DON ANTONIO

mercoledì 5 ottobre 2011

GPII 1983 Insegnamenti Alla chiusura del "Katholikentag" - Vienna (Austria

Titolo: Il cammino della speranza per un ritorno alle radici spirituali

"Mi levero e andro da mio padre" (Lc 15,18).
1. Cari fratelli e sorelle! Dalla lettura del Vangelo di oggi ci colpiscono queste parole. Esse assumono un significato particolare alla chiusura di questo "Katholikentag", il cui tema "Vivere la speranza - dare la speranza" illustra le prospettive della nostra speranza. Si, queste parole del Vangelo contengono effettivamente la prospettiva della speranza, che Gesù Cristo ci ha annunciato quando, con la sua Buona Novella, ha posto in una nuova luce l'intera vita dell'uomo.

La solenne Messa di chiusura di oggi mi dà l'opportunità di salutare cordialmente, nello spirito di una comune speranza cristiana, tutti i partecipanti a questa celebrazione eucaristica e tutto il "Katholikentag".

Porgo i miei saluti ai fedeli delle diverse diocesi austriache. La mia visita qui a Vienna si estende contemporaneamente a tutti i luoghi della vostra Patria vicini e lontani. Rivolgo inoltre il mio saluto di confratello ai Cardinali e ai Vescovi qui presenti, guidati dall'illustre Cardinale König, ai sacerdoti e ai diaconi e anche ai rappresentanti delle altre Chiese cristiane e di altre comunità religiose. Altrettanto cordialmente saluto le alte personalità dello Stato e della società che partecipano a questa solenne Messa di chiusura. Infine saluto con gioia i numerosi ospiti, giunti a questa celebrazione dell'Eucaristia da molti altri Paesi, anche dall'Est.


2. Voi, cari austriaci, avete dato al vostro "Katholikentag" il tema della speranza. Per esperienza, voi sapete che oggi molti uomini, giovani e anziani, hanno perso la speranza. Ma alla lunga non si può vivere senza speranza! Come possiamo quindi ritrovare la speranza? Come possiamo indicare agli altri la via verso la speranza? La parabola del Vangelo, che abbiamo appena ascoltato, parla di un giovane che, orgoglioso e pieno di sé, abbandono la casa paterna per luoghi lontani, dove sperava di trovare maggiore libertà e fortuna. Ma quando il suo patrimonio si esauri ed egli fu costretto a sottostare a condizioni nuove e indegne dell'uomo, tutta la sua speranza svani. Finché, finalmente, ammise la propria colpa, si ricordo del padre e decise di fare ritorno alla casa paterna.

Pieno di speranza, contro ogni speranza!


3. Proprio in questo passo del Vangelo troviamo le parole: "Mi levero e andro da mio padre". In questa profonda parabola di Cristo è contenuto in realtà tutto l'eterno dramma dell'uomo: il dramma della libertà, il dramma di una libertà usata male.

L'uomo ha ottenuto dal suo Creatore il dono della libertà. Con la libertà egli può formare e ordinare questo mondo, può creare le meravigliose opere dello spirito umano, di cui questo Paese e la terra sono pieni: scienza e arte, economia e tecnica, l'intera cultura. La libertà dà all'uomo la possibilità di esprimere quell'amore che è solo dell'uomo, che non è soltanto conseguenza di un'attrazione naturale, bensi un libero atto del cuore. La libertà lo rende capace - come atto più alto della dignità umana - di amare e di adorare Dio. La libertà ha pero il suo prezzo. Tutti coloro che sono liberi dovrebbero chiedersi: Abbiamo conservato nella libertà la nostra dignità? Libertà non significa arbitrio. L'uomo non può fare tutto ciò che può o che vuole. Non esiste una libertà senza legame.

L'uomo è responsabile di se stesso, del suo prossimo e del mondo. Egli è responsabile davanti a Dio. Una società che sminuisce la responsabilità, la legge e la coscienza mina le fondamenta della vita umana.

L'uomo senza responsabilità si lascerà andare ai piaceri di questa vita e, come il figlio prodigo, dovrà sottostare a condizioni indegne e perderà la sua patria e la libertà. Con un egoismo senza riguardi egli abuserà del suo prossimo oppure si approprierà di beni materiali senza alcun limite. Dove non viene riconosciuto il legame con gli ultimi valori, là si dissolvono il matrimonio e la famiglia, là viene tenuta in poco conto la vita degli altri uomini, soprattutto dei nascituri, degli anziani e dei malati. L'adorazione di Dio si trasforma nell'adorazione del denaro, o del potere.

