DON ANTONIO

domenica 19 febbraio 2012

Esaltazione della Santa Croce. 6



padre Antonio Rungi


Celebriamo oggi la festa dell?Esaltazione della Croce, con data fissa il 14 settembre. Ricorrendo di domenica, la festa prevale liturgicamente e viene quindi ricordata non solo nelle orazioni, ma anche nei testi biblici, che sono chiaramente tutti riferiti al mistero della passione, crocifissione e morte in Croce di nostro Signore Gesù Cristo.
La prima lettura ci riporta al tempo dell?esodo, quando il popolo liberato dalla schiavitù dell?Egitto, sotto la guida di Mosé, fu condotto alla terra promessa. Il testo che ascoltiamo oggi è tratto dal libero dei Numeri, uno dei cinque del Pentateuco, cioè dei cinque primi libri della Bibbia che oltre ad avere un valore religioso, hanno anche un valore storico, in quanto ci riportano i dati essenziali del cammino del popolo di Israele verso la libertà.
Nel brano di questa festa troviamo riportate le lamentele del popolo che mal sopportò il viaggio e si ribellò contro Dio e contro Mosè. Per richiamare il popolo all?obbedienza della fede, Dio stesso manda serpenti brucianti che causano la morte di diversi Israeliti. La lezione servì, tanto che il popolo tramite Mosè chiese perdono al Signore e chiese la liberazione da questa calamità. E? Dio stesso che consiglia la strategia e il metodo più efficace per superare questa emergenza ambientale e sanitaria. E? il serpente di rame, collocato su un?asta, che ha effetto liberante per coloro che lo guarderanno. Chiaro riferimento al potere liberante di Dio nel mistero della croce, come viene interpretato questo testo, alla luce anche di quanto si verifica nel momento della morte in Croce di Gesù Cristo.
Proseguendo nella lettura dei testi assunti in questa liturgia della parola per far giustamente risaltare il mistero della Croce, risulta di grande efficacia, per entrare in modo responsabile in questo mistero, quello che scrive l?evangelista nel breve brano odierno nel quale ci presenta la figura di Nicodemo e la missione di Cristo in questo mondo. E? Gesù stesso a spiegare i termini della questione e il motivo della sua venuta tra gli uomini.
Nel brano è fatto esplicito riferimento al testo della prima lettura ed è Gesù stesso a spiegare il senso di quell?evento liberatorio per il popolo di Israele, in rapporto alla sua morte e risurrezione. ?Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell?uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna?. L?esaltazione della Croce e del Crocifisso ha un significato salvifico, come Gesù precisa nel testo: ?Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui?.
Capire questo significa entrare nel mistero della salvezza del genere umano. Gesù è venuto per salvare e non per condannare, per perdonare e per giudicare negativamente l?umanità. Egli ama e in quanto questo amore è totale e puro, oblativo non può che non desiderare il bene della persona amata. E? una lezione di vita di straordinariamente importante per tutti gli uomini e soprattutto per i discepoli di Gesù. Magari scegliessimo anche noi la via del sacrificio, piuttosto quella della condanna e del giudizio facile, per salvare i nostri fratelli dalla condizione di peccato e di fragilità in cui si trovano!
Giustamente, l?Apostolo Paolo nel brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla Lettera ai Filippesi ci riporta ai piedi della Croce e soprattutto ai piedi del Crocifisso, di questo Figlio di Dio Amore che si offre in riscatto per tutti noi, per liberarci dalla condizione di quella schiavitù che tiene legato l?uomo al peccato e alla malvagità. Il modello della nostra vita cristiana e da cristiani è proprio il Crocifisso e la sapienza di quella Croce, impressa in modo indelebile nella vita di quanti vogliono fare seriamente e scelgono la via che conduce alla vera felicità.
Ci vogliamo inginocchiare davanti all?Amore di Cristo che si manifesta nella sua pienezza proprio nella Croce, per chiedere misericordia per le nostre piccole o grandi infedeltà, per i nostri piccoli e gravi peccati, che non ci lasciano sereni di fronte al Croce, che non solo è Amore, ma è anche valutazione e giudizio della nostra vita e sulla nostra vita. Fissare più intensamente il nostro sguardo sul Crocifisso è comprendere di più la nostra pochezza e la nostra debolezza, non per abbandonare la strada di Dio, ma per recuperare fiducia in Lui e nella sua immensa misericordia.
Siamo riconoscenti a Gesù Cristo per il grande amore che ha manifestato nei nostri confronti, morendo per noi, vittima innocente, agnello senza macchia, sulla croce per salvarci dalla dannazione eterna.
Aggrappiamoci a questo segno identificativo di ogni vero discepolo di Gesù Cristo e facciamo sì che la Croce, più che portarla esteriormente, la viviamo interiormente, nel silenzio, nella sofferenza, nell?emarginazione, nel non essere considerati da un mondo e in un mondo ove ciò che conta non è tanto l?essere, ma l?avere e il possedere. Essere cristiani è identificarsi con la Croce e con il Crocifisso, per far sì che l?una e l?altro siano poi trasferibili nella vita quotidiana, nel portare con dignità la nostra croce e nell?essere vicino ai fratelli quando sono toccati da croci più pesanti ed insostenibili rispetto alle nostre.
Sia questa la nostra preghiera, in un giorno come quello che viviamo in cui gloriarsi della Croce di Cristo è davvero un motivo di santo orgoglio per tutti noi: ?Di null?altro mai ci glorieremo se non della Croce di Gesù Cristo, nostro Signore: egli è la nostra salvezza, vita e risurrezione; per mezzo di lui siamo stati salvati e liberati? (cf. Gal 6,14).


