DON ANTONIO

sabato 8 ottobre 2011

L'enciclica di Benedetto XVI sulla speranza

Di ieri è la lettera enciclica Spe Salvi (Nella fede siamo stati salvati) di Benedetto XVI, una lettera sul significato della fede e della speranza per la vita dell’uomo.
Attraverso diverse citazioni, bibliche e non, il papa fonda la propria analisi sui concetti di fede e speranza, virtù che vengono a coincidere con una certezza di ciò che aspetta l’uomo alla fine della propria vita e, come apprendiamo alla fine della lettera, il giorno del giudizio universale. Fede e speranza rimandano a qualcosa che deve ancora venire e che, nell’animo del credente, crea non solo un’aspettativa, ma anche un cambiamento radicale dello stile di vita. Fede e speranza, in un animo veramente credente, diventano certezza, non solo desiderio di qualcosa che potrebbe essere o non essere, la fede pone una pietra stabile di ciò che sarà il tempio di Dio che verrà, che si sa che dovrà venire. La speranza cristiana non è quella che noi comunemente intendiamo, non è un desiderio, un’aspirazione che può a volte finire in illusione, la speranza del cristiano è innervata dalla fede e si trasforma in assoluta certezza di ciò che sarà.

Il papa però mostra che questa certezza non riguarda solamente il futuro, non è una certezza rimandata a data da destinarsi, ma è un sentimento che riesce a forgiare la vita presente in modo da far vivere l’uomo in modo migliore.
Speranza quindi, come luogo (futuro ma anche presente) in cui l’uomo ritrova se stesso. Tramite la fede in Cristo l’uomo sa di avere la “vita eterna”. Il papa spiega come il concetto di “vita eterna” resta ambiguo per il senso comune perché gli uomini sono abituati ad associare la vita alle tribolazioni terrene, quindi "vita eterna" starebbe ad identificare il protrarsi in perpetuo di quella vita che sperimentiamo tutti i giorni. La vita dopo la morte invece, cioè dopo la salvazione finale (che avverrà con il giudizio universale) è una esperienza totalizzante che non conosce scorrere di tempo ma avvolge tutto in sè. La differenza che corre tra cristianesimo e altre religioni è data dalla figura di Cristo: solo attraverso la venuta di Cristo sulla terra la speranza ha potuto trovare un aggancio reale nel passato (e quindi anche nel presente), così da rifondare la morale e la vita dell’uomo in senso più profondo di semplice tensione al futuro.

“La fede non è soltanto un personale protendersi verso le cose che devono venire ma sono ancora totalmente assenti; essa ci dà qualcosa […] Il presente viene toccato dalla realtà futura”.


Palestra di allenamento per la speranza è la preghiera- Attraverso la preghiera il fedele mette la propria anima in contatto con Dio ma anche con se stesso. Solo pregando l’uomo può scrutare all’interno della propria anima per sapere quali sono i desideri che ha, quali desideri sono degni di Dio e quali invece hanno bisogno di essere purificati e scacciati.
Quindi bisogna pensare che la redenzione sia qualcosa di individuale? No. La dimensione redentiva è per il fedele (e questa è una visione che si sta smarrendo) qualcosa di collettivo; non ci si salva da soli ma occorre entrare in rapporto con il prossimo e la redenzione è qualcosa che non riguarda solamente il singolo individuo ma è sociale.
Il germe dell’individualismo si inserisce nel cuore dell’uomo perché è figlio di una cultura moderna che tenta di fare a meno di Dio e mira a fondare il mondo (e l’etica) solo su base umana. Il fallimento delle ideologie razionalistiche, quali illuminismo e marxismo, mostra chiaramente che ogni tentativo di fare a meno di Dio porta a risultati disastrosi e lascia strascichi che poi è difficile superare nella coscienza dell’uomo. Attraverso la fede (la vera fede), la spinta all’individualismo viene abbandonata e l’uomo si dona entrando in rapporto con il “popolo” dei credenti, recuperando quindi una dimensione collettiva.
La dimensione collettiva è anche sorretta dalla preghiera che permette al credente di aiutare le anime che sono in purgatorio in attesa di purificarsi per la loro condotta non perfetta (quella che poi è caratteristica della maggior parte degli uomini). Tramite la preghiera quindi, aiutando gli altri, aiutiamo anche noi stessi e ci eleviamo verso Dio non dimenticando, nelle ultime pagine dell’enciclica, il principale tramite verso il Cristo, la Madonna. La Madonna è colei che ha avuto fede in Dio e ha fatto entrare l’uomo nell’era della salvezza, con Lei il regno di Dio ha messo piede sulla terra per redimere ogni uomo.

