DON ANTONIO

giovedì 6 ottobre 2011

Omelia domenica V anno B

Incominciamo questa omelia con una importante affermazione, con un messaggio che è una certezza sulla quale il cristiano fonda la sua esistenza: ogni cristiano vive la sua vita nella fede che Gesù è il Cristo, il Messia, il Salvatore, il Dio venuto fra noi perché in lui noi possiamo trovare una risposta completa ed esauriente ai nostri dubbi, problemi ed interrogativi sulla vita e la morte. In Gesù che è Via ,Verità e vita trovano un senso le croci e le sofferenze dell’uomo, trovano una risposta gli interrogativi inquietanti per ogni uomo e logoranti per chi non ha fede ed anche angoscianti per le persone che vivono senza il soprannaturale,persone,alcune anche cristiane,che seguono le pratiche di pietà ma senza fede né convinzione.
Oggi si celebra la giornata per la vita, perché la vita è un dono di Dio dal suo concepimento fino al suo termine, da Dio veniamo e a Lui ritorniamo. Noi non siamo nati per caso,per una combinazione variabile di fattori, e tutto quello che avviene non succede per caso,o per puro destino o fatalità.
Gesù si alza di buon mattino quando ancora era buio e si reca in un luogo deserto a pregare ,rivela il segreto della sua attività e della sua missione che trovano il fondamento nella preghiera che è colloquio con il Padre, che è abbandono fiducioso nelle sue mani, e nella preghiera trova forza e aiuto per compiere fino in fondo,fino alla morte di croce, la volontà di Dio.

Nella prima lettura abbiamo ascoltato la confessione di Giobbe. Giobbe si interroga, è angosciato perché non comprende per quale motivo sia stato colpito dalla sofferenza, dal momento che ha coscienza di non aver peccato. Giobbe era un uomo giusto e timorato di Dio, un uomo buono e osservante scrupoloso della legge,un uomo saggio educatore dei figli e sempre pronto alla carità e alla elemosina, Giobbe assiste in un sol giorno alla perdita di tutti suoi averi, di tutti i suoi possedimenti ed anche alla morte di tutti i suoi figli e figlie e, se poi non bastasse, viene lui stesso colpito da una terribile e contagiosa malattia e a causa di questa malattia e delle piaghe, viene rifiutato anche dalla moglie .

Giobbe è provato con una grande croce: provato con la privazione dei figli , con la privazione dell’affetto della consorte e con la privazione della salute, Ma Giobbe non si allontana da Dio e continua ad aver fiducia in Lui, sicuro della bontà, della paternità e della fedeltà di Dio. Proprio in questa situazione di umana disperazione, Giobbe grida al Signore tutta la sua fede: “se da Dio accettiamo il bene,perché non accettare anche la prova,la sofferenza e il dolore?”.Giobbe resta per tutti un esempio e un modello di fede e un segno di una speranza che oltrepassa anche la più grande contraddizione del Bene , cioè il male e il dolore della persona giusta.

IL brano del vangelo di oggi ci descrive una giornata di Gesù nella sua missione di predicatore itinerante. Gesù è insieme con la sua comunità che sono gli apostoli, guarisce la suocera di Pietro che subito si mette a suo servizio e probabilmente lo farà per tutta la vita, cura i malati, predica il vangelo, libera gli indemoniati .
La prima giornata messianica di Gesù si conclude con la preghiera in solitudine. Così come la giornata inizia al mattino molto presto con la preghiera in solitudine nel deserto così nella preghiera termina. Gesù incontra nella preghiera il Padre, la cui volontà vuole compiere ogni giorno, inoltre la preghiera in solitudine è la forza per resistere al male, alla tentazione del prestigio e della popolarità: tutti ti cercano. Il popolo ebreo era infatti in attesa del Messia Re.

