DON ANTONIO

giovedì 9 febbraio 2012

Esaltazione della Santa Croce. 4





LaParrocchia.it
Obbediente fino alla morte di croce

L'ignominia della croce, l'esservi inchiodati, era riservato agli schiavi e ai condannati per le peggiori malefatte. Da sempre l'uomo in quel segno ha visto la morte peggiore e non solo per il tipo di tortura che comportava, ma ancor più per l'umiliazione che infliggeva. Significava essere esposti al pubblico ludibrio e alla peggiore umiliazione. Oggi noi cristiani celebriamo la Croce e la sua esaltazione: celebriamo quel legno perché da strumento di morte è stato reso da Cristo segno visibile di vittoria.

L'uomo Dio sì, è stato anch'Egli legato e crocifisso, ma quando, dopo tre giorni, si è definitivamente sganciato da quella croce, ha liberato se stesso e tutti noi dai vincoli della schiavitù e della morte. «Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'immortalità», dice San Paolo. Lo stesso Gesù aveva preannunciato: «Quando sarò innalzato sulla croce attirerò tutti a me». Questi sono i motivi della nostra festa, per questo noi guardiamo la croce sì, per ricordare l'amore che è stato profuso per noi su quel legno, ma ancor più per magnificare il Signore per la sua e nostra risurrezione. Così è radicalmente cambiata la nostra vita, la vita del mondo: le croci che sempre e comunque ci affliggono e crocifiggono non sono più solo dolore e sconfitta per noi, ma solo passaggio verso una vita nuova. Il dolore senza motivo genera solo disperazione o al più passiva rassegnazione, da quando Cristo ha illuminato di vita la sua croce, noi sappiamo quali finalità sublimi possiamo dare alle nostre più assurde vicende: le condividiamo con Lui per rinascere con lui a vita nuova.

Così quella croce è ormai definitivamente piantata nel cuore e nella vita di ognuno di noi, ma ormai è diventato albero di vita, da cui sgorga energia divina e grazia che santifica. Ai piedi di un albero era iniziata la nostra tragica storia di peccato, da un albero crociato e rinverdito dall'amore di Cristo, obbediente ed immolato per noi, riprende vita la nostra rinascita. Cristo si schioda dalla croce e noi siamo liberati da tutte le nostre schiavitù.

Abbiamo ragione di fare festa oggi e di segnarci ogni giorno con il segno della croce per ricordare la tragedia del peccato e il trionfo dell'amore. Dovremmo ripetere il gesto devoto di gratitudine che compiamo il Venerdì Santo quando adori