Riflessioni

Leggendo i giornali il giorno dell’uscita dell’enciclica mi aspettavo un testo di dottrina sociale, cioè un testo in cui il papa analizzava la società e rifletteva sui mali che ci circondano. L’enciclica invece è più che altro morale, tocca argomenti attuali ma in sostanza non mi pare porti qualche novità rispetto a quanto già detto e scritto in precedenza, per rimanere in tema si vede quindi perfettamente rispettato quel “nulla di nuovo sotto il sole” che possiamo leggere in Qoèlet.
Quindi, seppure aspettandomi una Rerum Novarum, visto che sono una persona consacrata e mi sono trovato nell’elenco dei destinatari della lettera enciclica, mi sono messo a leggere.
L’argomento è indubbiamente interessante, tocca anzi una questione molto attuale, la speranza. Viviamo certamente in un periodo di scarse speranze per il futuro (sacre o profane che siano), il testo quindi è a metà tra un testo morale e un testo sociale.
Speranza dunque; solo attraverso una speranza è possibile vivere in modo pieno e morale; l’uomo è tanto più se stesso quanto più possiede la speranza, che diviene certezza, della salvezza.
L’unica speranza possibile, nemmeno a dirlo, è data da Cristo. Speranza che non è, come detto prima, semplice attesa di qualcosa che forse verrà, ma certezza ferma di qualcosa che è già venuto (Cristo, appunto) e che tornerà a compiere la propria opera. Quindi non si può parlare di "una" speranza, ma occorre definirla "la" speranza, essendo solamente quella cristiana. Porre Cristo come unica speranza possibile è trincerarsi nella indiscutibilità della fede, ci sono popoli che hanno e hanno avuto una loro morale non distruttiva anche senza Cristo come fondamento. La spiritualità cinese, giapponese, la religione induista, la religiosità che si trova in tribù africane o in altre zone del mondo non mi pare diano vita a uomini senza morale o con una morale distorta anzi, per certi versi assistiamo in queste culture a delle manifestazioni di carità (pur non cristiana) che farebbero invidia a molti passi del Vangelo. La critica poi ai sistemi falliti del passato (quale marxismo e illuminismo), fondata ma nemmeno questa originale, è viziata dalla stessa unilaterale presa di posizione: il marxismo è caduto alla prova del fatti, l’illuminismo, lo stesso, non ha saputo creare uno stato della ragione, il cristianesimo però, a voler fare un’analisi prettamente razionale, alla prova dei fatti non è mai arrivato. La superiorità quindi si basa solamente su quella certezza morale che sta tutta dalla parte del credente ma che non dimostra nulla a chi credente non è o crede in minor grado.


Senza entrare troppo nella questione, passo all’argomento, molto suggestivo, del cristianesimo quale redenzione collettiva, che non è viziato da quell’individualità che la scienza e la ragione (quella mal fondata, quindi quella non fondata su Cristo) portano inevitabilmente con sé.
L’argomento già alla lettura pare vacillante, che la salvazione di una persona non sia un fatto personale ma rimandi ad un concetto collettivo è una cosa che facciamo fatica a comprendere se non nella prospettiva in cui, la collettiva salvata, non è altro che l’insieme di coloro che sono salvati individualmente. Il papa fonda il suo discorso su alcuni passi in cui appare il termine città nella Lettera agli Ebrei che, seppur a rischio di allungare lo scritto, voglio riportare interamente:

“Senza la fede però è impossibile essergli graditi; chi infatti s'accosta a Dio deve credere che egli esiste e che egli ricompensacoloro che lo cercano.
Per fede Noè, avvertito divinamente di cose che ancora non si vedevano, costruì con pio timore un'arca a salvezza della sua famiglia; e per questa fede condannò il mondo e divenne erede della giustizia secondo la fede.
Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.

