DON ANTONIO

domenica 11 settembre 2011

LA SOFFERENZA ALLA LUCE DELLA FEDE CRISTIANA

La Santa Famiglia proprio per la sua natura umana, non fu esen­te da sofferenze e da dolori. Basti pensare ad alcuni episodi centrali della vita di Maria e di Giuseppe: la maternità di Maria, il matrimonio di Giuseppe e Maria, la nascita di Gesù, la presentazione al Tempio di Gesù Bambino, la profezia di Si­meone, la fuga in Egitto, il ritorno dall'Egitto, lo smarrimento e il ri­trovamento di Gesù nel tempio al­l'età di 12 anni, ecc. Tali episodi te­stimoniano come le situazioni sog­gettive, familiari e sociali abbiano sottoposto Maria e Giuseppe a paure, sofferenze, dolori che han­no coinvolto profondamente il loro cuore senza però smarrimenti, nel­la fiducia totale in Dio Padre e nella sua divina Provvidenza, come Pa­dre buono, amoroso, sempre fede­le. Maria e Giuseppe pur dovendo affrontare prove così dolorose, hanno sempre mantenuto la loro fiducia in Dio Padre con profonda fede, con incrollabile speranza nelle promesse del Signore e con operosa e santa carità, umilmente sottomessi alla volontà di Dio.
La profezia di Simeone e il dolore di Maria ai piedi della Croce
In occasione della presentazio­ne di Gesù al Tempio (quaranta giorni dopo la nascita) il vecchio Simeone pronunciò le profetiche parole: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada tra­figgerà l'anima " (Lc 2,34-35). Spada come simbolo del cammi­no doloroso della Vergine Maria che nella tradizione posteriore sarà as­sunta quale segno plastico dei dolori sofferti dalla Madre del Redentore e quindi raffigurate in numero di set­te infisse nel cuore della Vergine. È nell'evento della passione e della crocifissione che ritroviamo il signifi­cato primo ed ultimo dell'Addolora­ta: "Stavano presso la Croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna, ec­co il tuo figlio" poi disse al discepo­lo: "ecco la tua madre" (Gv 19,25­27a). Questo distacco terreno con­tiene in sé tutto il mistero della mis­sione di Gesù e di Maria: l'abissale dolore per la morte in croce del Fi­glio, innocente, ingiustamente con­dannato e la comprensione spiritua­le per l'esito di tale morte prefigu­rante la gloriosa risurrezione di Gesù ad opera dello Spirito del Padre.

Il magistero del concilio Vaticano II ha espresso con autorevole sintesi il mistero del cammino di fede di Maria, madre di Dio e della Chiesa, che ha conosciuto il grande patire umano: "Anche la beata Vergine avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unio­ne col Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette soffrendo profondamente col suo unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente all'im­molazione della vittima da lei gene­rata " (LG 58). Maria partecipa con tutta se stessa al dolore del Figlio che si è fatto carico di tutti i pecca­ti, di tutte le sofferenze, di tutti i dolori dell'umanità. Gesù è "l'uomo dei dolori, che ben conosce il pati­re" (Is 53,3) e, parallelamente, sua madre è "la donna dei dolori", Ella esprime anche il modello della per­fetta unione con Gesù fino alla Croce. Il mistero della "mater dolo­rosa letto in riferimento a Cristo e alla Chiesa, diventa esperienza vitale per il cristiano non solo riguardo alla conoscenza della storia salvifica, ma anche singolare fonte di consolazio­ne e di speranza per affrontare la vita quotidiana secondo il senso escatologico che Cristo ha dato al suo sacrificio pasquale, dalla passio­ne-morte alla gloriosa risurrezione, per la salvezza dell'intera umanità nella vita eterna in Dio Trinità.