Tutta la storia dell'umanità non è anche una storia dell'abuso della libertà? Anche oggi molti non percorrono la via del figlio prodigo? Hanno di fronte una vita distrutta, un amore tradito, in una sofferenza colpevole, pieni di paura e di disperazione. "Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, (Rm 3,23). Essi si chiedono: dove sono arrivato? Dov'è la soluzione?


4. Nella parabola di Cristo il figlio prodigo è l'uomo che ha usato male la propria libertà. In questa parabola possiamo scorgere le conseguenze dell'abuso della libertà - cioè del peccato -: quelle conseguenze che pesano sulla coscienza del singolo, come anche quelle che pesano sulla vita delle diverse comunità umane e del loro ambiente, addirittura quelle che pesano sui popoli e sull'intera umanità. Il peccato è uno svilimento dell'uomo (cfr. GS 13): esso contraddice la sua reale dignità e causa allo stesso tempo una ferita nella vita sociale. Il peccato ha di per sé una dimensione personale e sociale. Ambedue oscurano la vista del bene e sottraggono alla vita umana la luce della speranza.

La parabola di Cristo tuttavia non ci abbandona di fronte alla triste situazione dell'uomo caduto nel peccato con tutta la sua degradazione. Le parole: "Mi levero e andro da mio padre" ci fanno intravedere nel cuore del figlio prodigo l'anelito verso il bene e la luce della sicura speranza. In queste parole gli si apre la prospettiva della speranza. Una simile visione ci è sempre data, poiché ogni uomo e l'intera umanità possono levarsi insieme e andare dal padre. Questa è la verità che è al centro della Buona Novella. Le parole: "Mi levero e andro da mio padre" sono il segno del cambiamento interiore. Poiché il figlio prodigo prosegue: "Gli diro: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te" (Lc 15,18).

Al centro del lieto messaggio sta la verità della "metanoia", del cambiamento: il cambiamento è possibile, il cambiamento è necessario!


5. E perché è così? Perché qui si mostra ciò che è posto nel più profondo dell'anima di ogni uomo e là vive e agisce nonostante il peccato e addirittura attraverso il peccato. Quella insaziabile fame di verità e di amore, che ci testimonia come lo spirito dell'uomo tenda, attraverso tutto il creato, verso Dio, è nell'uomo il punto di partenza della conversione. A questo corrisponde il punto di partenza da parte di Dio.

Nella parabola questo punto di partenza divino è rappresentato con una semplicità efficace e allo stesso tempo con una forza convincente. Il padre attende. Egli attende il ritorno del figlio perduto, come se fosse già sicuro che egli ritornerà. Il padre scende sulle strade lungo le quali il figlio potrebbe tornare a casa. Egli vuole incontrarlo. In questa misericordia si annuncia quell'amore con cui Dio, attraverso il suo Figlio Eterno ha amato fin dall'inizio l'uomo (cfr. Ep 1,4-5). E' l'amore che, celato fin dall'eternità nel cuore del Padre, è stato rivelato al nostro tempo attraverso Gesù Cristo. La Croce e la risurrezione costituiscono il culmine di tale rivelazione.

perciò è stato molto significativo il fatto che ieri, nel corso dell'"Europavesper" abbiamo onorato la Croce di Cristo come segno della speranza: perché da ciò il "Katholikentag" 1983 austriaco - insieme a tutta la Chiesa - trae la sua forza vitale. Nel segno della Croce è sempre presente il punto di partenza divino di ogni conversione nella storia dell'uomo e di tutta l'umanità. Poiché nella Croce sta l'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo che è sceso una volta per tutte sull'umanità, un amore che non si esaurisce mai. Convertirsi significa incontrare questo amore e accoglierlo nel proprio cuore; significa costruire su questo amore il comportamento futuro.

Proprio questo è accaduto nella vita del figlio prodigo, quando ha deciso: "Mi levero e andro da mio padre". Allo stesso tempo pero era chiaramente consapevole che, ritornando dal padre, doveva riconoscere la propria colpa: "Padre, ho peccato" (Lc 15,18). Conversione e riconciliazione. La riconciliazione è pero possibile soltanto quando si riconoscono i propri peccati. Riconoscere i propri peccati significa testimoniare la verità che Dio è il Padre, un Padre che perdona. Colui che nel suo credo testimonia questa verità, è di nuovo accolto dal Padre come suo figlio. Il figliol prodigo è consapevole che solo l'amore paterno di Dio gli può rimettere i peccati.

L'amore è più forte di ogni colpa!


