DON ANTONIO

venerdì 23 settembre 2011

Speranza: dono trinitario ed atteggiamento del cristiano:

“Nella speranza siamo stati salvati” (Rm 8,24)
“Ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo.. senza speranza e senza Dio in questo mondo” (Ef 2,12)
“Non vi sgomentate per paura di loro, né vi turbate, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1Pt 3,15)
Messaggio cristiano non solo “informativo” ma “performativo”.
Elemento chiave ed oggetto della Speranza è la vita eterna; essa fa parte della fede battesimale.
“Non vogliamo lasciarvi poi nell’ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza..”(1 Ts 4,13)
Germe di vita da coltivare come dono e legame con Gesù crocifisso e risorto, altrimenti si nega anche l’immortalità che diventa “un peso piuttosto che un vantaggio, se non la illumina la grazia” (S. Ambrogio)
Eliminazione della morte dall’orizzonte culturale attuale.
Cammino storico contrastante della Speranza cristiana
Nello scontro con la ragione e la libertà si sostituisce la speranza con il progresso e l’autorealizzazione nel benessere.
Esigenza di far crescere il legame tra Speranza e Carità, per non evadere sulle nuvole dell’intimismo.

E responsabilità di sperimentare che è l’amore per/con/in Cristo che da credibilità alla speranza cristiana.
1. La preghiera come scuola di speranza
testo di riferimento: 1 Gv 3,1-9; 5,1-13
E fondamentale il collegamento esperienziale tra la vita interiore e la vita eterna.

Riconoscere Dio, come Padre che Gesù ha svelato, è fondamentale per la speranza: il grazie per la vita ricevuta ogni momento come dono del Padre è fondamento della speranza di riceverla rinnovata nella risurrezione.
Nella preghiera condivisa con quella di Gesù vi è al purificazione dei nostri desideri di vita chiusa nei limiti dei nostri egoismi e calcoli materiali.
Nella preghiera per gli altri, in sintonia con la preghiera della Chiesa, vi è l’esercizio di una carità interiore che allena ed anticipa la comunione dei santi in Cristo.
Salmo conclusivo: 8 - Cos’è l’uomo perché di lui ti ricordi?
23 – Il Signore è il mio pastore
139 – Signore, tu mi scruti e mi conosci

2. Agire e soffrire come luoghi di apprendimento della speranza.
A – Il potere indistruttibile dell’Amore in unione col Cristo dona il coraggio di operare e di proseguire anche nelle prove e nella sofferenza.
Testo di riferimento: 1 Gv 4,1-21.
L’agire umano tende alla crescita e ad un maggior raggio di coinvolgimento e di interazione; tende cioè al futuro e all’apertura verso l’altro. L’amore è realizzazione sulla linea di questa tensione.
Ma l’esperienza diffusa per molte persone è spesso di fatica, ostacoli e ripiegamenti.
Diventa importante imparare da Gesù il modo con cui egli ha dato la vita fidandosi del Padre ed affidandosi a Lui nell’affrontare la Passione
Solo nella fiducia e nell’unità più totale col Padre Gesù ha potuto affrontare la sua ora.
Senza un riferimento ad un terzo polo che dia garanzia che la vita spesa nel dono non sarà sprecata, la si può affidare anche quando sembra perdersi.
Questo comporta una rilettura della Passione e Risurrezione di Gesù, non solo come sacrificio espiatorio a Dio per gli uomini ma come verità dell’amore Trinitario per l’uomo. Gesù dialoga in modo serrato e drammatico nella sua Passione col Padre, per realizzare un progetto che è contro le logiche umane del consumo, del successo e del potere.
Solo perché Gesù è amato dal Padre e lo ama con unità totale si fida di Lui fino a rimettere la sua vita nelle sua mani per perdonare gli uomini che lo uccidono.
E’ la conseguenza di come la Trinità divina prende sul serio la libertà umana, che si può illuminare solo col gesto supremo di amore che è il perdono.
Questo amore del Padre diventa rigenerante per mezzo dello Spirito Santo, forza misteriosa che fa germogliare il seme caduto nella terra e lo fa crescere per nuovi frutti.
I frutti più semplici ma fecondi di questo modo di agire guardando a Gesù sono la fedeltà, la responsabilità, l’umile pazienza negli impegni quotidiani e negli imprevisti della vita.
Lettura dell’esperienza di Santa Giuseppina Bakhita, che scopre in Gesù maltrattato come lei, la fiducia in un “Paron” che la ama e l’attende nella pienezza del suo amore.
Salmo proposto: 21 (22) Dio mio, perché mi hai abbandonato?

3. Agire e soffrire come luoghi di apprendimento della speranza.
B. Dio si è fatto uomo per com-patire con l’uomo, secondo la misura della Passione di Gesù.
Testo di riferimento: Lc 23,33-46
La lettera del Papa evidenzia molto la com-passione che Dio ha dimostrato in Gesù verso gli uomini. Ma forse egli è più preoccupato dei problemi filosofici di accordare la sofferenza con l’impassibilità di Dio, più che cogliere il dramma vissuto da Gesù come vera manifestazione di chi è il Dio padre di Gesù Cristo, con la citazione di S. Bernardo: “Dio non può patire, ma può compatire”. Questo problema filosofico è come mettere insieme Verità e Amore.

