DON ANTONIO

lunedì 5 marzo 2012

PATROCINIO DI SAN BARSANOFIO ABATE ORIA, 20 FEBBRAIO 2012, CATTEDRALE




Carissimi,
per la celebrazione odierna del Patrocinio di San Barsanofio abate, desidero

fermarmi, insieme con Voi, a riflettere su un argomento che il nostro grande
Protettore ha trattato a lungo nel suo epistolario (pensate: ben 100 lettere su 850): la

malattia.
E’ un argomento che tocca tutti e che, analizzato negli insegnamenti del Grande
Anziano, ci permetterà non solo di invocare San Barsanofio come Protettore, ma
anche di conoscerne la spiritualità per impegnarci a seguirla e così giungere più

facilmente alla meta verso la quale siamo orientati: il Regno dei cieli.
Come bisogna considerare la malattia?

Insegna il Catechismo della Chiesa cattolica: “L'uomo dell'Antico Testamento
vive la malattia di fronte a Dio. È davanti a Dio che egli versa le sue lacrime sulla

propria malattia; è da lui, il Signore della vita e della morte, che egli implora la
guarigione. La malattia diventa cammino di conversione e il perdono di Dio dà inizio

alla guarigione. Israele sperimenta che la malattia è legata, in un modo misterioso,
al peccato e al male, e che la fedeltà a Dio, secondo la sua Legge, ridona la vita:

«Perché io sono il Signore, colui che ti guarisce!» (Es 15,26). Il profeta intuisce che
la sofferenza può anche avere un valore redentivo per i peccati altrui. Infine Isaia

annuncia che Dio farà sorgere per Sion un tempo in cui perdonerà ogni colpa e
guarirà ogni malattia”.

Questo tempo è il tempo di Gesù: Egli si commuove dinanzi a tante sofferenze,
si lascia toccare dagli ammalati, e fa sue le loro miserie: «Egli ha preso le nostre

infermità e si è addossato le nostre malattie» (Mt 8,17).
Ma Gesù non ha guarito tutti i malati. Le sue guarigioni erano segni della

venuta del regno di Dio. Annunciavano una guarigione più radicale: la vittoria sul
peccato e sulla morte attraverso la sua pasqua. Sulla croce, Cristo ha preso su di sé

tutto il peso del male e ha tolto il «peccato del mondo» (Gv 1,29), di cui la malattia
non è che una conseguenza. Con la sua passione e la sua morte sulla croce, Gesù ha
dato un senso nuovo alla sofferenza: essa può ormai configurarci a lui e unirci alla
sua passione redentrice (cfr. CCC nn. 1505, 1502, 1505, 1521), e con l’istituzione del

Sacramento dell’Unzione degli Infermi, Gesù ha dato la grazia all’ammalato di
ricevere la forza e il dono di unirsi più intimamente alla passione di Cristo:

l’ammalato viene in certo qual modo consacrato per portare frutto mediante la
configurazione alla passione redentrice del Salvatore. «La sofferenza, conseguenza

del peccato originale, riceve un senso nuovo: diviene partecipazione all'opera
salvifica di Gesù…» (CCC nn. 1505, 1502, 1505, 1521).
Ora, in questa prospettiva, per San Barsanofio la malattia è una tribolazione
privilegiata, cioè indica il privilegio di partecipare in modo più stretto alla Croce di

Cristo.
Scrive il nostro Santo: “E’ detto infatti: “Quando sono debole, allora sono

forte” (2Cor 12, 10). Ma la malattia vale più di una disciplina, ed è considerata come
pratica ascetica o anche di più per colui che la sopporta con pazienza e rendendo

grazie a Dio. E da questa pazienza egli raccoglie il frutto della salvezza” (Ep. 79).
Siamo in prossimità della Quaresima, ed in questo tempo ci sarà richiesto dalla

Chiesa proprio il cammino di ascesi, di purificazione attraverso la penitenza che
serve per addomesticare il nostro corpo e la nostra volontà alla volontà salvifica di

Dio su di noi. Ora la malattia è già di per sé stessa una pratica ascetica: se accolta con
pazienza a rendimento di grazie ci porta alla salvezza.

L’accettazione della malattia è anche una forma di preghiera: “Dove c’è
debolezza, là c’è invocazione di Dio” (Ep. 510); e vale come intercessione per sé

stesso, quando è sopportata con pazienza e rendimento di grazie “poiché questo
ringraziamento intercede presso Dio per l’impotenza del corpo” (Ep. 78). Ma vale

anche come intercessione per gli altri, soprattutto per coloro che sono chiamati a
servire chi è affetto da malattia.

Cosicché, chi soffre nel corpo e offre ciò che unicamente Dio gli richiede, cioè
sopportazione e rendimento di grazie, può più di ogni altro sentirsi in persona

Christi, poiché Cristo stesso si riconosce in lui: “E il re risponderà loro: “In verità io
vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli,

l’avete fatto a me” (Mt 25, 40).




Nel cammino di ascesi, San Barsanofio propone a chi è nella malattia di non
pregare di propria iniziativa di essere guarito, senza sapere ciò che gli gioverà.

Dice l’altro Anziano: “Dunque prega così il Padre, dicendo: Signore, io sono
nelle tue mani, abbi misericordia di me secondo la tua volontà; e se mi giova,

guariscimi in fretta. La stessa cosa chiedi che preghino anche i santi, e credi senza
dubitare che Dio farà per te ciò che ti è utile. E ringrazialo in tutto, ricordandoti

della parola: “Rendete grazie in tutto” (1Ts 5, 18); e gioverà all’anima e al
corpo” (Ep. 384).
Come possiamo notare, l’orientamento del nostro Santo nella malattia è di
affidarsi alla volontà di Dio, il Quale sa se è bene per l’uomo essere liberato dalla

malattia o se deve lasciarlo nella sofferenza perché possa, poi, dargli la ricompensa
della pazienza che produce la salvezza e al tempo stesso dare la ricompensa del

servizio a coloro che sono chiamati a servire chi è ammalato.
E’ necessaria una grande grazia, un grande sostegno dello Spirito santo per

assoggettarsi così alla malattia e viverla con gratitudine: grati, perfino per il fatto che
attraverso la nostra malattia si può divenire tramite per la ricompensa degli altri.

E una tale gratitudine sarà insieme il segno e il premio di chi ha raggiunto la
pienezza della carità, mentre la sopportazione e il rendimento di grazie sono stati il

mezzo per giungervi.
L’augurio che Vi faccio e mi faccio è che nelle inevitabili sofferenze della vita,

possiamo assumere questo atteggiamento di pazienza e gratitudine che ci ha suggerito
San Barsanofio, consapevoli che, nella condizione di debolezza, siamo più

configurati a Cristo sofferente e Salvatore del mondo. Amen.

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