6. Cari fratelli e sorelle! Voi avete posto al centro di questo "Katholikentag" la prospettiva della speranza: entrate nello spirito della parabola di Cristo sul figlio prodigo. E' realistica a tutti gli effetti. Qui la prospettiva della speranza è strettamente legata alla via verso la conversione. Meditate su tutto ciò che riguarda questa via: l'esame di coscienza, il pentimento con il fermo proposito di cambiare, il credo con la confessione. Rinnovate in voi la stima per questo sacramento, che è chiamato anche "sacramento della Riconciliazione". E' strettamente legato al sacramento dell'Eucaristia, il sacramento dell'amore: la Confessione ci libera dal male; l'Eucaristia ci dona la comunione con il sommo bene.

Prendete sul serio l'invito vincolante della Chiesa di partecipare ogni domenica alla Santa Messa. Qui in mezzo alla comunità potete incontrare ogni volta il Padre e ricevere il dono del suo amore, la Santa Comunione, il pane della nostra speranza. Da questa sorgente di forza trasformate tutta la domenica in un giorno dedicato a Dio. Poiché a lui appartiene la nostra vita, a lui spetta la nostra adorazione. così nella vita di ogni giorno il vostro legame con Dio può rimanere vivo e tutto il vostro operato diventare una testimonianza cristiana.

Tutto ciò significano le parole: "Mi levero e andro da mio padre". Un programma della nostra speranza che non si può inimmaginare più profondo e allo stesso tempo più semplice! (cfr. enciclica "Dives in Misericordia" sulla misericordia divina, DM 5-6).


7. Partendo da questo programma spirituale desidero riflettere insieme a voi su alcuni punti della conversione nell'ambito della famiglia e della società.

Il matrimonio e la famiglia sono oggi in pericolo. Per questo motivo tanti uomini soffrono: i coniugi e ancora di più i loro figli, ma in ultima analisi l'intera società. Due anni fa, attraverso l'esperienza dei Vescovi di tutto il mondo, ho tratteggiato nel modo seguente la crisi della famiglia di oggi.

Esistono "segni di preoccupante degradazione di alcuni valori fondamentali: una errata concezione... dell'indipendenza dei coniugi fra di loro; le gravi ambiguità circa il rapporto di autorità fra genitori e figli; le difficoltà concrete che la famiglia spesso sperimenta nella trasmissione dei valori; il numero crescente dei divorzi; la piaga dell'aborto" (esortazione apostolica FC 6).

Un male, cui non siamo ancora riusciti a porre un freno e della cui gravità troppo pochi uomini ancora sono consapevoli.

La radice di questa crisi sembra essere soprattutto un concetto errato di libertà. Una libertà, "concepita non come la capacità di realizzare la verità del concetto di Dio sul matrimonio e sulla famiglia, ma come autonoma forza di affermazione, non di rado contro gli altri, per il proprio egoistico benessere" (FC 6). Questi aspetti negativi vengono inoltre rafforzati da un'opinione pubblica che mette in dubbio l'istituzione del matrimonio e della famiglia e che cerca di giustificare altre forme di convivenza. Malgrado l'affermazione di molti che la famiglia è tanto importante per la società, ancora oggi si fa troppo poco per proteggerla veramente. Io credo pero che il motivo determinante di questa crisi abbia origini più profonde. Il matrimonio e la famiglia sono in pericolo perché molto spesso in essi la fede e il senso religioso sono scomparsi. Perché i coniugi stessi e con ciò anche i figli sono diventati indifferenti nei confronti di Dio.

Cari padri e madri! Care famiglie! Levatevi anche voi e andate dal Padre! Solo nella responsabilità di fronte a Dio potete riconoscere e vivere tutta la ricchezza del matrimonio e della famiglia. So che in Austria molti sacerdoti e laici hanno tentato negli ultimi anni di rinnovare il matrimonio e la famiglia nello spirito cristiano. Conosco i vostri sforzi nell'aiutare i coniugi a vivere un rapporto autentico; il vostro impegno per dare alla donna un posto adatto alla sua dignità e alla sua natura nel matrimonio e nella famiglia, nella società e nella Chiesa. Voi avete compreso che il nucleo familiare deve aprirsi anche agli altri per poter offrire loro, attraverso l'amore vissuto, un aiuto spirituale e materiale. Sono sempre più numerose le famiglie che si rendono conto che esse costituiscono una piccola chiesa, vale a dire una "chiesa domestica". Continuate in questo senso! Cercate pero, con la stessa serietà, dei modi per vivere una paternità e una maternità responsabili di fronte a Dio, le quali corrispondano a dei criteri oggettivi, come quelli proposti in tutto il mondo dall'insegnamento religioso insieme al successore di Pietro. A tal proposito voglio ricordare in particolare la breve esortazione apostolica "Familiaris Consortio", che dà forma all'indicazione dell'enciclica "Humanae Vitae".