Gia da decenni la riflessione teologica ha deciso di partire non dai principi filosofici o giuridici, che parlano di immobilità di Dio o di giustizia –vendicativa-, ma dal dramma della Passione e Risurrezione di Gesù in dialogo col Padre.
Il nodo dell’agire umano è legato alla libertà umana. E lì che si gioca il rapporto di Verità e Amore. Stiamo comprendendo come civiltà occidentale che l’amore vero non si impone; per il momento tendiamo ancora a ritenere che la giustizia si possa imporre.
Gia nel Discorso della montagna Gesù propone di guardare al Padre che ha una giustizia diversa da quella umana: cfr. Mt 5,1-41, con il parallelo di Lc 6,20-38.
Come è possibile soffrire per la verità e per la giustizia? – si domanda il Papa; soffrire per l’altro in situazione contrastante con la mia vita è possibile solo guardando allo sconvolgimento del perdono manifestato da Gesù nella sua Passione e Risurrezione.
E’ evidente che nel concetto corrente di giustizia distributiva non si può chiedere a nessuno di morire per un altro, mentre l’Amore di Gesù sulla croce va sulla linea nuova del morire per l’altro.

Anzi l’amore di Gesù si fa ancora più sconvolgente: non muore solo per l’altro ma lo perdona e lo scusa.

La giustizia attuale del mondo occidentale è arrivata a concepire le attenuanti dell’ignoranza, ma non può assimilare il perdono: sarebbe minare tutto il sistema attuale di giustizia coercitiva.
Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno. (Lc 23,34)
In questa preghiera di Gesù c’è tutta la salvezza trinitaria portata da Gesù: non è il sacrificio di un eroe che si offre ad un Dio inflessibile nella giustizia, ma è il massimo dell’Amore della Trinità che diventa perdono.
E subito dopo questo perdono si concretizza verso il ladrone che si affida a Gesù nel modo più umano e più inutile per la giustizia, col suo “ricordati di me”!
In mezzo a queste due affermazioni di perdono stanno nel vangelo di Lc. Le due derisioni o tentazioni fondamentali: se Gesù è il Cristo di Dio e se è il re dei Giudei?
Il perdono di Gesù mette in discussione sia le nostre idee di Dio che quelle del potere istituzionale dei grandi della terra.
La sfida dei credenti in Gesù è quella di seguirlo nel perdonare “settanta volte sette” (cfr. Mt 18,21- 35), confrontandosi col Padre misericordioso messo in scacco dalla durezza di cuore del figlio maggiore (Lc 15,11-32).

Il nuovo millenio può essere quello della maturazione della civiltà del Perdono?
Lettura della testimonianza del martire vietnamita Paolo Le-Bao-Thin.
Salmo 27 (26). Il Signore è mia luce e mia salvezza.

4. Il Giudizio come luogo di apprendimento e di esercizio della speranza.
Testo biblico: Mt 25,31-46
Collegandoci a quanto detto tra giustizia e perdono, si pone un altro problema serio: senza una prospettiva di un giudizio da parte di Qualcuno sopra l’uomo, alla fine non c’è speranza di vera giustizia, o si rimane solo nella logica della giustizia del più forte, del “cinismo del potere”.
D’altro lato l’attesa di una giustizia più efficiente nella storia porta alla pretesa “che l’umanità possa e debba fare ciò che nessun Dio fa ne è in grado di fare” e “che l’uomo stesso ora sia chiamato a stabilire la giustizia”.
Nel Crocifisso vengono rimosse “le immagini sbagliate di Dio” e “Dio stesso rivela il suo Volto proprio nelle figura del sofferente che condivide la condizione dell’uomo abbandonato. La speranza certezza e che “esiste la risurrezione della carne. Esiste una giustizia”.
Il Giudizio sarà proprio il confronto con il Cristo, Signore morto e risorto per noi, come prototipo della nostra vita. E lui verificherà quanto l’abbiamo riconosciuto e amato: “Avevo fame, avevo sete.. e mi avete visitato” (Mt 25,35-36).
Il richiamo evangelico alla legge del contrappasso per una giustizia eterna che ribalterà le ingiustizie umane, manifestato nella parabola del povero Lazzaro, pone un legame tra il riconoscimento della risurrezione dei morti e l’ascolto della Parola.
La Parola orienta le nostre azioni verso il Giudizio, verso l’Amore e la Verità della Vita umana amata da Dio Trinità. La Parola anticipa già il giudizio che sarà una verifica di quanto è stato costruito su solide base dell’amore, purificando come il fuoco in un crogiuolo (1 Cor 3,15-15).
Il fuoco del Cristo, Giudice e Salvatore, brucia e salva, è “compenetrazione di giustizia e grazia”; “è timore” ed attesa dell’incontro, perché è realizzazione piena di comunione.
In questo incontro sarà svelato il “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”; questo giudizio sarà momento di purificazione in cui il Cristo coinvolgerà anche noi nel suo perdono.
In lui, in questa comunione, acquista nuova luce la tradizione del Purgatorio, purificati nell’incontro con la fiamma del suo amore-perdono che rinnova; e del suffragio per i defunti, come condivisione di una more che chiede e dona perdono anche per gli altri, a partire da quelli con cui condividiamo la vita.
La tensione della nostra vita diventa quindi quella che viviamo e proclamiamo nell’Eucaristia:
“Annunciamo la tua morte, proclamiamo la tua risurrezione,
nell’attesa della tua venuta”
Salmo 16 (15): Il Signore, mia parte di eredità
Salmo 42-43 (41-42): Spera in Dio, ancora vedrò il suo volto.


http://www.diocesicuneo.it/biblioteca/La%20Parola%20della%20Domenica/Anno%20A/Quaresima/Letture/Riflessioni%20Spe%20Salvi.htm




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