DON ANTONIO

mercoledì 22 febbraio 2012

DOMENICA «DELLE TENTAZIONI NEL DESERTO»I Domenica di Quaresima B



DOMENICA
«DELLE TENTAZIONI NEL DESERTO»
I Domenica di Quaresima B
Mc 1,12-15; Gen 9,8-15; Sal 24; 1 Pt 3,18-22
Colletta II
Dio paziente e misericordioso,
che rinnovi nei secoli la tua alleanza con tutte le generazioni,
disponi i nostri cuori all'ascolto della tua parola,
perché in questo tempo che tu ci offri
si compia in noi la vera conversione.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
La «buona notizia», che ci viene dall’ascolto delle letture odierne può essere sintetizzata in questo
modo: Dio è con noi nella lotta per la vita e va innanzi, come alleato e amico, per liberarci dalla morte e
avviarci verso la pienezza dell’esistenza. Con instancabile “passione” per l’uomo, studia di far breccia nel
cuore umano, troppo spesso angosciato dalla tristezza, abbrutito dall’odio, per proporgli la strada
dell’amore e del dialogo salvifico con lui.
Come già abbiamo detto e poi verificato, testi alla mano, lo scorso anno, ribadiamo ancora una
volta che la Quaresima «prepara» alla Resurrezione: ma solo come tempo.
Come contenuti, invece, celebra la Resurrezione, in specie nelle sue Domeniche (sulla duplice indole cf
SC 109 e 110 del Concilio Vaticano II).
Nel lezionario domenicale, che comprende i tre cicli di letture, è stato disposto che l’anno A, sia come il
prototipo di quello che deve essere questo tempo liturgico. Per la grande importanza che i brani biblici del
Ciclo A hanno in rapporto all'iniziazione cristiana è data la possibilità di proclamarli anche negli anni B e
C, specialmente se ci sono dei catecumeni. Sono stati perciò conservati, nella I e nella II domenica, i temi
tradizionali delle tentazioni del Signore e della Trasfigurazione, che per di più sono comuni ai tre cicli,
ma sono stati ricuperati, per le domeniche III, IV e V, gli Evangeli classici della Quaresima catecumenale:
la samaritana, il cieco nato e la resurrezione di Lazzaro.
Queste domeniche negli anni B e C, si occupano di aspetti del mistero pasquale e della chiamata alla
conversione.
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La domenica delle Palme si concentra sulla proclamazione della Passione del Signore, letta ogni
anno nel testo di uno degli evangelisti sinottici, esattamente come si fa nelle domeniche I e II nelle quali
gli episodi delle tentazioni e della trasfigurazione sono presi da uno dei detti evangelisti.
L'episodio delle tentazioni proclamato dalla liturgia di questa domenica, non è solo un momento decisivo
nella vita di Gesù, ma è, più ancora, il dramma di Adamo nel paradiso terrestre, di Israele nel deserto e di
ogni cristiano in questa vita.
«Eri in Cristo ed eri tentato tu» dirà sant'Agostino, mentre il prefazio della messa ci svela il senso di
questa prima domenica quaresimale:
Egli (Gesù) consacrò l'istituzione del tempo penitenziale
con il digiuno di quaranta giorni,
e vincendo le insidie dell'antico tentatore
ci insegnò a dominare le seduzioni del peccato,
perché celebrando con spirito rinnovato il mistero pasquale
possiamo giungere alla Pasqua eterna.
Tutti gli altri testi biblici e liturgici di questa dom. girano intorno a questo grande contenuto
fondamentale; le letture dell’A.T. ci presentano i primi momenti dell'uomo e del popolo di Dio, momenti
di tentazione e di caduta. Le seconde letture completano il messaggio facendoci riflettere sul peccato, sul
battesimo e sulla fede.
Il cristiano vincerà la tentazione solo se terrà sempre presente il grande avvertimento, valido per l'intera
Quaresima e per l'intera vita: «Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di
Dio» (Mt 4,4 = Dt 8,3; vedi versetto del canto all’evangelo). Cibo principale del credente è lo stesso
cristo, che ci si offre sulla duplice mensa della Parola e del sacramento:
Il pane del cielo che ci hai dato, o Padre,
alimenti in noi la fede,
accresca la speranza,
rafforzi la carità,
e ci insegni ad avere fame di Cristo,
pane vivo e vero,
e a nutrirci di ogni parola che esce dalla tua bocca.
Per Cristo nostro Signore.(Dopo Com.).
Il contesto della pericope evangelica è il battesimo del Giordano, immediatamente precedente, e
l'inizio della predicazione in Galilea. La breve informazione marciana sul digiuno di 40 giorni nel deserto
e sulla tentazione è ampliata da Matteo e Luca in una triplice tentazione. Una fonte scritta comune per Mt
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e Lc non è ovvia; se c'è una fonte comune, uno dei due evangelisti l'ha sfruttata con una certa libertà. Le
citazioni bibliche sono identiche nei due evangeli. L'ordine della seconda e della terza tentazione è
invertito in Lc rispetto a Mt; l'ordine di Mt sembra avere un crescendo deliberatamente voluto.