L'uomo partecipe delle sofferenze di Cristo per la propria ed altrui salvezza

Con la Lettera apostolica "Sal­vifici doloris" del 1984, Giovanni Paolo II affronta il tema del valore salvifico del dolore che si sostanzia nel Vangelo della sofferenza scritto in primo luogo dallo stesso Reden­tore con la propria sofferenza as­sunta per amore, perché l'uomo "non muoia, ma abbia la vita eter­na" (Gv 3,16), al cui fianco c'è sempre Maria, la sua Madre santis­sima, per la testimonianza esem­plare che, con l'intera sua vita, ren­de a questo particolare Vangelo della sofferenza. "In lei le numero­se ed intense sofferenze si assom­marono in una tale connessione e concatenazione che, se furono pro­va della sua fede incrollabile, furo­no altresì un contributo alla reden­zione di tutti" (Salvifici doloris, 25). "Se un uomo diventa partecipe delle sofferenze di Cristo, ciò avvie­ne perché Cristo ha aperto la sua sofferenza all'uomo, perché egli stesso nella sua sofferenza redenti­va è divenuto, in un certo senso, partecipe di tutte le sofferenze umane. L'uomo, scoprendo me­diante la fede la sofferenza reden­trice di Cristo, insieme scopre in essa le proprie sofferenze, le ritro­va, mediante la fede, arricchite di un nuovo contenuto e di un nuovo significato" (Ibid., 20). La parteci­pazione alle sofferenze di Cristo è, al tempo stesso, sofferenza per il Regno di Dio. Cristo ci ha introdot­ti in questo Regno mediante la sua sofferenza. E anche mediante la sofferenza maturano per esso gli uomini avvolti dal mistero della redenzione di Cristo. Coloro che sono partecipi delle sofferenze di Cristo sono anche chiamati, me­diante le loro proprie sofferenze, a prender parte alla gloria escatolo­gica, che nella Croce di Cristo era offuscata dall'immensità della sof­ferenza. Così si esprime l'apostolo Paolo: "Nella misura in cui parteci­pate alle sofferenze di Cristo, ralle­gratevi, perché anche nella rivela­zione della sua gloria possiate ralle­grarvi ed esultare" (1Pt4,13).

"Bisogna dare testimonianza di questa gloria non solo ai martiri della fede, ma anche a numerosi altri uomini, che a volte, pur senza la fede in Cristo, soffrono e danno la vita per la verità e per la giusta causa. Nelle sofferenze di tutti costoro viene confermata in modo particolare la grande dignità del­l'uomo" (Salvifici doloris, 22). La sofferenza, infatti, è sempre una prova, a volte alquanto dura, alla quale viene sottoposta l'umanità. "Coloro che sono partecipi delle sofferenze di Cristo hanno davanti agli occhi il mistero pasquale della Croce e della risurrezione, nel qua­le Cristo discende, in una prima fa­se, sino agli ultimi confini della de­bolezza e dell'impotenza umana: egli, infatti, muore inchio­dato sulla Croce... Le debo­lezze di tutte le sofferenze umane possono essere per­meate dalla stessa potenza di Dio, quale si è manifesta­ta nella Croce di Cristo.

In questa concezione, soffrire significa diventare particolarmente suscettibili, particolarmente aperti al­l'opera delle forze salvifiche di Dio, offerte all'umanità in Cristo" (Ibid.,23). San Paolo scrive: "...Sono lieto delle sofferenze, che sop­porto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cri­sto, in favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,24). "La sofferenza di Cristo ha creato il bene della reden­zione del mondo. Questo bene in se stesso è inesauri­bile ed infinito. Nessun uo­mo può aggiungerci qual­cosa. Allo stesso tempo, però, nel mistero della Chiesa come suo corpo, Cristo in un certo senso ha aperto la propria sofferenza reden­tiva ad ogni sofferenza dell'uomo. In quanto l'uomo diventa parteci­pe delle sofferenze di Cristo - in qualsiasi luogo del mondo e tempo della storia - in tanto egli completa a suo modo quella sofferenza, mediante la quale Cristo ha opera­to la redenzione del mondo" (Sol­vifici doloris, 24).