don Marco Pedron
Guardate a me

Questo brano si trova nel vangelo di Gv. Spiega il grande mistero di Dio: Dio è venuto nel mondo per amarci, per accoglierci, per starci vicino, per farci vedere come potremmo vivere, con quale estensione del nostro cuore, con quale dilatazione della nostra anima, con quale vibrazione e intensità per la nostra vita.
Questa è una parte di un lungo discorso che Gesù fa con uomo di nome Nicodemo. Nicodemo era un fariseo, faceva parte dell?aristocrazia sacerdotale, ed era un maestro. È, cioè, un profondo conoscitore della Bibbia e della religione. Ma gli manca qualcosa. E per questo va da Gesù. Nicodemo avverte una nostalgia, percepisce che c?è qualcosa di più grande, di oltre. È un uomo che non si accontenta, che vuole capire, che vuole vivere di più. E Gesù gli fa una proposta immensa. Gli dice: ?Devi rinascere?. Sostanzialmente gli dice: ?Quello che tu chiami vita, io la chiamo morte, non-vivere. Lascia questo tuo modo di vivere, di pensare e ti mostrerò per davvero la vita?. Vi chiedo: non vi entusiasma? Non vi emoziona? Se avete un cuore sono sicuro di ?si?. Se siete vivi, sono sicuro che vi stuzzica, che vi richiama, che vi attira. Se non vi richiama, allora siete già morti.
Gesù era un uomo che faceva proposte che rompevano tutti gli schemi, le convenzioni e le abitudini. Gesù apriva orizzonti nuovi e impensati. Gesù era davvero affascinante, attraente, perché ti presentava un modo di vivere estremo, meraviglioso, da ?mozzarti il fiato?, intenso. Gesù è per anime grandi. Gesù non si concilia con chi ama il quieto vivere, il tran-tran quotidiano, il piccolo cabotaggio: guardate la vita dei santi o degli apostoli. Chi vuol vivere sulla difensiva, senza rischiare troppo, è meglio che lasci stare. Perché Gesù ti coinvolge, ti sconvolge. come l?amore: ti prende tutto, ti possiede, ti afferra. Gesù è il fuoco: o si brucia o non lo conosci. Gesù è come l?acqua: o ti immergi o non la conosci. Gesù è come la vita: o la vivi o sei sul bordo della strada. A Nicodemo dirà: ?Se tu vuoi capire chi sono io, lascia stare la tua Legge, le tue regole, le tue norme, la tua morale. Devi rinascere. Devi far morire un mondo di illusione, di falsità, di apparenza, di vuoto, di buone maniere, di Paesi dei Balocchi e riaprire gli occhi sulla realtà?. E cita un esempio (Num 21, 1-9).
Durante l?esodo il popolo ebreo si era ribellato a Mosé e a Dio, e venne punito da Dio con la piaga dei serpenti velenosi. Accortosi del loro peccato, Mosé chiese perdono. Dio, accettando il loro ravvedimento, disse a Mosé: ?Fatti un serpente e mettilo sopra un?asta; chiunque dopo esser stato morso lo guarderà, resterà in vita?. E così avvenne. Allora: il serpente segno di pericolo, di morte, di disperazione, di rovina, diventa segno di vita. Così la croce, segno di paura, di morte, di terrore, di fallimento, di sofferenza, diventa segno di vita. Questo è un grande invito: ?Tu non aver paura di guardare il serpente, la croce e tutto ciò che ti fa paura?.