don Daniele Muraro
Dio ha tanto amato il mondo

Ad interrompere il normale decorso delle Domeniche dal tempo Ordinario interviene quest?oggi la festa della ?Esaltazione della santa Croce?. Approfittiamo dell?occasione per tornare a riflettere sull?evento centrale della nostra salvezza, quello di cui già si parlava nel Vangelo dell?ultima domenica di Agosto: la morte in croce di Gesù.
Allora l?annuncio della passione era stato prima causa di sdegno da parte di Pietro e poi motivo di ammaestramento a tutti quanti da parte del Signore: ?Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.?
L?evangelista Giovanni ci informa che dello stesso tema Gesù aveva già trattato durante un colloquio privato con un certo Nicodemo. Nicodemo è personalità ragguardevole all?interno della società del tempo e perciò si mette in contatto con Gesù non di giorno alla luce del sole, ma nel corso di un visita notturna, lontano da sguardi indiscreti.
Egli è Dottore della Legge, cioè si dedica allo studio approfondito della Bibbia e in qualità membro del Sinedrio partecipa alle sedute di questo supremo organo giudiziario ebraico quando si riunisce a Gerusalemme. Con tutta evidenza interviene anche al processo contro Gesù e possiamo pensare che nella circostanza si astenne dalla condanna. Forse esce dalla sala della riunione prima della sentenza. In ogni caso, quando Gesù è ormai morto, troviamo Nicodemo sul Calvario, intento a recuperare il corpo del Signore staccandolo dal legno della croce perché poi potesse essere onorato con una degna sepoltura.
Anche se non abbiamo notizie di una sua evidente conversione, possiamo dire che fin dal principio egli non fu pregiudizialmente contrario alla persona di Gesù e al suo messaggio e al momento cruciale seppe esporsi per un?opera di misericordia e di ossequio. Di sicuro i ragionamenti che Gesù scambia con lui durante i colloqui notturni nel suo animo avevano lasciato il segno.
Come si conviene durante il colloquio con uno dei maestri in Israele, Gesù parla a Nicodemo in maniera elaborata facendo leva sulla sua cultura religiosa scritturistica.
Nicodemo conosce bene la storia del serpente di bronzo che Mosè aveva fatto fare per liberare dal morso velenoso di serpenti veri. Siamo nel deserto, durante i quarant?anni di pellegrinaggio prima di entrare nella terra promessa. Dopo le proteste di quelli che non sopportavano più il viaggio e i disagi che l?ambiente inospitale comportava erano spuntati fra la sabbia delle dune delle serpi la cui puntura provocava ferite mortali. Esse bruciavano nella carne come fossero state arroventate al fuoco fino al decesso. Un gran numero d?Israeliti perde la vita e così Dio interviene per alleviare la piaga e ordina a Mosè di fondere un simulacro di serpente in bronzo, rossastro anche lui come il fuoco, ma salutifero.
Quando qualcuno resta morsicato, se si gira subito e guarda verso l?asta alla cui sommità era stato collocato il serpente di bronzo, costui resta in vita.
A Nicodemo Gesù spiega che questi fatti valgono come preannuncio della vera e definitiva salvezza che Dio concede a tutto il popolo attraverso di Lui. Però come fu necessario innalzare il serpente nel deserto perché tutti potessere guardare verso quella effige, allo stesso modo sarebbe stato necessario che Lui stesso salisse sopra una croce.
Chi si rivolgeva con fede verso il serpente di bronzo otteneva che il veleno che lo tormentava fosse neutralizzato. In maniera simile allo scopo di eliminare il tossico del peccato dall?animo umano Dio aveva scelto di innalzare un segno di guarigione e di salvezza per tutti e sarebbe stato il Figlio di Dio inchiodato sulla croce con le braccia spalancate ad accogliere quelli che si rivolgevano a Lui.
Si tratta di una rivelazione straordinaria che non avrà mancato di turbare il dotto Nicodemo e di cui Egli si sarà sforzato di afferrare il significato giusto. Come poteva un uomo parlare con tanta libertà della sua morte e poi prevedendola per sé in modo così violento e disonorante?
Sappiamo dagli autori romani che il supplizio della croce era riservato agli schiavi. Ne troviamo l?eco anche nell?inno di san Paolo che fa da seconda lettura: venendo fra noi Gesù assunse ?una condizione di servo?, cioè di schiavo, e si fece obbediente ?fino alla morte e, sottolineato, a una morte di croce?.
Qualche decennio prima il grande uomo di stato Cicerone aveva scritto: ?Perfino la semplice parola croce deve stare lontana, non solo dalle labbra dei cittadini romani, ma anche dai loro pensieri, dai loro occhi, dalle loro orecchie?.
Cicerone intendeva proporre ai suoi concittadini romani un cammino di civiltà, quella che ai nostri giorni ha portato all?abolizione della tortura e della pena di morte, eppure le violenze al mondo non sono finite.
Ogni giorno tornano di tragica attualità ogni genere di soprusi e di stermini. Fame, guerra, ferocia, odio non cessano di mietere vittime sul pianeta terra.
Di fronte a scene di questo tipo, guardare da un?alta parte talvolta non solo è consigliabile ma è anche necessario se si vuole mantenere il proprio equilibrio mentale. Però non si può sempre ignorare il male e la violenza che c?è nel mondo. Come comportarsi allora? La liturgia di oggi ci invita a guardare con fede al Crocifisso per ricevere da lui la guarigione dai morsi del peccato prima origine di ogni altro male fisico e morale.
Nel passato di fronte a ciò che superava la capacità di reazione umana si alzavano spesso gli occhi al cielo, ai nostri giorni questo atteggiamento sta diventando meno frequente. In ogni caso la croce di Gesù sta lì sospesa fra cielo e terra a dirci che non possiamo rivolgersi a Dio se non passando attraverso il sacrificio del suo Figlio Gesù, ma nemmeno possiamo ignorare l?ombra di sollievo e di ammonimento che questa croce spande sulle vicende umane.
C?è una croce piantata sulla terra così saldamente che nessuna forza umana la può svellere, le sue braccia sono così ampie che possono coprire l?orizzonte intero e la sua sommità è così alta che arriva al cielo: è la croce di Gesù che noi oggi veneriamo.


padre Paul Devreux


Oggi la festa dell'Esaltazione della Croce, nata nel 335 quando Costantino ed Elena inaugurarono la basilica che sta sul Golgota e sul Santo Sepolcro.

E' importante domandarsi se io esalto la croce, perché è il segno che ne ho capito il significato e la salvezza che ne deriva; salvezza da un'immagine di Dio che non corrisponde a quella che Gesù è venuto a rivelarci, salvezza che comincia con la conoscenza di questo Dio.

Gesù dice che è disceso dal cielo e quindi può parlare e spiegare chi è questo Dio, e per farlo bisogna che sia innalzato sulla croce.Questo è un discorso scandaloso per i Giudei e stoltezza per i pagani dice San Paolo. Scandaloso perché consideravano che il segno della benedizione di Dio è lo stare bene in tutti i sensi, mentre l'andare in croce era segno di maledizione e abbandono di Dio; questa è una mentalità che abbiamo un poco ancora oggi, tanto è vero che ci scandalizziamo se un giovane o una persona da bene si ammala, muore o subisce un'ingiustizia qualsiasi. I pagani considerano che un re è uno che va elevato su un trono, è uno che ha potere. Finire in croce è tutto il contrario.

Come facciamo noi ad esaltare una situazione che per tutti è una disgrazia? Lo facciamo chiaramente alla luce della risurrezione che ci apre la prospettiva della vita eterna, ma per ottenere questo bastava che Gesù morisse di una qualsiasi morte naturale e risorgesse dopo qualche giorno. La morte in croce invece è necessaria per rivelarci un Dio che si lascia trattare così. La sua onnipotenza si rivela proprio in questa capacità di continuare ad amare l'uomo malgrado il fatto che l'uomo da sempre lo rifiuta, lo fraintende, dice male di lui e tende ad ucciderlo. Questo smonta ogni immagine di un Dio autoritario e da tenere buono con sacrifici, pratiche religiose, ecc.

Dio ama l'uomo perché è la sua creatura e se la voleva diversa la faceva diversa.

Capire questo apre il cuore e la mente alla scoperta di un Dio veramente grande, e io mi rendo conto che esaltare questa croce e non la mia bontà, i miei sacrifici, è il segno che sto intravedendo dalla croce, la totale gratuità di Dio nei miei confronti.


http://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20110914.shtml

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