DON ANTONIO

giovedì 29 marzo 2012

Una Via Crucis che diventa eterna...di Raymond Gravel ( da Bose )





in “www.lesreflexionsderaymondgravel.org” del 28 marzo 2012 (traduzione:
www.finesettimana.org)


Domenica della Palme e della Passione del Signore
È l'inizio della Settimana Santa, della Grande Settimana, in cui ricordiamo l'evento fondatore della
nostra fede cristiana: la Morte-Resurrezione di Cristo, e in cui ricordiamo quella via Crucis che
diventa eterna... Domenica delle Palme e della Passione del Signore: questa festa già sottolinea il
duplice evento, che non può essere separato, per esprimere la nostra fede cristiana: la morte-
resurrezione. Il paradosso di questa festa si esprime attraverso la contraddizione della folla che, a
volte, acclama Cristo come un re, con ramoscelli in mano, e, a volte, grida di crocifiggerlo come un
volgare bandito, mostrando i pugni.
Ma attenzione! Questi due eventi raccontati da Marco sono racconti teologici, non storici nel senso
materiale del termine, vogliono dirci qualche cosa della nostra realtà umana contemporanea. È alla
luce della Pasqua che sono stati composti ed è alla luce della Pasqua che dobbiamo interpretarli. Le
Palme e la Passione sono due feste distinte che sono state messe insieme a partire dal X secolo nella
Chiesa latina.
La festa delle Palme trae origine dalla festa ebraica delle Capanne o dei Tabernacoli, in cui gli ebrei,
nel mese di settembre, facevano grandi processioni con ramoscelli in mano, per celebrare la fine dei
raccolti e per ricordare il soggiorno degli israeliti nel deserto. L'evangelista Marco ha quindi
applicato a Gesù risorto questa processione coi ramoscelli, per sottolineare l'evento teologico della
sua morte-resurrezione. La festa delle Palme, i cristiani del III secolo la celebravano la domenica
precedente la Pasqua. La festa della Passione, con la sua Via Crucis, era celebrata a Roma a partire
dal IV secolo, cioè dalla conversione dell'imperatore Costantino. Questa festa segnava l'entrata della
Chiesa nella Settimana Santa. A partire dal X secolo le due tradizioni sono state ufficialmente
riunite nella Chiesa latina, e nel XVI secolo si ritrova la doppia festa nel messale romano. Papa Pio
XII, nel 1955, ne ha fissato i riti, che sono stati adottati nel 1970, con la riforma liturgica del
Concilio Vaticano II. Ecco la storia della nascita della festa di oggi... Ma, nel 2012, che cosa ci può
trasmettere questa doppia festa?

1. Siccome la morte e la resurrezione di Gesù sono inseparabili in quanto evento fondante della fede
cristiana, occorre veramente entrare in questa contraddizione, in questo paradosso della fede, in cui
la vita e la morte si incrociano continuamente; fanno sempre parte della nostra realtà umana: si
nasce e si muore. La natura lo testimonia incessantemente. La vita e la morte sono le due facce della
stessa realtà: la vita apre la porta della morte e la morte chiama la vita.

2. Un altro paradosso della festa di oggi merita di essere sottolineato: è la stessa folla che a volte
acclama (Mc 11,9-10), e subito dopo, condanna (Mc 15,13.14). Ancora una volta questo fa parte
della nostra realtà umana. La folla è sempre versatile. Basta un abile agitatore per manipolarla in
qualsiasi direzione, verso il meglio o verso il peggio. Gli umani che compongono la folla sono
facilmente influenzati da elementi o situazioni che li portano talvolta a rinnegare se stessi: in certe
istituzioni, in certe società o imprese, si assiste spesso a situazioni di flagrante ingiustizia: quante
persone accetteranno di esporsi per denunciarle? La paura si insedia rapidamente: la paura di
perdere il lavoro, la paura di essere rifiutati, la paura di essere isolati, la paura di non poter accedere
ad un incarico superiore, la paura di doversi battere in nome della giustizia, la paura di aver paura...
È triste! Ma la maggioranza delle persone è così. L'ho sperimentato personalmente più di una volta.
Ma è questa maggioranza che compone le folle, cioè le donne e gli uomini a cui si può far fare
qualsiasi cosa...

3. Rileggendo la Passione di Marco, in cui l'evangelista ci presenta, contemporaneamente, un Gesù
molto umano ed un uomo sicuro di sé, credo che sarebbe bene situarci nei confronti dei molti
personaggi che abitano il racconto: grandi sacerdoti, scribi ed anziani, una donna di Betania nella
casa di Simone il lebbroso, Giuda Iscariota il traditore, i due discepoli e l'uomo con la brocca
d'acqua, i Dodici con Pietro loro portavoce, i due fratelli Giacomo e Giovanni, una truppa armata di
spade e bastoni, dei servi del grande sacerdote, di cui uno perde un orecchio, Caifa e i falsi
testimoni, delle serve, Pilato, la folla, Barabba, i soldati, Simone di Cirene, padre di Alessandro e di
Rufo, dei passanti, degli anonimi nel momento della crocifissione, delle donne che guardano, tra cui
Maria di Magdala, Maria madre di José, il centurione romano, Giuseppe d'Arimatea e quel giovane
vestito con un lenzuolo che fugge tutto nudo... Ce n'è di gente e tutte queste persone ci dicono
qualcosa di ciò che noi siamo.