Gesù si è fidato di Dio, è andato fino in fondo e può testimoniare che Dio non lo ha abbandonato. Gesù ha guardato in faccia tutte le sue paure: la morte, il fallimento, la fine, la croce, aver sbagliato tutto. E bisognava che affrontasse tutto questo, bisognava che andasse fino in fondo nella sua vita, costi quel che costi, anche salendo sulla croce per vivere Lui e per dimostrare a tutti noi che Dio non abbandona; che di Dio ti puoi fidare; che di Dio non c?è motivo di aver paura; che l?amore di Dio è più forte di tutte le morti. Guarda in faccia tutto ciò che temi!
La paura più grande è la paura di morire. ?Guardala in faccia. Non sottrarti?. Guardare in faccia la tragedia della nostra vita è la nostra salvezza o la nostra disperazione. La grande verità è che tu morirai. Guarda i tuoi figli, tua moglie o chi ami. E adesso dì a te stesso: ?Io li abbandonerò. Loro mi lasceranno?. Vivere con questo terrore ci fa aggrappare a loro: ?No, non voglio!?. Vivere così ci spinge a possederli: ?Non te ne andare, ho paura di perderti!?. Vivere così ci fa impauriti e scettici: ?A che serve fare e lasciarsi coinvolgere, se poi tutto finisce??. Vivere così ci fa alienati: ?Meglio non pensarci troppo, altrimenti si impazzisce!?. Vivere così ci fa insensibili: ?Ho davvero paura di vivere tutto questo, meglio anestetizzarsi!?. Vivere così ci fa vivere vuoti ?Godiamo la vita, accumuliamo, prendiamoci quel che si può!?. La realtà verità è, però, che io morirò, che tu morirai e che noi ci lasceremo. Possiamo scappare a questa verità. Vivere come se niente fosse. Evitarla, non pensarci. Allora la paura della morte ci impedisce di vivere. Tutto questo ci fa male; è tremendo, doloroso, lacerante, angosciante.
Ma nel fondo del buio c?è la luce. Nel fondo dell?angoscia c?è la vita. Nel fondo della morte c?è la resurrezione. Nel fondo della paura c?è la fiducia. E se tu ti puoi fidare di andare fino in fondo e di vedere la tragedia della vita e della tua stessa vita, ebbene, proprio lì, troverai il senso e la bellezza della vita stessa. E, trovato questo, tu non sarai mai più come prima. Non sarai mai più lo stesso.
Questo, per Gv, vuol dire credere. Credere è quando io ho trovato nel bel mezzo del buio la Luce; nel bel mezzo della morte la Vita; nel bel mezzo della disperazione la Forza. È quando io non mi sono sottratto alla vita e alle sue questioni, ma ci sono passato dentro, in mezzo, le ho affrontate, mi sono fidato di Dio. E questa discesa mi ha cambiato, mi ha fatto rinascere, mi ha fatto nuovo, mi ha cambiato vita. Perché guardare ciò che temiamo fa nascere una nuova visione della realtà.
Se noi potessimo smettere di voler tutto ?razionalizzare?, di cercare risposte convincenti, di trovare un filo conduttore per ogni cosa, di pensare e ripensare, di discutere, di concettualizzare tutto, di stabilire sempre cosa è bene e cosa è male, e potessimo, invece, dar spazio al nostro bisogno d?amore, alla ricchezza d?emozioni che vivono nel nostro cuore, senza reprimere, senza eliminare, senza paura di affrontare la dipendenza, la rabbia, ma guardandole in faccia; e se potessimo usare con loro tenerezza, comprensione e misericordia, allora potremmo iniziare a sentirci degni di vivere.