Famiglia cristiana! Diventa di nuovo una famiglia che prega! Una famiglia che vive di fede! Una famiglia dove i genitori sono i primi catechisti dei loro figli. Dove si può incontrare lo spirito di Dio che è l'amore. Imparate dal Padre misericordioso a perdonarvi sempre a vicenda. Genitori, imparate anche da lui a dare libertà ai vostri figli e tuttavia ad essere sempre vicini a loro.

Traete dalla nostra parabola la speranza che proprio il figlio perduto ha infine ritrovato un padre che prima non conosceva.


8. "Mi levero e andro da mio padre". Queste parole ci hanno indicato la via della speranza per le famiglie. La famiglia pero appartiene a una determinata società, a un popolo e, nel senso più lato, a tutta l'umanità. così anch'essa è coinvolta nei molti eventi della civiltà attuale.

Non sentiamo anche in tutti questi avvenimenti e sviluppi il grido disperato di quel figlio della parabola di Cristo? O perlomeno una debole eco di questo grido? Il figlio, nel suo desiderio esaltato di libertà, mi sembra che rappresenti l'uomo nella società degli Stati altamente sviluppati. Un rapido progresso nella tecnica e nell'economia, uno standard di vita che è cresciuto in fretta hanno causato cambiamenti fondamentali in questa società. Molti vengono presi dall'euforia, come se l'uomo fosse finalmente in grado di avere in pugno il mondo e di plasmarlo per sempre. In questa orgogliosa consapevolezza non pochi hanno abbandonato la loro innata concezione del mondo, secondo cui Dio era l'origine e il fine di ogni essere. Ora Dio non sembra più essere indispensabile.

Ma a questo egoistico allontanamento da Dio ha fatto subito seguito una grande disillusione, accompagnata dalla paura: la paura del futuro, la paura di fronte alle possibilità che ora l'uomo ha in mano.

Paura quindi degli stessi uomini. Anche l'Austria nel cuore dell'Europa non è stata risparmiata da questo processo. Ora cercate nuove vie, nuove risposte ai problemi di questo tempo. Ritornate alla vostra origine spirituale! Tornate indietro, volgetevi di nuovo a Dio e organizzate la vita della vostra società secondo le sue leggi! La Chiesa, con i suoi Pastori e insegnanti, vuole in ciò esservi d'aiuto. Attraverso la costituzione pastorale del Concilio essa pone continuamente le domande fondamentali: "Cos'è l'uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte?... Che reca l'uomo alla società, e cosa può attendersi da essa? Che cosa ci sarà dopo questa vita?" (GS 10).


9. Cari fratelli e sorelle! Tali questioni di fondo del Concilio Vaticano II toccano il nocciolo del problema, cui sono dedicati i lavori del "Katholikentag"

1983. La risposta a questi problemi è data dal Vangelo. In questa risposta appare all'uomo la prospettiva della speranza. Senza questa risposta non esiste alcuna probabilità di speranza.

Non ne consegue che dobbiamo accettare in modo nuovo la lieta novella? Non la dobbiamo accettare come un messaggio che è della stessa vitale importanza per gli uomini di oggi come lo fu per gli uomini di duemila anni fa? Non la dobbiamo accettare con l'interiore convinzione e decisione di convertirsi? Si, noi dobbiamo iniziare una nuova annunciazione. L'annunciazione della conversione e del ritorno dell'uomo al Padre. Il Padre ci attende. Il Padre ci viene incontro. Il Padre desidera accogliere di nuovo ogni uomo come figlio o figlia. Leviamoci e andiamo a lui! Questa è la nostra speranza! Amen.

Data: 1983-09-11 Data estesa: Domenica 11 Settembre 1983


Recita dell'Angelus - Vienna (Austria
Titolo: La preghiera dell'Angelus segno di speranza cristiana

Cari fratelli e sorelle.

Al termine di questa Messa solenne recitiamo insieme la preghiera mariana di mezzogiorno. Essa ci ricorda tutti i giorni come ha avuto inizio la nostra speranza cristiana nel triplice evento: l'Angelo del Signore porta il messaggio a Maria; Maria dice: avvenga di me quello che hai detto; e il Verbo diventa uno di noi. Noi tutti vogliamo aprirci ancora una volta al messaggio che Dio ci ha inviato in questo "Katholikentag", così che la sua parola diventi carne anche nella nostra vita.

perciò invito tutti alla preghiera comune: voi, che siete riuniti intorno all'altare; voi, che ci seguite attraverso la radio e la televisione; voi in tutti i Paesi d'Europa; ma soprattutto voi, cristiani d'Austria, nelle diocesi di Salisburgo, Vienna, Linz e Sankt Pölten, Graz-Seckau e Eisenstadt, Gurk, Innsbruck e Feldkirch.