Dalle letture di questa domenica ecco due insegnamenti:
1. La preghiera di Gesù,
2. la fede di Giobbe.
Innanzitutto la preghiera:tutti dobbiamo convincerci che la preghiera precede e accompagna l’attività, che l’attività senza la preghiera è infruttuosa, anzi....dobbiamo convincerci che come Gesù il Maestro anche noi dobbiamo fermarci e pregare se vogliamo resistere al male, se vogliamo produrre frutti di bene. Purtroppo oggi è di moda l’attivismo, l’attività frenetica, quasi che nel campo del regno di Dio fosse valida la legge di mercato: più lavori ,più ti dai da fare senza soste o pause e più ottieni. Vero è il suo contrario. “Se il Signore non costruisce la casa invano faticano i costruttori”.
Oggi possiamo constatare, assistere, vedere e toccare con mano che un certo esagerato darsi da fare nelle cose pratiche e una connessa negligenza nella preghiera e nelle pratiche di pietà come i ritiri,gli esercizi spirituali,hanno portato meno e meno vita di fede. Dicono i sociologi della religione che nei prossimi anni assisteremo ad un aumento della religione ( come pratiche,riti e cerimonie) e ad un ulteriore calo della fede,nell’interiorità.

La seconda considerazione riguarda la fede di Giobbe. Molti uomini oggi sono scandalizzati di fronte al problema della sofferenza dell’uomo, in particolar modo dell’uomo giusto e buono. Allora vanno ripetendo:come è possibile che Dio che è per definizione Buono, Padre di bontà, Origine della vita e dell’amore, che vuole il bene di tutte le sue creature, permetta la sofferenza di tanta gente, di milioni di persone,anche di bambini, perché lascia che certe malattie colpiscano persone innocenti, perché tante croci in tante famiglie, tanto dolore e morte,mentre i malvagi prosperano?
Questa constatazione contrasta con il desiderio scritto nel cuore di ogni uomo, per cui si tende naturalmente alla salute, allo star bene, alla gioia, alla felicità ed è quello che il Signore vuole per noi. Però le disgrazie , le sofferenze,le calamità non sono un castigo di Dio,è un peccato contro l’Amore Infinito di Dio, solo a pensarlo...infatti la storia di Giobbe ci fa capire che la sua malattia è una prova,è il limite della creatura finita, alla cui origine c’è solo , solo il peccato originale e la malvagità del diavolo, mentre il Signore solo permette la prova per i suoi disegni di bene per l’umanità e permette la prova fino ad un certo punto e per un certo tempo.

Questo è un punto cruciale della nostra fede, qui verifichiamo la qualità della nostra speranza.
La figura di Giobbe è immagine di Gesù e di ogni innocente, che innocentemente soffre, è immagine di Gesù che accetta liberamente e volontariamente la croce per dare un senso alle nostre croci, che accetta anche il fallimento della vita e una morte ignominiosa per dare con la sua Pasqua di Risurrezione un senso alla morte ingiusta e incomprensibile umanamente di tanti innocenti, di tanti martiri, di tante vittime che ,secondo la nostra logica umana,non potendo gustare le gioie di questo mondo, sarebbero degli sfortunati, dei condannati dal destino, dei falliti senza possibilità di ricorso. Ho letto recentemente un articolo di un teologo intitolato:”la responsabilità del dolore” e scriveva che in nessun modo Dio è il responsabile del male,anche se tutto proviene da Lui ed è Creatore di ogni essere. Il mondo dice San Giovanni è posto nel Maligno e per sua colpa è entrata la morte. Il dolore dell’uomo e la sofferenza sono dovute in parte alla fragilità dell’essere umano soggetto all’usura del tempo e dello spazio, in parte al peccato di origine confermato poi dai nostri peccati contro Dio e il prossimo. Allora anche la sofferenza può essere una prova del nostro amore di donazione e anche un momento di purificazione di tutte le scorie,le incrostazioni,le tracce,le sedimentazioni storiche provocate dal peccato,ma specialmente può diventare un atto di amore seguendo l’amore oblativo di Gesù,che innocente,muore sulla croce.

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