tutti i fallimenti, la
mia vita personale e la storia nel suo insieme sono custodite nel potere indistruttibile
dell’Amore e, grazie ad esso, hanno per esso un senso e una importanza, solo una
tale speranza può in quel caso dare ancora il coraggio di operare e di proseguire.»
(n.35)
***
A proposito del senso che bisogna trovare negli eventi, il padre Timothy
RADCLIFFE, nel suo volume dal titolo Perché dunque sono cristiano?, cita questa
frase dello scrittore Vaclav Havel ex presidente della Repubblica ceca:«La speranza
non è la convinzione che le cose avranno un lieto fine; è la certezza che le cose
hanno senso». E il p. Tmothy continua :«E’ la convinzione che si rivelerà un giorno
che tutto ciò che viviamo, momenti felici e momenti di tristi, hanno un senso. La
speranza del paradiso non è la speranza del trionfo di qualche forza cieca: quella
delle armi o dell’economia. E’ la speranza della vittoria finale e inimmaginabile del
senso. La nostra storia comincia con una parola pronunciata da Dio, una parola che
crea ogni cosa. “Dio disse: Sia la luce”. E la luce fu” (Gen 1, 3). Esistere significa
essere evocato dal nulla e mantenuto nell’esistenza dalla Parola di Dio. E
comprendere le cose non è imporre loro un senso, ma entrare in contatto con
creatore che dà l’esistenza» (pp. 28- 29).
Dalle speranze alla grande speranza, abbiamo percorso un itinerario continuo e
discontinuo.
Continuo perché la grande speranza non può essere estranea alle nostre
speranze umane e l’intervento della fede non soppianta in niente la nostra condizione
umana. La grande speranza non costituisce un alibi alla nostra negligenza e alla
nostra pigrizia. Restiamo sottomessi a l’etica immanente di ogni agire della speranza
umana.
Discontinuo perché la fede e la speranza cristiane ci danno la certezza che esse
sono fondate in Dio e attestate dal dono di Cristo che è già venuto e che verrà. E’ per
questa ragione che dobbiamo ascoltare l’appello della Prima Lettera di Pietro: «Siate
sempre pronti a rendere ragione della vostra speranza a quelli che ve lo domandano»
(3, 15).

http://www.idracireale.org/copia/ufficio/08/Parlare_di_speranza_oggi.pdf

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