Per fede soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa.

Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso.”

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“Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente,alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all'adunanza festosa”

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“Perciò anche Gesù, per santificare il popolo con il proprio sangue, patì fuori della porta della città. Usciamo dunque anche noi dall'accampamento e andiamo verso di lui, portando il suo obbrobrio, perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura.”



Contro la lettura di una redenzione collettiva, senza riportare citazioni di testi biblici che tutti abbiamo in mente, in cui Cristo afferma la salvezza come qualcosa da conquistarsi personalmente (praticamente ad ogni capitolo del Vangelo) o articoli del catechismo della chiesa cattolica sulla responsabilità individuale, riporterò solo un passo, dello stesso papa, nella stessa enciclica, qualche riga più avanti:



“per salvarsi bisogna attraversare in prima persona il « fuoco » per diventare definitivamente capaci di Dio e poter prendere posto alla tavola dell'eterno banchetto nuziale.”
Quell’“in prima persona” mi pare abbastanza sintomatico del tipo di responsabilità che il cristiano ha, più che una società in nome collettivo mi pare una società individuale, poi ovviamente spinta verso la socializzazione dalla carità cristiana e dalla preghiera per le anime del purgatorio, ma si è sempre nell’ottica di una salvazione personale e qui, al posto di san Paolo, si potrebbe citare Cristo stesso, che mi pare di autorità superiore.
Come ultima annotazione a questo argomento, mi pare che se di redenzione collettiva si vuol parlare, quella collettività coincide con coloro che son fedeli, quindi si verrebbe a creare una sorta di casta di salvati. A questo punto mi pare molto più aperto al collettivo il fallito comunismo che sognava (sempre di speranza si tratta, ma essendo terrena la si è potuta verificare) un mondo migliore per tutti, nessuno escluso. Quindi mentre l'illuminismo aveva effettivamente una visione che resta classista per la diffusione dei lumi, non si può tacciare di individualismo l'altro bersaglio critico del Santo Padre che, notando giustamente in esso un mterialismo che non teneva conto della reale complessità dell'uomo, non riesce con la sua visione (secondo me) a fondare più sociale. Tutto questo ovviamente senza voler toccare il tasto della storia, che a questo punto, visto che l'enciclica esamina le ideologie passate alla luce dei fatti accaduti (e storici), non farebe apparire come specioso un esame molto interessante riguardo la morale e la l'apertura al prossimo che la comunità ecclesiastica ha dimostrato durante i secoli. Questo però è, ai nostri giorni, politicamente scorretto, proprio perchè la Chiesa fonda la sua visione sul futuro e sulle intenzioni, facendosi forte delle statuizioni attuali come se fossero state sempre applicate nel corso della storia, quando si sa benissimo che, a ben vedere, l'intolleranza ha radici profonde proprio là dove si pone una verità come indiscutibile e irrinunciabile.
In conclusione credo che l’enciclica di Benedetto XVI tocchi un importante tema, che sta a cavallo tra il morale e il sociale, tenti di fondare il discorso in modo razionale e comprensibile da tutti coloro che si vogliano accostare al testo. Nonostante ciò l’enciclica mostra, come è ovvio che sia, una visione estremamente parziale dell’orizzonte (anche religioso, non solo sociale) che si schiude davanti agli occhi dell’uomo che, contrariamente a quanto pare riga dopo riga, non ha i propri problemi solamente perché si sta allontanando dalla genuina fede in Dio.
Già sono andato oltre quanto mi ero prefisso di scrivere, quindi interrompo, anche se ogni argomento potrebbe essere molto approfondito.
http://www.appuntiespunti.altervista.org/religione.html

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