Proprio la Chiesa, come "ecclesia totale" e quale corpo di Cristo, è la dimensione nella quale la sofferen­za redentrice di Cristo può essere costantemente completata dalla sofferenza dell'uomo. In ciò viene messa in risalto anche la natura di­vino-umana (Cristo-umanità) della Chiesa che opera attraverso l'azio­ne incessante dello Spirito Santo.
La sofferenza va vissuta con fede e speranza come risposta all'amore di Dio
La sofferenza appartiene certa­mente al mistero dell'uomo. Come tutti sono stati chiamati a "comple­tare" con la propria sofferenza "quello che manca ai patimenti di Cristo", Cristo allo stesso tempo ha insegnato all'uomo a far del bene con la sofferenza ed a far del bene a chi soffre (carità). In questo dupli­ce aspetto Cristo ha svelato fino in fondo il senso della sofferenza.

Questo è il senso veramente so­prannaturale ed insieme umano della sofferenza. "È soprannaturale, perché si radica nel mistero divino della redenzione del mondo, ed è, altresì, profondamente umano, perché in esso l'uomo ritrova se stesso, la propria umanità, la pro­pria dignità, la propria missione" (Salvifici doloris, 31 ).

II Concilio Vaticano II nella "Gaudium et Spes" sintetizza il senso della sofferenza umana con questa espressione: "Per Cristo e in Cristo si illumina l'enigma del dolo­re e della morte" (22). II mistero della redenzione del mondo è radi­cato nella sofferenza, e questa, a sua volta, trova in esso il suo supre­mo e più sicuro punto di riferimen­to. Dice Giovanni Paolo li: "Oc­corre... che sotto la Croce del Cal­vario idealmente convengano tutti i sofferenti che credono in Cristo... (e) gli uomini di buona volontà, perché sulla Croce sta il "Reden­tore dell'uomo, l'Uomo dei dolori, che in sé ha assunto le sofferenze fisiche e morali degli uomini di tutti i tempi, affinché nell'amore possa­no trovare il senso salvifico del loro dolore e risposte valide a tutti i loro interrogativi. Insieme con Maria, Madre di Cristo, che stava sotto la Croce, ci fermiamo accanto a tutte le croci dell'uomo d'oggi... Nel ter­ribile combattimento tra le forze del bene e del male, di cui ci offre spettacolo il nostro mondo con­temporaneo, vinca la vostra soffe­renza in unione con la Croce di Cristo!" (Salvifici doloris, 31).

Scrive l'apostolo Paolo: "...forti­ficatevi nel Signore e nella sua onnipotente virtù. Rivestitevi del­l'armatura di Dio per poter resi­stere alle insidie del diavolo: per­ché noi non abbiamo da combat­tere solo contro forze puramente umane, ma contro i principati e le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro gli spiriti del male sparsi nell'aria. Rivestitevi dunque dell'armatura di Dio, per poter resistere nel gior­no maligno... cinti i fianchi con la virtù, rivestiti della corazza della giustizia, e calzati i piedi, pronti per annunciare il Vangelo di pace" (Ef 6,10-15).

"Ci sarà sempre sofferenza che necessita di consolazione e di aiu­to. Sempre ci sarà solitudine. Sempre si saranno anche situazio­ni di necessità materiali nelle quali è indispensabile un aiuto nella linea di un concreto amore per il prossimo" (Benedetto XVI, Deus Caritas est, p. 62).

Così il dolore, la sofferenza se vis­suti con fede e speranza secondo il messaggio evangelico di Cristo Re­dentore e di Maria corredentrice, hanno il senso di unirci al dolore salvifico di Gesù e di Maria per vin­cere il peccato e il maligno e parte­cipare, purificati dallo Spirito Santo, alla mensa santa del Padre nella Gerusalemme celeste per l'eternità.

http://www.preghiereagesuemaria.it/sala/la%20sofferenza%20alla%20luce%20della%20fede%20cristiana.htm

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