DON ANTONIO

domenica 29 aprile 2012

Foglietto 29 aprile 2012 (Famiglie Visitazione) BOSE





Giovanni 10,11-18
1) Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà (lett: pone) la propria vita per le pecore: Gesù usa la similitudine del pastore e delle pecore. Pochi versetti prima si dice: Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro (Gv 10,6).
Il discorso è all’interno di un’aspra discussione con i giudei ed è molto lontano dai toni bucolici di una certa letteratura pastorale. Tra i riferimenti all’AT, il più vicino sembra essere Ez 34, dove, dopo una invettiva contro i pastori di Israele che pascono se stessi, si dice: Susciterò per loro un pastore che le pascerà, il mio servo Davide. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore (Ez 34,23). Gesù è quel pastore, lui non esita a porre la sua vita per le sue pecore.
2) Il mercenario… vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde: è entrato in scena il nemico. Il mercenario è come i pastori di Ez 34, può solo pensare a difendere la sua vita, lasciando le pecore in preda al nemico. Il termine “disperde” evoca le sconfitte più amare di Israele, seguite dalla dispersione presso popoli stranieri.
3) Perché è un mercenario e non gli importa delle pecore: anche se in negativo, si intravede il legame forte tra il pastore e le sue pecore: sono sue, gli importa di loro.
4) Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me: adesso è espresso in positivo. Conoscere non è una cosa astratta, nella scrittura indica una relazione di amore.
5) E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: il discorso si allarga in una prospettiva universale, non riguarda più solo il recinto di Israele.
6) Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore: il discorso si rivolge al futuro, il porre la vita del pastore porta a questo allargamento del gregge. In Gv 11,51, l’evangelista, dopo aver parlato della congiura dei sacerdoti e dei farisei e della sentenza finale di Caifa, commenta: profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.
7) Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo: Gesù ritorna all’orizzonte immediato della sua morte e risurrezione e fa una rivelazione decisiva. L’atto di porre la vita è interno alla relazione d’amore tra il Padre il Figlio. Si potrebbe dire in modo semplice: Dio Padre è fatto così, il sacrificio di Gesù lo manifesta.
8) Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo: dare la vita è il frutto di un potere dato a Gesù dal Padre, strettamente legato al potere della risurrezione. È una prospettiva completamente rovesciata rispetto ad un’esistenza umana occupata inevitabilmente a tenersi stretta la vita. Per Gesù la vita può essere illuminata dal potere dell’amore di Dio e inviterà i suoi discepoli a seguirlo nella via della croce: chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà (Lc 9,23).


Atti 4,8-12
1) Allora Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: Pietro, umile pescatore, parla con fermezza ai massimi esponenti del popolo ebraico perché è animato dallo Spirito. Cfr. la profezia di Gioele che ci parla del Giorno del Signore: «Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo …» (Gl 3,1).
2) Visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo: insieme a Pietro è interrogato anche l’apostolo Giovanni sul miracolo della guarigione del paralitico che ogni giorno, presso la porta del tempio detta Bella, chiedeva l’elemosina a coloro che entravano nel tempio (cfr. At 3,1ss).
3) Nelnome di Gesù Cristo il Nazareno… costui vi sta innanzi risanato: anche queste parole sono fondate sulla profezia di Gioele: chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvato (Gl 3,5 ). La Potenza del nome di Gesù (in ebraico significa Dio è salvezza) è alla base della vita cristiana personale (ognuno di noi è stato battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo) e comunitaria (la Messa e ogni preghiera iniziano in ugual modo). In merito al “nome di Gesù” cfr. il cantico dei primi vespri della domenica: per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra (Fil 2,9s).
4) Che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti: il sacrificio del Signore fino a morire è così potente che comporta l’intervento del Padre che sconfigge definitivamente il nemico supremo (la morte). Cfr. il Salmo 116,5: agli occhi del Signore è preziosa la morte dei suoi fedeli che introduce ciascuno di noi al mistero della morte.
5) Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d'angolo: questa citazione è tratta dal Salmo 117 che è il salmo responsoriale di questa domenica. È un salmo eminentemente pasquale in quanto celebra la passione, risurrezione e ascensione del Signore. Gesù riferisce queste parole a se stesso parlando ai capi dei sacerdoti e ai farisei: non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d'angolo…? Perciò io vi dico: “a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti. Chi cadrà sopra questa pietra si sfracellerà; e colui sul quale essa cadrà, verrà stritolato” (Mt 21,42ss). Crisostomocosì commenta questo salmo: I costruttori sono i giudei, i dottori della legge, gli scribi e i farisei che lo rifiutarono. Non una pietra qualunque è atta a essere pietra angolare. È necessaria la pietra scelta, capace di unire due muri. Il profeta dice qui: respinto dai giudei e tenuto in nessun conto, è apparso talmente ammirabile che non solo si integra nell’edificio, ma è lui che riunisce e tiene insieme i due muri. Quali muri? I credenti, i giudei e i gentili.


