DON ANTONIO

domenica 5 febbraio 2012

Esaltazione della Santa Croce.





Eremo San Biagio
Commento su Filippesi 2,9-11

Dalla Parola del giorno

Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!» (Fil 2,9-11)

Come vivere questa Parola?

La festività odierna accosta due termini che sembrano l'uno la negazione dell'altro: esaltazione e croce.

Nel linguaggio comune, infatti, croce è sinonimo di sofferenza e ai tempi di Gesù rappresentava un patibolo infame e infamante. La Bibbia stessa la stigmatizzava dichiarando maledetto chi pendeva da essa (cf Dt 21,23), mentre i Romani riservavano questo supplizio agli schiavi e ai malfattori più abietti, escludendone comunque sempre chi aveva la cittadinanza romana. Qualcosa, dunque, dinanzi alla quale ritrarsi inorriditi.

Eppure è proprio sulla croce che si rivela la sovrana signoria di Cristo. È Gesù stesso a dichiararlo: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono" (nome proprio di Dio) (Gv 8,28), e Paolo, nella lettera di oggi, completa: dinanzi al suo inabissarsi fino ad assaporare la morte e la morte di croce, ogni ginocchio si pieghi e ogni lingua proclami che egli è il Signore.

Un rovesciamento totale di prospettiva che non è indifferente. Là dove la sapienza umana si ritrae gridando allo scandalo e all'insipienza (cf 1Cor 1,23), la sapienza di Dio apre un varco di luce capace di riscattare dal non-senso e di rilanciare verso una pienezza di vita già qui e ora.

Sosterò, quest'oggi, dinanzi alla croce, lasciando emergere ciò che essa provoca dentro di me: scandalo e ripulsa o umile e riconoscente amore?

Ti adoro, o croce santa, feritoia da cui filtra la luce della vita, tacito invito ad accogliere l'amore e a rifrangerlo nei più umili frammenti del quotidiano.

La voce di un Dottore della Chiesa

La Croce è la massima rivelazione della potenza di Dio. La potenza di Dio è infatti la potenza del suo Amore. Ora la potenza dello amore non consiste nel dimostrare una tale forza da costringere il cuore dell'amato a corrispondere, togliendogli ogni libertà. La forza dell'amore consiste semplicemente nel dimostrarsi: nulla è più forte dell'amore nella sua debolezza, nulla è più debole nella sua forza.
S. Pietro Crisologo.

Monaci Benedettini Silvestrini
Obbediente fino alla morte di croce.

L'ignominia della croce, l'esservi inchiodati, era riservato agli schiavi e ai condannati per le peggiori malefatte. Da sempre l'uomo in quel segno ha visto la morte peggiore e non solo per il tipo di tortura che comportava, ma ancor più per l'umiliazione che infliggeva. Significava essere esposti al pubblico ludibrio e alla peggiore umiliazione. Oggi noi cristiani celebriamo la croce e la sua esaltazione: celebriamo quel legno perché da strumento di morte è stato reso da Cristo segno visibile di vittoria. L'uomo Dio sì è stato anch'Egli legato e crocifisso, ma quando dopo tre giorni, si è definitivamente sganciato da quella croce, ha liberato se stesso e tutti noi dai vincoli della schiavitù e della morte. «Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'immortalità», dice San Paolo. Lo stesso Gesù aveva preannunciato: «Quando sarò innalzato sulla croce attirerò tutti a me». Questi sono i motivi della nostra festa, per questo noi guardiamo la croce sì per ricordare l'amore che è stato profuso per noi su quel legno, ma ancor più per magnificare il Signore per la sua e nostra risurrezione. Così è radicalmente cambiata la nostra vita, la vita del mondo: le croci che sempre e comunque ci affliggono e crocifiggono non sono più solo dolore e sconfitta per noi, ma solo passaggio verso una vita nuova. Il dolore senza motivo genera solo disperazione o al più passiva rassegnazione, da quando Cristo ha illuminato di vita la sua croce, noi sappiamo quali finalità sublimi possiamo dare alle nostre più assurde vicende: le condividiamo con Lui per rinascere con lui a vita nuova. Così quella croce è ormai definitivamente piantata nel cuore e nella vita di ognuno di noi, ma ormai è diventato albero di vita, da cui sgorga energia divina e grazia che santifica. Ai piedi di un albero era iniziata la nostra tragica storia di peccato, da un albero crociato e rinverdito dall'amore di Cristo, obbediente ed immolato per noi, riprende vita la nostra rinascita. Cristo si schioda dalla croce e noi siamo liberati da tutte le nostre schiavitù. Abbiamo ragione di fare festa oggi e di segnarci ogni giorno con il segno della croce per ricordare la tragedia del peccato e il trionfo dell'amore. Dovremmo ripetere il gesto devoto di gratitudine che compiamo il Venerdì Santo quando adoriamo la croce di Cristo e imprimiamo su di essa l'impronta del nostro amore.

Movimento Apostolico - rito romano
Così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo

Il Figlio dell'uomo è salito al cielo con la sua gloriosa risurrezione: "Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand'ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo»" (At 1,9-11). È disceso dal Cielo perché Lui è il Verbo eterno del Padre: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato" (Cfr Gv 1,1-18). Questa è la duplice verità di Cristo Gesù: Verbo Incarnato disceso, Verbo Incarnato Risorto asceso. Verbo che sempre discende per noi nel mistero dell'Eucaristia.
Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Come si crede in Cristo Gesù per avere la vita eterna? Come si accoglie questo dono del Padre? In Gesù si crede, credendo in ogni sua Parola. Lui si accoglie, accogliendo ogni sua Parola. Gesù e la Parola sono una cosa sola. Tutto è però dalla sua Parola. Si ascolta la sua Parola, la si accoglie, si crede in essa, la si vive in ogni sua parte, anche nei minimi precetti, Cristo viene a noi con tutta la sua potenza di grazia e di verità, viene a noi come verità, via, vita. Con Lui prendono dimora in noi il Padre e lo Spirito Santo. Con l'abitazione in noi della Beata Trinità la vita si trasforma, inizia ad elevarsi nella fede, nella speranza, nella carità. L'uomo acquisisce una nuova sensibilità morale. Il suo spirito si affina e si trasforma, fino a raggiungere le vette della perfetta conformazione alla volontà di Dio.
Tutto è dalla Parola e tutto è in essa. Tutto è anche per la Parola. Quando il discepolo di Gesù entra nella Parola, questa lo spinge ad essere suo missionario, invitando il mondo intero ad accogliere Lui per avere la vita eterna. Il cristiano diviene un vero messaggero di speranza, alla maniera di Paolo: "Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù. Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna". (1Tm 1,12-17). Chi non si trasforma in missionario, in creatore di vera speranza, ancora non crede veramente in Cristo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, dateci la vera fede in Gesù.

http://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20110914.shtml

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