Data: 1983-09-11 Data estesa: Domenica 11 Settembre 1983


A malati, handicappati e anziani - Vienna (Austria
Titolo: La croce di chi soffre è parte della croce di Cristo

Cari ammalati! Cari fratelli e sorelle bisognosi di assistenza qui nella "Casa della Misericordia" e fuori, negli ospedali, nelle case di cura e nelle singole case in Austria!


1. Quest'ora della mia visita in Austria è tutta dedicata a voi. Voglio stare insieme a voi, come messaggero di Cristo che vuole rallegrarvi, ma anche come uno che è stato egli stesso, per qualche settimana, vostro compagno di sventura. Per volontà di Dio l'arte medica e l'assistenza specializzata mi hanno ridato la salute. così oggi sono dinanzi a voi, sano ma non come un estraneo. Uniamo i nostri sforzi: non dobbiamo permettere che si crei una frattura tra noi, i sani, e i malati.

Forse qualche volta avete paura di essere un peso per noi. Forse questo vi è stato persino detto o vi è stato fatto sentire. In questo caso vorrei chiedervi perdono. Certamente, voi avete bisogno di noi, del nostro aiuto e della nostra assistenza, delle nostre mani e del nostro cuore. Ma allo stesso modo, noi abbiamo bisogno di voi. Voi dovete accettare tanti doni. Ma anche voi fate dei doni a noi.

La vostra condizione di malati ci rende consapevoli di quanto sia fragile la vita umana, di quanto essa sia precaria e limitata; ci rende consapevoli il fatto che non si riesce a fare tutto quello che vorremmo e che non si può portare a termine tutto quello che si è iniziato.

Naturalmente voi siete contenti di quanto di bello avete vissuto e di quanto di buono avete fatto. Di questo dovete essere grati. Ma adesso vedete tutto sotto una luce differente e qualche cosa viene da voi valutata in modo diverso da prima. Adesso sapete meglio ciò che è realmente importante nella vita e questa sapienza, questa saggezza maturata nella vita purificata dal dolore, potete trasmetterla a noi con quello che voi ci dite, con quello che voi ora state vivendo e con il modo in cui lo sopportate. Il papa vi ringrazia per questa "omelia" che viene da voi, dalla vostra sofferenza sopportata con pazienza. Essa non può essere sostituita da nessun pulpito, da nessuna scuola, da nessun discorso. Le stanze per gli ammalati servono a un popolo non meno che le aule scolastiche e universitarie.

Al centro della vostra vita attuale c'è la Croce. Molti la sfuggono. Ma chi vuole fuggire la Croce, non trova la vera gioia. I giovani non possono diventare forti e gli adulti non possono rimanere fedeli, se non hanno imparato ad accettare una croce. A voi, miei cari ammalati, è stata accollata. Nessuno vi ha chiesto se la volevate. Insegnate a noi sani ad accettarla in tempo e a sopportarla con coraggio, ognuno a modo suo. Essa è sempre una parte della Croce di Cristo. Come Simone di Cirene, noi possiamo portarla insieme a lui per un breve tragitto.


2. E adesso volgo il mio sguardo soprattutto a voi, chini per il peso degli anni e che soffrite per i malanni e le limitazioni della vecchiaia. Anche voi avete bisogno del nostro aiuto, eppure siete voi che ci fate dei doni. Sul vostro lavoro, sulla vostra efficienza, su quello che voi avete, per così dire, "investito" per noi, noi continuiamo a costruire. Noi abbiamo bisogno della vostra esperienza e del vostro giudizio. Noi abbiamo bisogno della vostra esperienza di fede e del vostro esempio. Non dovete appartarvi. Non dovete rimanere fuori dalle nostre porte, dalle nostre case e dalle porte del nostro mondo. Voi siete parte di noi! Una società che si dissocia dagli anziani non solo negherebbe la sua stessa origine, ma si alienerebbe il proprio futuro.

Nè anziani né ammalati devono essere emarginati. La loro presenza è importante. Noi tutti siamo loro debitori. In quest'ora vorrei ringraziare voi tutti che nei molteplici momenti di bisogno dell'umanità donate in sacrificio la vostra sofferenza e le vostre preghiere. Naturalmente anche i sani devono pregare, ma la vostra preghiera ha un peso particolare. Fiumi di benedizioni potete richiamare dal cielo ed elargire ai vostri conoscenti, alla vostra Patria e a tutti gli uomini che hanno bisogno dell'aiuto di Dio.

Qui sulla terra l'uomo non può lodare e adorare Dio in modo migliore che con un cuore che anche nella sofferenza crede alla sua saggezza e al suo amore.

