DON ANTONIO

martedì 4 ottobre 2011

Omelia domenica XXXI anno A

La parola di Dio di questa domenica è un richiamo a noi cristiani per essere credibili nella nostra testimonianza .
Forse abbiamo mancato di coerenza, forse le nostra incoerenze con il Vangelo di Gesù e con la dottrina della Chiesa hanno facilitato l’allontanamento di alcuni dalla religione cattolica e dalla Chiesa. Certamente dovrebbe essere per tutti noi un interrogativo la disinvolta accettazione dello scandalo: cristiani perché battezzati e cresimati ,cristiani che anche magari saltuariamente frequentano la Chiesa, cristiani a parole e nelle dichiarazioni ufficiali,ma poi pagani nella vita, idolatri nel pensiero,nei ragionamenti, se non addirittura atei nel modo concreto di vivere e di lavoro di ogni giorno.
Questa è una constatazione ma è anche un ammonimento ci viene dalle letture: prendere coscienza del nostro attuale materialismo esistenziale,prendere coscienza della pratica religiosa che spesso assomiglia al fariseismo,renderci conto della nostra ipocrisia o falsità e incominciare una vita cristiana nuova che vive e annuncia il Vangelo nell’oggi. Oggi più che mai il mondo e la Chiesa hanno bisogno di cristiani santi che vivono nella coerenza, che vivono nella trasparenza, che hanno come modello Cristo e come stile di vita il Vangelo.

La prima lettura è tratta dal libro del profeta Malachia, Malachia è l’ultimo dei profeti minori dell’A.T. Si tratta di un brano profetico contro i sacerdoti del suo tempo, che si erano allontanati dalla retta via ed erano diventatati , con il loro insegnamento e con le opere che compivano, un inciampo,un ostacolo per il popolo.
La contestazione che il profeta fa ai sacerdoti e ai leviti è una condanna che tocca tre momenti centrali della vita:
1.la condanna di un culto, di una religione ridotti a vuoto ritualismo, a cerimonie senza cuore, senza una corrispondenza interiore,
2. la condanna della vita sociale, che è animata solo dal gioco di interessi particolari e venali,
3.la condanna della vita morale, non solo perché è corrotta, ma anche perché fa da copertura al perbenismo.
Questo monito è per voi, sacerdoti: “vi siete allontanati dalla retta via, siete stati d’inciampo a molti, perciò anch’io-dice il Signore- vi ho reso spregevoli davanti a tutto il popolo”.

Se Malachia rimprovera la categoria di coloro che servivano nel Tempio e cioè la classe sacerdotale e i leviti, Gesù nel brano del Vangelo di Matteo rimprovera i farisei, una corrente religiosa che si riteneva la più fedele alla alleanza, la più obbediente ai comandamenti della Legge rispetto alle sette dei sadducei e dei zeloti.
Gesù apparteneva a questa setta dei farisei,la parola “farisei” significa: i separati, i puri, e Gesù quindi ne conosceva bene i pregi e anche i difetti, e interviene contro questa setta,o meglio contro quella parte della setta dei farisei che si era in realtà allontanata dall’autentica interpretazione della Legge e aveva deviato verso la ritualità, Gesù interviene con la forza e l’impeto di un grande profeta,
Gesù condanna i farisei per il loro legalismo oppressivo che consisteva nel ridurre la fedeltà a Dio alla scrupolosa osservanza della Legge, nel ridurre la fede alle pratiche di religione.

Questa parte di farisei si credeva a posto con Dio perché osservava alla lettera tutti i comandamenti anche nei minimi particolari, pensavano che la religione fosse un cumulo di leggi da osservare,credevano che la fedeltà al Signore si misurasse con l’ortodossa osservanza dei precetti. Ed esistevano anche scuole rabbiniche che si soffermavano sui vari precetti e sulle varie modalità di interpretazione,un rabbino affermava una verità che poi veniva contradetta da un altro rabbino.
Gesù condanna i farisei non solo per il loro legalismo, ma ancor più per il loro esibizionismo religioso:”tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini, amano i primi posti nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze”, sono orgogliosi e vanno alla ricerca del titolo onorifico, farsi chiamare, sentirsi chiamare rabbi,professore,maestro,padre ecc..

La parola di Dio della prima lettura e questa del vangelo le possiamo applicare a noi tutti:preti e laici.
Anche noi possiamo come i farisei ridurre la religione a un mezzo per raggiungere determinati scopi, oppure possiamo, per tradizione o perbenismo, far salve le apparenze: vado a Messa alla domenica , non faccio cose tanto gravi che o che occhi indiscreti non vedono e quindi davanti a Dio sono a posto , come un buon fariseo, ma ipocrita.
I farisei erano dei veri credenti in Dio, pregavano il Dio dell’Alleanza,il Dio dei patriarchi e delle promesse, si impegnavano per tutti i lavori del Tempio, ma la pura di trasgredire la Legge,la paura di sembrare un pubblicano, la paura poi dell’ Ade o della Geenna, la paura di comparire davanti a Dio a mani vuote, li conduceva a cercare una sicurezza nell’osservanza minuziosa e scrupolosa di tutti i comandamenti. Per loro più importante delle convinzioni interiori erano le pratiche esteriori.
E’ chiara la loro incoerenza, lo dice Gesù all’inizio del brano evangelico:”quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere”.

La Parola di oggi va bene per tutti sacerdoti e laici:tutti abbiamo bisogno di essere più autentici e veri..
Uno dei gravi peccati dei cristiani, oggi, è proprio quello del distacco, cioè si constata in molti un grande distacco, un grande divario tra la fede che pubblicamente si professa con la recita del Credo nella Celebrazione della Santa Messa e la vita che si vive ogni giorno, tra i segni croce che si fanno in chiesa o in casa e le strette di mano che si fanno fuori o che non si fanno, tra la Comunione che si riceve in chiesa e la divisone che si riscontra poi nella realtà quotidiana , tra i canti, parole e preghiere di amore e il comportamento della vita di tutti i giorni.
E’ questo lo scandalo che alcuni cristiani stanno proponendo al mondo, è questa la grande incoerenza che toglie credibilità alla nostra professione di fede. Il Signore ci domanda di essere fedeli a Lui nonostante tutto, perché è Lui il nostro Padre e il Giudice finale, perché gli uomini si possono ingannare o apparire diversi, ma non Lui, il Signore.

Ora domandiamoci se preferiamo al sincerità, la coerenza evangelica, la verità con noi stessi e con Dio, al giudizio della gente che ci è attorno che ci guarda e ci giudica.

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