Se noi potessimo smettere di raccontarci bugie dicendoci ?che i soldi fanno felici? (lo sappiamo che non è così, ma li rincorriamo!), che ?senza i soldi non si fa niente?; se potessimo smettere di invidiare gli altri e di cercare di raggiungere traguardi, mete e obiettivi spendendo tutte le nostre forze solo su quello, per dimostrare poi chissà cosa e chissà a chi, e potessimo, invece, guardarci negli occhi e dirci che invidiamo gli altri perché in realtà svalorizziamo noi stessi, perché non ci piacciamo, perché riteniamo di essere niente, insignificanti, allora potremmo iniziare a prenderci sul serio e a percepire che siamo figli di Dio. Come possiamo essere qui per caso se Lui ci ha creati? Allora potremmo iniziare a percepire che ai suoi occhi noi siamo grandi e potremmo iniziare a vederci così anche noi.
Se noi potessimo smettere di inseguire ideali di vita distruttivi: la barca, il buon nome, la laurea, lo stage per manager, la carriera, il successo, l?immagine fisica e sentirci ?nessuno? perché non possiamo vivere così; se potessimo smettere di volere il figlio intelligentissimo, atletico, informatizzato, ma che sa anche due lingue, che suona, che è brillante, e potessimo, invece, guardarci negli occhi e guardare la nostra anima senza dir niente; o potessimo prenderci la mano l?uno dell?altro e dirci le nostre paure, i nostri bisogni, i nostri desideri e tutto il nostro amore; o potessimo guardare i volti delle persone e vederne la misteriosa bellezza che si cela dietro; o guardare il cielo e sentirlo ?dentro? di noi; o vedere gli uccelli e sentirci liberi come loro nella nostra anima; o vedere il sole e viverlo nel nostro cuore; o potessimo anche solo far silenzio e sentire che c?è qualcosa che ci accomuna e che ci rende fratelli, allora noi potremmo sentire, vivere e percepire il meraviglioso, inebriante e stupendo fremito che si chiama vita.
E non avremmo più bisogno di riempirci di tutte le formule religiose, di dire che noi siamo battezzati e che crediamo; e non avremmo più bisogno di convincerci che Dio esiste, sperando che ci sia, dubitando e facendoci mille problemi, ma sarebbe chiaro tutto e tutto avrebbe senso. E noi stessi ci sentiremmo parte di questo significato e parte di questa danza dal nome Vita. Chi vive così crede.
Allora tutte queste frasi, così oscure, diventano chiare per chi vive così: ?È chiaro, certo, bisognava che Gesù vivesse e facesse ciò che ha fatto per mostrarci chi è Dio e che possiamo vivere così. Questa è la vita vera, la vita eterna, quella che non ti abbandona. Gesù doveva essere mostrato a tutti, essere in vista, innalzato sulla croce perché tutti potessimo vedere chi è Dio. Dio ci ama da morire (Gesù!). Dio non ci giudica, Dio vorrebbe che vivessimo davvero, non che vegetassimo tirando avanti. Ha fatto tutto ciò che gli era possibile per dirci: "Guarda Gesù, e guarda come anche tu potresti vivere, con quale fiducia e con quale intensità". Ma spesso noi non gli crediamo e diciamo: "No, sono solo belle parole, non sono per noi, non sono per me". E così ci condanniamo da soli, non crediamo a Gesù, alla Luce che è venuta in questo mondo e preferiamo credere a tutt?altro, ma non a Lui; preferiamo le tenebre, il buio; preferiamo falsi maestri e false ideologie. E seguendo questo mondo non facciamo nient?altro che affondare sempre di più. Ma se gli credessimo, se potessimo guardare a Lui, se potessimo, dopo aver provato tutto, fidarci di Lui e abbandonarci tra le sue mani, allora potremmo sentire la verità delle sue parole: "Dio ha mandato nel mondo suo Figlio Gesù, perché tu abbia la vita vera". E se tu gli credi sarai salvo?.