Una pena sopportata con pazienza diventa in qualche modo essa stessa una preghiera, fonte ricca di grazia. Per questo motivo vorrei pregare voi tutti affinché trasformiate in cappelle le vostre stanze, guardiate l'immagine del Signore Crocifisso e preghiate per noi, offriate in sacrificio per noi la vostra sofferenza, anche a favore dell'attività del successore di Pietro, che confida in modo particolare nel vostro aiuto spirituale e che vi benedice con tutto il cuore.


3. Durante il nostro incontro odierno il mio pensiero va in modo particolare a tutti quelli, fra voi, che già dall'infanzia sono così provati, che le loro facoltà fisiche e spirituali non hanno potuto neppure svilupparsi. Penso agli uomini che in seguito a un incidente o a causa di un male subdolo sono gravemente handicappati. Penso a quella forma di invecchiamento a causa della quale il mondo e le persone circostanti perdono la loro consistenza, ad anziani, quindi, che non possono più trasmetterci la saggezza della loro vita e che non percepiscono più il servizio dell'amore. Rivolgendo lo sguardo a queste persone, alle quali sono tolte cose così importanti, ci si pone la domanda: "In che cosa consiste veramente la dignità dell'uomo?".

La nobiltà dell'uomo consiste nel fatto che Dio l'ha chiamato alla vita, gli ha detto di si, l'ha accettato e che egli troverà in lui il suo compimento. Di fronte a questo non è tutta la vita umana in fondo frammentaria e inadeguata, dal momento che ogni opera deve essere sempre compietata da Dio? Su sani e ammalati, vigorosi e stanchi, attivi e handicappati, spiritualmente vivi e non, sta il "si" paterno di Dio e fa di ognuno dei loro giorni un tratto di strada verso il compimento, ed è perciò degno di essere vissuto.

Cari austriaci, vorrei che il Signore potesse dirvi a proposito del vostro atteggiamento verso i vostri conviventi malati e handicappati, nei quali in fondo incontrate lui stesso: "Ero un peso, e voi mi avete portato; ero inutile e voi mi avete apprezzato; ero sfigurato e voi avete riconosciuto la mia dignità; ero malato già dalla nascita e voi mi avete detto di si" (cfr. Mt 25,35ss).


4. Malati e vecchi, handicappati e bisognosi di assistenza ci mostrano in modo particolare quanto abbiamo bisogno l'uno dell'altro e quanto profondamente apparteniamo l'uno all'altro. Essi suscitano fino all'ultimo la nostra solidarietà e il nostro amore verso il prossimo. Quando i malati non sono più in grado di riconoscere l'aiuto dato loro e di contraccambiare con gratitudine, allora diventa evidente quanto altruista e pieno di sacrifici deve essere un amore così servizievole. Malattia e sofferenza sono sempre una prova difficile. Ma anche se può sembrare contraddittorio, un mondo senza malati sarebbe più povero. Perché esso sarebbe più povero di umanità vissuta verso il prossimo, più povero di amore disinteressato e persino, qualche volta, meno eroico.

In quest'ora, perciò, insieme a tutti i malati e agli uomini bisognosi di assistenza qui in Austria, ringrazio con tutto il cuore i medici, gli infermieri e gli assistenti che prestano servizio in questa "Casa della Misericordia" e ovunque nel Paese con fedeltà e passione. Ringrazio tutti coloro che, qui o in altri ospedali, nelle case di cura e nelle famiglie danno il loro contributo con sforzi personali e pieni di abnegazione per alleviare le sofferenze, per curare le malattie e perché le persone anziane riacquistino coraggio e fiducia.

Una parola sincera di incoraggiamento indirizzo a voi, madri e padri, che con altruismo curate e amate - spesso in un ambiente dove non c'è comprensione - il vostro bambino malato, forse handicappato da sempre; a tutti coloro che costituiscono per i propri genitori un appoggio affettuoso e che accettano anche limitazioni per contraccambiare con gratitudine almeno una parte di quell'amore disinteressato che a loro volta avevano ricevuto precedentemente.

Il mio ringraziamento non è soltanto un augurio. Voi avete nello stesso tempo la promessa di Gesù Cristo che è venuto per servire e per curare le ferite.

Tutte le volte che avete fatto qualche cosa a uno solo di questi suoi fratelli più piccoli, l'avete fatto a lui (cfr. Mt 25,40). Lui è la vostra forza, la vostra ricompensa. Lui è - se voi vi aprite a questo messaggio - la gioia silenziosa nella vostra opera.