1Giovanni 3,1-2
1) Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio e lo siamo realmente: l’invito dell’apostolo è a considerare quanto grande sia l’amore con cui Dio gratuitamente ama. Chiunque confessa che Gesù è il figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio. La paternità di Dio avvolge coloro che sono divenuti suoi figli per aver accolto il Verbo da Lui mandato: a quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati (Gv 1,12ss.). I figli di Dio sono tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio: voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà! Padre (Rm 8,15).
2) Per questo il il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto Lui: la non conoscenza è la fatica a riconoscere e ad accogliere Gesù, il Verbo che si è fatto carne: la luce vera che illumina ogni uomo: veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di Lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non l'hanno accolto (Gv 1,10ss).
3) Noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui: i figli di Dio ora, sulla terra, si vedono in coloro che compiono la giustizia e in chi ama i propri fratelli. I figli di Dio vivono sulla terra con la mente rivolta al Padre, consumandosi nell'amore degli uomini: se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria (Col 3,1ss).


SPIGOLATURE ANTROPOLOGICHE


È una nuova interpretazione della vicenda umana quella che oggi propongono le Scritture cristiane. Non più la divisione tra buoni e cattivi. Non più l’alternativa tra premio e punizione. Non più il legame tra male e colpa. Non più la connessione tra colpa e pena. Ma la vita nuova creata dalla Persona e dalla vicenda di Gesù di Nazareth. E prima di tutto il suo rapporto di custodia e guida svelato attraverso l’immagine del pastore e delle pecore del gregge. Custodia e guida che si compiono con l’offerta da parte del pastore della sua stessa vita. Offerta della vita davanti all’aggressione del lupo, simbolo del mistero negativo nemico dell’umanità. Il lupo viene vinto con l’offerta della vita da parte del pastore. Il lupo è simbolo del male e della sua aggressività contro l’umanità. Il pastore è la nuova via della salvezza, ottenuta non attraverso l’uccisione del nemico ma con l’offerta della vita del pastore. È anche la fine di un regime mercenario dove ognuno è solo con se stesso e con la sua fragilità, perché al mercenario le pecore non interessano e fugge davanti al lupo. Nel regime del mercenario proprio le pecore aggredite vengono lasciate sole! Le pecore sono la figura di un’umanità raccolta dall’amore dell’unico pastore e non più divisa. Anzi. Il gregge raccolto nel recinto, che rappresenta la vicenda di Israele, viene a sapere che ci sono altre pecore che del recinto non fanno parte, e che il pastore considera sue. Anche quelle Egli deve guidare nella via della liberazione e della salvezza.
Lo splendore di questa immagine sfocia nell’esclamazione estatica di Giovanni: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio!”. L’immagine delle pecore fluisce nella realtà dei figli. Quali titoli hanno per essere chiamati, e per essere realmente, figli di Dio? Semplicemente l’amore che il Padre ha per loro e che a loro ha “mandato” nel suo Figlio Gesù. Rispetto ad un “mondo” ancora prigioniero del Male il “gregge” dei figli appare misterioso, inconoscibile, perché eletto e immerso in una concezione antimondana della realtà umana: appunto, non più i buoni e i cattivi e i premiati e i puniti delle sapienze e delle credenze mondane, ma gli amati figli del Padre di Gesù. Tutto questo non si traduce in una mondana “visibilità”. È un’appartenenza misteriosa e, come dicevamo, umanamente indecifrabile, ma ormai nel campo del mondo è nascostamente presente il tesoro del Regno. La perla preziosa è stata finalmente trovata.
Se rimanesse qualche incertezza circa l’assoluta gratuità della chiamata e della guida del pastore, si può attingere oggi alla grande audacia dell’Apostolo Pietro che in un delicato discorso pronunciato davanti alla cittadinanza giudaica che ha messo in croce Gesù, da una parte audacemente denuncia il grande male commesso da chi, dopo averlo atteso per secoli, ha scartato Gesù, la “pietra d’angolo” del nuovo edificio della salvezza, un tempio non più di pietra, ma fatto da uomini e donne che seguono il Signore Gesù e che tra loro accolgono tutti quelli che da Lui sono chiamati. Ma lo stesso male che gli uccisori hanno commesso è diventato anche per loro fonte e grembo di salvezza.

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