Pensiero della Settimana

Chi non ama non ha esistenza, non c?è, è morto.
Chi ha voglia d?amare risorge dai morti; solo chi ama è vivo.

don Roberto Seregni
L'abbraccio incandescente

Che strano festeggiare l?esaltazione di uno strumento di tortura. Ve l?immaginate la festa dell?esaltazione della sedia elettrica? Oppure una piccola ghigliottina appesa ai muri delle case o al collo dei fedeli? Non voglio essere blasfemo, ma solo provare ? almeno un po? ? a rivivere quello scandalo che ha attraversato i discepoli nel vedere il loro Rabbì incamminato verso la morte in Croce.
I dodici probabilmente si aspettavano di tutto, ma quella fine proprio no. Avevano lasciato ogni cosa per Lui, affascinati dalla sua parola, dai suoi miracoli, dalla sua intimità con Dio e poi se lo vedono lì. Irriconoscibile. Impotente. Sulla Croce.
Provo ad immaginare i loro pensieri....

Dov?è finito quel Rabbì potente che libera dai demoni e dalle malattie?
Dove si è nascosto quel profeta che incanta le folle con sue parole cariche di novità e di bellezza?
Dove è quell?uomo meraviglioso che ha saputo guardare nei nostri cuori e farci sentire amati e accolti come nessuno mai aveva saputo fare?
Dove sei Gesù, Rabbì? Dov?è finito tutto quello che hai promesso?

La festa che oggi celebriamo ci libera dalla tentazione di farci un Dio a nostra immagine e somiglianza, un Dio che risponde ai nostri bisogni e alle nostre attese. Il Crocifisso ci salva innanzitutto da una falsa immagine di Dio. Non il Dio che vuol essere servito e riverito, ma il Dio che serve e dona la vita. Non il Dio che spadroneggia, ma il Dio che ama senza misura. Non un Dio onnipotente nel castigo, ma un Dio onnipotente nell?amore, nella misericordia e nel perdono.
Esaltare la Croce significa esaltare il volto nuovo e inedito con cui il Cristo rivela Dio e si presenta come la trascrizione storica della Sua bellezza e del Suo amore. La Croce è il miracolo definitivo di Cristo, è l?apertura eterna sul cuore di Dio, sulla verità di un amore che si dono senza misurare, senza pesare, senza aspettare di essere ricambiato.

Penso a te, fratello che ti consideri un fallito perché tua moglie ti ha lasciato e ora ti trascini da un bar all?altro. Penso a te, sorella che anneghi nei sensi di colpa per una scelta sbagliata vecchia di vent?anni. Penso a voi, che vi sentite dei genitori falliti perché vostro figlia ha smesso di mangiare. Penso a te, fratello che ti senti una nullità perché non riesci a trovare un lavoro. Quelle braccia crocifisse e spalancate sono per voi. Sono l?abbraccio incandescente di un amore che è più forte di ogni fallimento e di ogni caduta. Sono la presa sicura di chi ti accoglie così come sei, ti risolleva dal fallimento e dalla caduta, ti fa sentire forte sulla pelle il gratis dell?amore. Quello vero. Quello che ti lascia senza fiato. Quello da contemplare in silenzio con una sola parola sulla labbra: grazie.

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