Allo stesso modo Cristo è anche la consolazione nella vostra sofferenza, cari fratelli e sorelle malati e bisognosi di assistenza. Lui che è vicino ai suoi messaggeri d'amore nel loro servizio, è anche vicino a noi nel momento del bisogno. Siete fatti a sua immagine e somiglianza. Lui che ha curato quelli che soffrono, ha sofferto egli stesso. Egli stesso ha patito l'ultimo abbandono, perché noi non fossimo mai abbandonati. Lui, Cristo, nostro Signore e Salvatore, sia sempre con voi e benedica voi tutti nella sua grande misericordia e amore!

Data: 1983-09-11 Data estesa: Domenica 11 Settembre 1983


Al Presidente della Repubblica austriaca - Vienna (Austria
Titolo: Millenario e profondo il legame del popolo austriaco col Vangelo

Illustre signor Presidente, Illustre signor Cancelliere, Gentili signore e signori.


1. E' un onore e una gioia particolare per me incontrarmi oggi con il signor Presidente, con i membri del governo federale e con i rappresentanti della vita politica e culturale austriaca. All'Austria mi uniscono da lunghi anni una conoscenza personale e vincoli di amicizia.

Già i primi giorni dopo la mia nomina al soglio di Pietro ho ricevuto un cortese invito a visitare il vostro Paese. Ora questa visita è divenuta realtà.

Per questo la ringrazio sinceramente, illustre signor Presidente, ma in modo particolare le sono grato per l'incontro odierno e le cortesi parole del suo saluto. Allo stesso tempo ringrazio il governo federale e tutte le autorità di questa città e dell'Austria tutta, per tutto ciò che hanno fatto, perché la mia visita non avrebbe potuto essere meglio preparata e organizzata e per la cordiale accoglienza che ho trovato.

In voi, i più alti e competenti rappresentanti del vostro Paese, saluto tutti coloro che hanno la responsabilità del benessere e del destino del vostro popolo. Le confermo la mia ammirazione per la storia e a ricchezza culturale e la grande stima che hanno da sempre nel passato e nel presente distinto l'Austria nella comunità dei popoli. Con particolare riconoscenza ricordo in quest'ora il legame profondo e millenario del popolo austriaco con il cristianesimo e le relazioni amichevoli che esistono da lungo tempo tra il vostro Paese e la Santa Sede.

E' passato molto tempo da che un Papa si è recato in visita a Vienna.

Ringrazio Iddio che le circostanze della mia attuale visita pastorale siano diverse da quelle in cui 200 anni fa Pio VI è venuto nella vostra capitale. A quel tempo esistevano gravi motivi di preoccupazione per l'unità della Chiesa e la sua autonomia in Austria. Oggi la vita della Chiesa si può sviluppare liberamente, lo stesso "Katholikentag" è di per sé un segno evidente di ciò. E' stata una gioia per me l'aver potuto parteciparvi. E' stata una forma bellissima dell'annuncio del messaggio di Cristo agli uomini di questo Paese, un atto di speranza vissuta che può dare speranza anche a tanti altri.


2. Il compito che la Chiesa deve assolvere nel mondo in forza della sua chiamata, è un compito religioso e spirituale, non politico. Ma proprio grazie al Vangelo affidatole, la Chiesa proclama, come il Concilio Vaticano II conferma, anche "i diritti umani, e riconosce e apprezza molto il dinamismo con cui ai giorni nostri tali diritti vengono promossi ovunque" (GS 41). Essa prova perciò soddisfazione e riconoscenza, se Stati come la Repubblica austriaca, per il loro ordine democratico e il sentimento fraterno dei loro cittadini, si mettono al servizio dei diritti umani.

Qui non si deve solo pensare al buon ordine della vita pubblica e agli sforzi per la tutela dei fondamentali diritti umani nel proprio Paese, ma anche alla disponibilità ad accogliere popoli di altri Paesi che sono stati privati della loro libertà religiosa, della libertà di esprimere la loro opinione e della stima per la propria dignità umana. Generosamente l'Austria ha sempre offerto asilo a queste persone. così questo Paese dona alla libertà personale dell'uomo quel rispetto che le è dovuto come diritto inalienabile della persona.

perciò il vostro Paese merita una particolare parola di riconoscenza e di incoraggiamento per come sente i suoi doveri europei e internazionali. Come nel passato, così anche oggi l'Austria ha spesso il compito di gettare un ponte tra i popoli. Si è sempre impegnata a dare il suo contributo per assicurare la pace e l'intesa tra le Nazioni e i blocchi di potenza al di là delle proprie frontiere, nella consapevolezza dei comuni impegni dell'Europa e della sua responsabilità nella comunità dei popoli; sarà necessario proseguire in questo impegno in modo decisivo e avere sotto gli occhi queste mete in modo sempre più chiaro.

