DON ANTONIO

domenica 14 agosto 2011

Dal Trattato di Teologia Morale. 1. la natura della speranza

L'azione dello Spirito passa attraverso la fede per animare la vita, anche temporale dei cristiani... " La promessa restaurazione... è portata innanzi con l'invio dello Spirito Santo e per mezzo di Lui continua nella Chiesa, dalla quale siamo dalla fede istruiti anche sul senso della nostra vita temporale, mentre portiamo a termine, nella speranza dei beni futuri, l'opera a noi commessa nel mondo dal Padre, e diamo compimento alla nostra salvezza (95).Nel mondo greco il termine speranza indica solo aspettazione, desiderio. Il concetto di speranza è quindi quello di uno slancio verso l'avvenire, una presa di possesso del futuro, che non esiste ancora e forse non esisterà mai (96).
Tutta la saggezza del mondo greco si risolveva allora a preservare l'uomo dal pericolo di sperare.
II saggio, diceva Epiteto, disprezza ciò che non è a sua portata. E il motto della sapienza greca era, vivere senza speranza e senza timore. Nec spe, nec metu.
In tutt'altro clima doveva introdurci la Bibbia, che è poi quello della speranza cristiana. L'ardore eroico che la sapienza greca poneva nel restringersi al presente, a non preoccuparsi dell'avvenire, la Sapienza scritturistica lo pone al contrario nel proiettarsi verso il futuro promesso con la sicurezza perentoria di non essere confusi.
Nel nuovo linguaggio biblico le parole stesse del greco classico, acquistano un significato nuovo. Il verbo ** (= spero) non ha più la sua significazione antica "attesa di un bene o di un male": è sempre attesa di un bene ed attesa permeata di confidenza.
Ben lontana di basare la sua confidenza sulle elucubrazioni e diagnosi dei sapienti, - povera sapienza umana che un soffio disperde (97) - la Bibbia ha un solo motivo di confidenza: Dio. " In te, o Signore, io spero e mi rifugio: che io non resti confuso, giammai " (98).
Questo bene, che si attende dall'avvenire, è precisamente ciò che i Greci giudicavano inaccessibile: è un giudizio, che metterà fine alle prove, che separerà i buoni dai cattivi per proteggerli e ricompensarli. Dall'annunzio di questo giudizio è permeato l'insegnamento continuo dei Salmi (99).
È in forza di questa speranza che i patriarchi levano lo sguardo, anche in mezzo alle angustie del presente, verso la terra promessa o l'avvento del Messia. Ed il merito di Abramo, modello dei credenti, è quello di aver sperato contro ogni speranza (100).
Per orientare la loro speranza i Giudei avevano la legge; "fiaccola dinanzi ai propri passi, lume sul proprio sentiero" (101).
La nozione della speranza cristiana è fondamentalmente quella dell'antico testamento: attesa (Oelpízô) fede (Oelpís), pazienza (Oupomonê).
La speranza è innanzi tutto attesa, orientamento verso un futuro. Sperare una cosa che si vede, non e più sperare (102).
Ma la speranza in quanto è attesa o desiderio paziente non è una illusione, Può difendersi di fronte alla logica, perché essa ha un reale, per quanto misterioso, fondamento, la fede.
"Ora la fede è fondamento di cose che si sperano" (103)
Alla nostra aspettativa, che si orienta con esitazione verso un futuro insondabile, la fede fornisce delle prove convincenti, " dimostrazione delle cose che non si vedono " (104).
Questi concetti erano già patrimonio anche del Vecchio Testamento, Ma il Nuovo Testamento possiede descrizioni della speranza, dove il tono è più sicuro, più concreto; dove la pazienza dell'attesa diviene un titolo di gloria, un motivo di gioia. La speranza non è solamente un atto di fede, una soddisfazione interiore; essa ha proprie esperienze, che sono la scoperta della forza nella debolezza, della gioia nella prova, dell'arricchimento nella rinuncia. È il progresso trionfante di S. Paolo (105).
“Ci gloriamo nella speranza della gloria dei figlioli di Dio. Né solo questo, ma ci gloriamo pure nelle tribolazioni: sapendo che la tribolazione produce la pazienza; la pazienza la prova; la prova la speranza; la speranza poi non porta inganno, perché la carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo” (106).
La frase termina non con un progresso, ma con una spiegazione. La speranza cristiana non esiste allo stadio perfetto, se non informata dalla carità: diventa allora misteriosa nelle sue gradazioni e risonanze, partecipando del mistero della Incarnazione; grazie alla carità l'anima può vivere la sua vita divina trinitaria. Sotto forma di desiderio, di slancio, di ricorso, a cui mi riduce l'angoscia presente, la speranza è dunque l'esperienza di vita novella, dove io cristiano mi trovo in un altro che è più di me stesso.
Tradotti questi concetti in linguaggio teologico, la speranza è la virtù teologale, per la quale noi veniamo disposti ad attendere da Dio con confidenza la vita eterna e tutto ciò che può aiutarci ad ottenerla. Anche su un piano puramente naturale, non fuorviato da strane ideologie, due elementi entrano nel concetto di speranza: desiderio e confidenza. La speranza è quindi una tensione dell'essere perfettibile. La speranza virtù teologale ha la stessa struttura; solo si tratta di una tensione che supera la nativa capacità dell'uomo, spingendosi fino al possesso di Dio. Per questo la speranza è un dono.
Al pari delle altre virtù anche la speranza è infusa nell'anima al momento della giustificazione (107), come una permanente disposizione ed inclinazione. Sotto il soffio della grazia attuale sarà poi il principio di quegli atti che stimolano l'uomo, oltre la sua debolezza e le colpe, a superarsi continuamente fino al raggiungimento del fine supremo (108).
Nel magnifico accordo delle tre virtù teologali la speranza sta nel mezzo, tra la fede e la carità, formando quasi la nota di passaggio dalla prima alla seconda. La fede dischiude alla mente gli orizzonti delle verità divine, la speranza si apre alle incommensurabili ricchezze della divina bontà. La speranza dunque riposa su una verità di fede: la bontà e l'amore divino. Quando la volontà si attacca con confidenza a questa divina bontà, sotto la mozione di una virtù soprannaturale speciale, si ha la speranza. Essa è talmente legata alla fede, che non si può parlare della vita e dello spirito di fede, senza parlare della confidenza che essi infondono nell'anima, ciò che è entrare nel campo della speranza.

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