A) È evidente che Gesù è il protagonista principale della Passione. Tuttavia smettiamola col
pensiero magico, dicendo che ha sofferto più di tutti. Nella storia del mondo ci sono migliaia di
vittime, donne, uomini e bambini che sono stati torturati e uccisi ingiustamente. Del resto, ciò che ci
insegna la storia teologica di Gesù è che la sua passione, le sue sofferenze e la sua morte ci fanno
prendere coscienza che, attraverso Gesù, Dio ha voluto essere solidale con noi, con le nostre
passioni, con le nostre sofferenze e le nostre morti. Gesù, soffrendo la sua passione, rappresenta
tutte quelle e tutti quelli che, nella nostra umanità, sono crocifissi in un modo o in un altro, dal
male, dalla prova, dalla malattia, dalla debolezza, dalla brutalità, dalla solitudine, dall'ingiustizia.
Tutti coloro che sono vittime di tradimento, di abbandono, di calunnia o di condanna ingiusta, di
tortura fisica o morale..., tutti loro possono riconoscersi in Gesù Cristo: “Con Cristo, dice San
Paolo, sono crocifisso” (Ga 2,19). Il che significa che Cristo è vicino a noi sulle nostre vie crucis.
Le nostre lotte sono ad immagine della sua lotta contro il male e l'ingiustizia. Ed è per questo che
dobbiamo andare fino in fondo, senza compromessi, se vogliamo assomigliare a lui. Ci occorre tutta
una vita per arrivarci; è meglio cominciare da adesso. Intanto, possiamo anche situarci rispetto agli
altri protagonisti del dramma presentati da Marco e che ho enumerato prima...


B) Questi altri protagonisti del dramma, ci è difficile guardarli da lontano, come se non avessimo
nulla in comune con loro: uno degli ultimi pasti di Gesù avviene a casa di Simone il lebbroso,
quindi di un escluso... e nel corso del pasto, una donna, senza nome, viene a profumare la testa di
colui che sarà incoronato di spine (Mc 14,3). Questa donna è criticata severamente per una
questione di soldi (Mc 14,4-5). Ma Gesù dice: “Dovunque sarà proclamato il vangelo, per il
mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto” (Mc 14,9). Tutti gli esclusi di oggi,
della società e della nostra Chiesa, possono riconoscersi in Simone il lebbroso o in questa donna
senza nome che hanno un posto di riguardo nel cuore del Cristo di Pasqua. Sono i “preferiti” di Dio.
Soprattutto questo non bisogna dimenticare... Ed ora gli altri: Giuda ci ricorda i nostri tradimenti in
amicizia, in amore, alla parola data. Pietro ci rimanda ai nostri rinnegamenti e ai nostri abbandoni,
mentre ci credevamo migliori degli altri. I discepoli addormentati, poi in fuga, non sono forse il
riflesso delle nostre tiepidezze e delle nostre mancanze di coraggio, quando si tratta di esporsi, di
testimoniare? Pilato non evoca forse le nostre vigliaccherie davanti a Dio e davanti agli uomini
quando i nostri interessi personali passano davanti alla giustizia e alla verità?
Al contrario, altri protagonisti della passione hanno dato prova di coraggio e di fede: Simone di
Cirene, che ha portato la croce accanto al Signore; incarna la nostra vicinanza fraterna a coloro che
soffrono o che sono esclusi. Quel giovane vestito di un lenzuolo, è senza dubbio Marco stesso che,
come Alfred Hitchcok, entra nel racconto per dargli maggiore credibilità; è lo stesso giovane che si
ritrova una mattina di Pasqua, seduta sulla tomba, questa volta vestito di una veste bianca, il vestito
della Resurrezione. Questo giovane, è Gesù stesso, spogliato per esprimere la morte, ma è anche il
Cristo vestito di bianco per esprimere la Resurrezione. Questo giovane rappresenta anche tutti i
cristiani che accettano di essere spogliati della propria vita, per rivestirsi del Cristo risorto. Col
centurione romano che rende omaggio al Crocifisso, ci identifichiamo quando testimoniamo la
nostra speranza cristiana. Potremmo continuare con tutti i personaggi del racconto... In quali ci
riconosciamo?
La passione di Cristo prosegue ancora oggi, sotto i nostri occhi, così come la sua Resurrezione...
Quale ruolo vi svolgiamo? Possiamo avere l'impressione che le nostre vie crucis siano eterne... È
vero! Ma non dimentichiamo che sboccano necessariamente sul sole del mattino di Pasqua; se no, le
nostre croci sono inutili e i nostri cammini non ci portano da nessuna parte...
Buona Settimana Santa!

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