Così la sollecitudine per la giustizia internazionale ha già portato da molti anni a innumerevoli iniziative di sostegno allo sviluppo delle regioni più povere del mondo. Mi rallegro che anche l'aiuto della Chiesa abbia dato un grande contributo. Nonostante ciò il divario tra ricchi e poveri continua ad aumentare.

Questo fatto deve indurre tutti, nello Stato e nella Chiesa, a sforzi ancora più grandi, che possono anche prevedere profondi cambiamenti nell'ordine economico del mondo. Lo stesso vale anche per il desiderio di giungere all'intesa internazionale e per l'assicurazione della pace mondiale. Proprio in questo il vostro Paese ha una particolare "chance" per un impegno ancora più intenso a favore degli scambi umani e culturali e per un ancora più efficace stimolo agli incontri e al dialogo tra le Nazioni.


3. In questo impegno per il bene degli uomini e dei popoli, gli Stati trovano nella Chiesa cattolica un alleato sempre valido. La Chiesa si sente chiamata, per il suo mandato apostolico, a contribuire al servizio dell'uomo anche nella vita pubblica. E questo soprattutto in un Paese nel quale molti cittadini si professano cristiani e che nella sua storia e nella sua cultura è stato così fortemente permeato dallo spirito cristiano.

La Chiesa non è un'istituzione politica; essa non ha competenze tecnologiche ed economico-politiche e neppure si afferma per mezzo di una politica di forza. Essa rispetta le responsabilità dello Stato, senza inserirsi nei suoi compiti politici. In questo modo essa acquista una maggiore autorità quando si batte per la vera libertà, per i diritti inalienabili della persona umana, per la sua dignità e vocazione divina. Nel nome della vera libertà e della dignità dell'uomo la Chiesa è soprattutto chiamata a garantire il mantenimento della coscienza morale e di un operato morale giustificabile davanti ad essa e questo non solo nella vita individuale ma anche nella vita sociale. E' perciò sempre il compito spirituale della Chiesa che la induce ad adoperarsi in modo così deciso per una collaborazione con gli Stati, anche per gli attuali bisogni dell'uomo, per la giustizia e la pace, per una convivenza degna dell'uomo e per una efficace difesa dell'ordine morale nella famiglia e nella società. Questo servizio concreto è tanto più urgente in un tempo in cui il crescente disprezzo dei valori umani fondamentali mina le basi dell'ordine sociale e minaccia l'uomo stesso nella più intima dignità. Anche il moderno Stato pluralistico non può rinunciare a norme etiche nella legislazione e nella vita pubblica senza che il benessere del singolo e della comunità riportino un grave danno. Questo vale soprattutto quando si tratta di tutelare beni essenziali come la vita dell'uomo in tutte le sue fasi. La Chiesa conferma solidarietà e riconoscenza a tutti i responsabili che si adoperano con lei, per propria convinzione personale, nella difesa dei valori morali fondamentali in seno all'odierna società, e che trasmettono questo impegno ai giovani come un dovere.

Illustre signor Presidente, posso affermare espressamente, con grande stima, che lei si è sempre prodigato in questo senso con molta sincerità e vigore dal momento in cui ha assunto questo incarico così pieno di responsabilità. Per questo e per tutto il suo impegno nel sostenere generosamente l'opera della Chiesa e della Santa Sede nella vita pubblica, le esprimo il mio sincero ringraziamento.


4. Permettetemi, gentilissimi signore e signori, in conclusione, un'osservazione più personale. Voi, che siete qui riuniti, siete stati nominati dal popolo austriaco con elezioni libere e democratiche al vostro incarico politico e i vostri compiti sociali derivano da tale nomina. Voi avete una grande responsabilità nei confronti di questo Paese e della sua posizione nel mondo.

L'onorevole ma difficile professione del politico richiede l'impegno di tutte le vostre forze e di tutta la vostra persona. Quelli tra di voi che possiedono il dono della grazia e della fede sapranno che per questo si può e si deve richiedere l'aiuto di Dio. Possa essere data a tutti voi la forza spirituale e morale di soddisfare le grandi aspettative che la società e soprattutto la gioventù rivolgono oggi ai politici.

Sono grato a lei, illustre signor Presidente, gentilissimi signore e signori, perché rispettate la visione cristiana e il dialogo con la Chiesa secondo le vostre personali convinzioni. Mi auguro che teniate conto di questo anche nello svolgimento della vostra attività carica di responsabilità, per il benessere del vostro popolo. Invoco su di voi, sulla "tanto decantata, tanto provata, tanto amata Austria" (Inno nazionale austriaco) e su tutti i suoi abitanti, la duratura protezione e benedizione dell'Onnipotente e Misericordioso Dio.

Data: 1983-09-11 Data estesa: Domenica 11 Settembre 1983
http://www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/gyc.htm

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