Il brevissimo brano evangelico di Marco è distinto in due momenti molto diversi:
 Primo momento (vv. 12-13) è quello delle tentazioni di Gesù, sulle quali Marco non dice altro.
 Il secondo momento (vv. 14-15) è quello degli inizi del ministero pubblico in Galilea.
Sempre laconico, Marco concentra grandi temi che la catechesi apostolica certamente sviluppava.
Per dare maggior respiro alla brevissima pericope delle tentazioni (1,12-13), il brano liturgico propone
anche i due versetti seguenti (vv. 14-15) che presentano l'inizio della predicazione di Gesù in Galilea.
Non dimentichiamo però che gli stessi versetti sono già stati letti nella 3a domenica del Tempo ordinario.
Esaminiamo il brano
vv. 12-13 Appena un accenno a quanto dicono gli altri due sinottici; una narrazione brevissima con uno
stile semplice e descrittivo. Il brano evangelico proposto in questa domenica è estremamente ridotto. Sarà
opportuno comunque rimanere fedeli al testo del secondo evangelista e non cedere alla tentazione di
commentare la versione più nota degli altri due.
«Lo Spirito lo sospinse nel deserto»: L'evangelista adopera un verbo quasi violento: ekbállei è un
presente storico, da ek-bállō (= 'gettare fuori'), e indica l'azione di spingere qualcuno fuori da un
ambiente. Con forza cioè lo Spirito Santo lo tirò fuori dalla folla che circondava il Battista, per spingerlo
nella solitudine del deserto, luogo tipico della prova e della verifica. L'evangelista vuole così sottolineare
che a tale azione spirituale Gesù fu docile.
«lo Spirito»: tò pneûma con articolo anche in greco; il che rimanda spontaneamente allo Spirito Santo
menzionato prima (vv. 8 e 10). Gesù non va nel deserto di sua spontanea volontà. Quello stesso Spirito
che rese possibile la sua generazione (Mt 1,20) ed era venuto visibilmente su di lui per mostrare a tutti il
compiacimento del Padre (Mc 1,10-11), ora lo conduce nel deserto come aveva condotto il popolo eletto
(Dt 8,2).
Secondo la tradizione, teatro delle tentazioni fu la zona desertica intorno a Gerico (deserto della Giudea),
non lontano dal luogo del battesimo (zona, sempre secondo la tradizione, individuata con El Maghtas,
circa 9 Km a est-sud est di Gerico).
I visitatori di Tell es-Sultan (la Gerico dell'A/T.) godono un'ottima vista del tradizionale Monte delle
Tentazioni (la tradizione risale al VII secolo) sulla cui cima Satana offrì a Gesù tutti i regni della terra a
patto che si prostrasse per adorarlo.
II nome arabo della montagna, Jabal Quruntul, deriva evidentemente dalla parola francese quarante
introdotta dai crociati in ricordo dei quaranta giorni delle tentazioni.
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«deserto»: è il luogo della penitenza e della prova, ma anche dell'incontro con Dio e della preghiera (Os
2,16).
In vari testi è presentato pure come il luogo in cui Satana vaga (Mt 12,43; Lc 11,24; Tb 8,3; Is 13,21;
34,14).
Soprattutto, però, si deve tenere presente l'esperienza unica di Israele, che nel deserto aveva ricevuto la
sua formazione. In qualche modo da Dio e saggiato nella sua fedeltà all'alleanza sinaitica, e «tentatore» a
sua volta di Dio nell'esigere da lui continui interventi miracolosi (cf Dt 8,2-6; Sal 95,8-10).
«quaranta giorni»: cifra tonda, consacrata dalla tradizione biblica.
«tentato»: in gr. peirázō nel linguaggio biblico ha un duplice significato: «mettere alla prova, saggiare» e
«far deviare dalla retta via». Nel nostro brano prevale il secondo significato e l'azione deve intendersi
estesa per tutti i 40 giorni (cf participio presente in greco).
«da satana»: trascrizione dall'ebr. satan, aramaico satana, che significa propriamente «il nemico»,
«avversario» (cf 1 Re 11,14.23), l'accusatore dell'uomo per rovinarlo e rovinare il Disegno divino (cf tutto
Giobbe).
I LXX lo resero con «diavolo» (alla lettera «il divisore», gr. dia-bàllò,) e così fanno pure Mt e Lc nelle
narrazioni parallele.
Marco usa sempre «satana» (cfr. 3,23.26; 4,15; 8,33).
II genere delle tentazioni non è precisato, ma la vita di Gesù sulla terra sarà tutta punteggiata da un
continuo combattimento contro le potenze del male, impersonate da satana, il nemico di Dio (cfr. 3,22-
27).
«stava con le fiere»: è una notazione esclusiva di Me. Gli animali più comuni del deserto sono: gazzelle,
sciacalli, lupi, iene, serpenti e anticamente in Palestina non mancavano nemmeno i leoni.
