DON ANTONIO

sabato 3 settembre 2011

OMELIA DOMENICA XXXII ANNO A

Oggi la Parola di Dio ci parla di speranza, come lo saranno queste domeniche di novembre, domeniche che precedono l’avvento. Abbiamo meditato nella solennità di tutti i Santi e poi nella commemorazione dei fedeli defunti: noi siamo già salvati per grazia, per l’opera compiuta da Gesù con la sua morte e con la sua risurrezione, ma non ancora, non ancora definitivamente, non siamo ancora siamo entrati nell’eternità e nella visione di Dio così come Egli è. Noi siamo come cristiani ,ora nel tempo e nella storia, nell’attesa del compimento del regno di Dio: regno di giustizia, di amore e di pace e tutta la vita è animata da questa speranza.

Esprimiamo questa speranza subito dopo la consacrazione quando diciamo: annunciamo il Cristo nell’attesa della sua venuta e quando ripetiamo il Padre nostro: venga Signore il tuo regno.
Oggi ad una profonda crisi di fede , si aggiunge anche la crisi della speranza. L’uomo oggi non si attende,non spera nulla dal cielo, dall’onnipotenza e dalla provvidenza di Dio, si aspetta tutto dalla scienza, dalla su inventiva, dal progresso.
L’uomo quando ha pane, lavoro e salute si sente al sicuro e non attende né una vita eterna né un paradiso perché crede di averli nel presente o nel futuro ma sempre qui sulla terra. Un certo umanesimo,un certo illuminismo è scientismo ha provocato l’appiattimento degli orizzonti del vissuto e il lento svanire di ogni prospettiva ultraterrena, continuando ad allontanare l’uomo da Dio,dal trascendete e dalle verità eterne. Il richiamo del mondo è molto più forte e molto più suadente della speranza eterna , l’attrattiva delle cose materiali e sensibili è molto più attraente di una vita migliore ma futura e solo dopo la morte. In fondo è questo il dramma, questo il grande interrogativo: arriva veramente lo sposo, il Signore arriva o conviene addormentarsi?

In questa eucaristia preghiamo il Signore che ci allontani dall’apatia religiosa, dall’indifferenza per le cose dello spirito, dalla superficialità nel vivere senza senso, senza una meta, sena un fine, senza sapere da dove veniamo, chi siamo, dove siamo diretti , dal quel dubbio che diventando sistematico logora l’esistenza senza avere mai una verità certa per la quale vivere, lottare, soffrire e anche morire.
Queste non sono vuote parole, questa è la sapienza della quale si parla nella prima lettura. La sapienza è un dono di Dio e un frutto della sincera ricerca dell’uomo, è sorgente di vita e di gioia. Ed è questa la sapienza che libera l’uomo dagli affanni, dalla angoscia esistenziale, che dona pace e serenità

Questa prima lettura sulla sapienza è una premessa per comprendere la seconda lettura e il vangelo.
Il brano di San Paolo e il vangelo ci esortano a vivere nella vigilanza, nell’attesa della vita futura.
“Non vogliamo lasciarvi nell’ignoranza circa quelli che sono morti , perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza”. L’uomo sapiente ha la luce della fede e vede oltre i confini del tempo, intravede l’altra sponda della vita, percepisce quella realtà spirituale che travalica il tempo e lo spazio e sfocia nell’eternità. Questo è l’uomo saggio, queste sono le cinque vergini sapienti.

Dove sta la saggezza delle cinque vergini? Non certo nel restare sveglie, infatti tutte dieci, poiché lo sposo tardava, si assopirono e dormirono, ma la saggezza sta nell’avere l’olio di riserva per le lampade. Solo cinque vergini sono pronte ad accogliere lo sposo, secondo il rituale ebraico della processione nel matrimonio,solo cinque entrano perché hanno l’olio, la luce e le altre cinque rimaste fuori gridano:”Signore aprici”. M egli rispose: “non vi conosco”.
Quando Gesù parla delle fine del mondo o del suo ritorno finale sulla terra o della sua venuta con la morte, mette in guardia, invita tutti alla vigilanza, a cogliere i segni e a interpretarli, invita ad essere saggi, ad avere con sé l'olio della fede e stare pronti e preparati. E’ importante avere con se sempre l’olio della fede che alimenta la nostra vita terrena e ci tiene sempre spiritualmente pronti. E’ spiritualmente pericoloso credersi al sicuro, pensare di avere la salvezza garantita.
Vivere nella speranza è vivere da saggi, vivere nella speranza è vivere nella precarietà delle cose, nella provvisorietà del presente:”vegliate perché non sapete né il giorno né l’ora”. Queste parole ci possono incutere timore e paura, quasi dovessimo attendere un giudice cattivo, un inquisitore malvagio,invece dello sposo, di un Padre, di un amico, di un fratello.

Oggi tutto è programmato,attraverso la scienza informatica si programma il domani e il dopodomani e pensiamo che tutto sia nella nostre mani, programmiamo anche le variabili e i possibili rischi e anche imprevisti,pensiamo di essere i registi della nostra vita, e la vita che conduciamo non ci dispiace ma ci accontenta; il progresso e un certo benessere hanno creato solo ipotesi, utopie,un immaginario collettivo dove l’unico scopo del faticare,di lavorare,di darsi da fare è quello di garantirci un futuro lontano dalla fatalità e dagli imprevisti e in questo modo hanno cercato e cercano di far addormentare le coscienze e di farci perdere l’olio della fede.
Ci sono anche cristiani che vivono una vita da addormentati ,non sperano,non attendono nulla a livello spirituale ma si sentono appagati del visibile,del presente, del materiale e anche di un futuro a portata d’uomo senza aneliti e aspirazioni soprannaturali.
La,parola di Dio di questa domenica ci richiama sul vero senso del vivere, questa è la sapienza cristiana: renderci conto che noi da Dio veniamo e a Lui ritorneremo, ci richiama alla vigilanza, riconoscendo che siamo veri pellegrini e viandanti su questa terra, con il susseguirsi delle stagioni della vita, ecco una parola dell’Apocalisse,una parola da meditare “sii fedele sino alla morte e ti darò la corona della vita”.

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