Per Giovanni Crisostomo (vescovo e dottore della Chiesa, nato nel 347 e morto il 14 sett. del 407) e per
alcuni esegeti, anche moderni, questo particolare ha un valore semplicemente descrittivo, quasi a
sottolineare la realtà della permanenza di Gesù nel deserto.
Per altri, invece si deve interpretare come un parallelismo con Adamo nel paradiso terrestre; egli è come
il nuovo e perfetto Adamo che vive nel giardino del mondo in pace con tutte le creature.
Naturalmente non nel senso che gli animali selvatici insidiano la vita di Gesù o che sono strumenti nelle
mani di satana; ma più semplicemente come un ritorno a quella pace, serena e tranquilla, con tutti gli
esseri della natura, che Adamo godeva prima del peccato. E' la pace di chi è vicino a Dio e gode della sua
protezione (cfr. Sal 91,13; il celebre brano di Is 11,6-8).
«gli angeli lo servivano»: il verbo dell'originale greco (diakonéō) può essere preso nel senso particolare
di «servire a mensa, apparecchiare il cibo» (cfr. Mc 1,31) e indicherebbe che Gesù viene «servito» dopo
aver digiunato.
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Oppure si prende nel senso più generico di «assistere, stare presso qualcuno per prestargli dei servizi»
(cfr. Sal 91, dove sono ricordate le prove, il demonio, le fiere e gli angeli; si veda anche in 1 Re 19,8,
dove Elia è servito da un angelo nel deserto). Quale che sia il particolare sta ad indicare una
singolarissima assistenza da parte di Dio, il quale non permette che il suo eletto soccomba alla fame, alla
tentazione o a qualunque altro male; ma indica anche la superiorità e la vittoria di Gesù su satana, vittoria
che da Marco non è riportata esplicitamente.
Gesù si lasciò guidare dallo Spirito nel momento cruciale della riflessione e della decisione: la rivelazione
del Giordano l'ha presentato come il Messia, ma non era così scontato e sicuro capire chi fosse il Messia,
che cosa dovesse fare e come dovesse farlo. Gesù deve scegliere. E vuole scegliere secondo la volontà di
Dio.
Marco non esplicita le tentazioni di Gesù; ma trasmette solo la notizia del ritiro di Gesù nel deserto e la
presentazione del fatto che è stato tentato. Durante tutta la sua vita si è ripetutamente posto il problema
della sua messianicità: la gente che lo ascolta e lo applaude ha tante idee diverse del Messia, ognuno
vorrebbe che Gesù corrispondesse alla propria. I suoi stessi discepoli hanno consigli da dargli e proposte
alternative; di fronte all'annuncio della passione, Pietro lo prende in disparte e lo rimprovera; fino
all'ultima tentazione sulla croce, quando molti gli gridano: «Salva te stesso scendendo dalla croce!» (Mc
15,30). Durante tutta la sua vita Gesù è stato tentato di scegliere altre strade e altri modi.
vv. 14-15 - «Giovanni fu arrestato»: nell'accenno dell'arresto Gv Battista è mostrato precursore anche
nella passione, oltre che nella nascita e nella predicazione di Gesù.
Nell'esporre, sia pure in sintesi, la predicazione del maestro, Mc è più specifico degli altri evangelisti; la
delinea infatti non con due (Mt 4,17) ma con quattro fasi:
1. «il tempo è compiuto» riassume il senso della storia della salvezza, nella quale più che la
quantità (chrònos), conta la qualità del tempo (kairòs).
2. «il regno di Dio è vicino»: Dio si è avvicinato agli uomini e fa sentire la sua presenza
nell'opera salvifica di Gesù; ma spetta agli uomini rispondere alla chiamata e sottomettersi
docilmente alla sua sovranità, facendo quanto Gesù richiede con i due imperativi:
convertitevi e credete.
3. «convertitevi»: (gr. metanoéō) non è un semplice riconoscimento dei propri errori, ma di un
cambiamento radicale dell'uomo; cambiamento che è poi un ritorno a Dio da cui l'uomo si
era allontanato con il peccato.
4. «credete all’evangelo»: credete in forza dell’evangelo.
«si è avvicinato»: La forma verbale di engízō non significa che è un po' più vicino di prima, ma afferma
che è proprio qui, è arrivato, ci siamo! Lo stesso verbo ritorna ancora sulle labbra di Gesù, quando nel
Getsemani sveglia gli apostoli per dire loro che il traditore «è qui» (Mc 14,42) e, mentre ancora sta
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parlando, Giuda gli si accosta. Dunque Gesù dice che «il regno di Dio è qui!»: finalmente Dio interviene
per prendere in mano la sorte del mondo e cambiarla. E nella persona stessa di Gesù Dio è all'opera per
cambiare il mondo.
Colletta I
O Dio, nostro Padre,
con la celebrazione di questa Quaresima,
segno sacramentale della nostra conversione,
concedi a noi tuoi fedeli di crescere
nella conoscenza del mistero di Cristo
e di testimoniarlo con una degna condotta di vita.
Per il nostro Signore...
lunedì 20 febbraio 2012
Abbazia Santa Maria di Pulsano
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