DON ANTONIO

domenica 15 aprile 2012

DIETRICH BONHOEFFER – cospiratore evangelico.



Quando la disubbidienza civile diventa vocazione cristiana.
Herbert Anders


Fare ed osare
non una cosa qualsiasi,
ma il giusto;
non ondeggiare nelle possibilità,
ma afferrare coraggiosamente il reale;
non nella fuga dei pensieri,
solo nell’azione è la libertà.
Lascia il pavido esitare
ed entra nella tempesta degli eventi
sostenuto solo
dal comandamento di Dio e dalla tua fede
e la libertà
accoglierà giubilando il tuo spirito.1


1. Introduzione
Il 20 luglio 1944, ca. 9 mesi prima della fine della guerra, esplode una bomba nell’ufficio di
Adolf Hitler, cancelliere del 3. Reich. Hitler ne esce illeso. Il conte von Staufenberg, depositario della
bomba nascosta in un porta documenti che pochi attimi prima dell’esplosione fu spostato da uno dei
funzionari in compagnia del Führer, viene fucilato la sera stessa dell’attentato. Bonhoeffer, parte
integrante della cospirazione e al momento già in carcere per sospetti di sommossa antigovernativa,
viene impiccato nel campo di concentramento di Flossenbürg, il 9 aprile 1945, a solo un mese dalla
resa incondizionata della Germania.
Che cosa ha portato questo teologo della chiesa evangelica tedesca ad escogitare dei piani
minuziosi per uccidere un uomo?
Come poteva questo credente esemplare infrangere consapevolmente massime di etica cristiana
come il 6° dei dieci comandamenti: “non uccidere”?
Il seguente articolo2 cerca la risposta a queste domande negli scritti che Dietrich Bonhoeffer
ha lasciato. I dati biografici evocati non intendono in nessun modo essere completi, ma servono
solamente per indicare alcune tappe significative del cammino di formazione della personalità
dell’eminente teologo e il suo raggio di azione.


2. Tappe di formazione
2.1. La Famiglia
Cit. in A. CONCI, Dietrich Bonhoeffer. La responsabilità della pace, Bologna 1995, 81.
L’articolo costituisce lo sviluppo di una conferenza tenuta dall’autore al Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale
(Cagliari, marzo 2001)

Bonhoeffer – da pacifista a cospiratore 2


Dietrich Bonhoeffer nasce il 4 febbraio 1906 in una famiglia dell’alta borghesia tedesca a
Breslavia. Il padre, Karl, dal 1912 assume la cattedra di psichiatria all’università di Berlino. La madre,
Paula von Hase, nipote di un noto teologo, è conosciuta come una donna forte che si occupa con
decisione delle faccende della casa. Suo figlio in seguito commenterà:
“Io provengo, come si usa dire da un buon casato, ossia da un’antica e rispettata
famiglia borghese, e non sono di quelli che si vergognano di dichiararlo. Al contrario.
So bene quale forza silenziosa viva in un casato della buona borghesia (…). Siamo
cresciuti nella venerazione per tutto ciò che avesse avuto un’evoluzione [dem
Gewordenen] e per tutto ciò che fosse dato [dem Gegebenen] e quindi nel rispetto per
ogni essere umano.”3
La crescita di Bonhoeffer si svolge in un ambiente che trasmette al giovane un grande senso di
sicurezza. Talmente forte è la protezione della casa paterna, da creare in lui un senso di disagio e la
voglia di oltrepassarne i confini:
“Vorrei per una volta non essere al sicuro. Noi non possiamo comprendere gli altri.
Da noi ci sono sempre i genitori che appianano tutte le difficoltà …“4

2.2. Il percorso teologico
Dopo aver concluso gli studi liceali, Bonhoeffer si iscrive all’università di Tubinga nel 1922 dove
cinque anni più tardi consegna la laurea con la tesi Sanctorum comunio. Una ricerca dogmatica per la
sociologia della chiesa, in cui discute il valore della chiesa come luogo della comunione dei santi.
Dopo la fine dell’università, Bonhoeffer accetta un interim di vicariato nella comunità luterana di
Barcellona. Durante il soggiorno, grazie ad alcune conferenze da lui tenute, è stimolato a confrontarsi
con il problema della guerra e imposta le prime basi della sua futura etica. Seguono altri brevi
soggiorni negli Stati Uniti e in Messico. Rientrando in Germania Bonhoeffer viene eletto segretario
della sezione giovanile di un movimento ecumenico internazionale. Anche con scrupoli, accetta il
nuovo impegno che è destinato a diventare una costante nella sua vita.
Questa formazione teologica forgia una spiritualità evangelica che vive dall’incontro e dalla
solidarietà con la sua sorte del prossimo, come confermano le seguenti parole:
Il nostro rapporto con Dio non è affatto un rapporto “religioso” con l’essenza più
alta, più potente e migliore che si possa pensare (questa non è autentica trascendenza),
bensì il nostro rapporto con Dio è una nuova vita nel ”esserci­per­gli­altri” tramite la
partecipazione all’essere di Gesù. Non i compiti infiniti, irraggiungibili, bensì il nostro
prossimo, di volta in volta raggiungibile, costituisce il trascendente.5

3. La resistenza
Io credo che Dio può e vuole far nascere il bene da ogni cosa, anche dalla più
malvagia. Per questo egli ha bisogno di uomini che sappiano servirsi di ogni cosa per
Frammento di una sua lettera dal carcere a Tegel. Cit. in AA.VV. Dietrich Bonhoeffer, suppl. Riforma Torino 1995, 6.
D. BONHOEFFER, all’inizio della conferenza Il capo e il singolo nella giovane generazione. GS II, 22ss; Scritti, 354ss. Cit. in A. CONCI, La responsabilità della pace, Centro Editoriale Dehoniano, Bologna, 1995, 18.51995, 7.

Bonhoeffer – da pacifista a cospiratore 3
il fine migliore. Io credo che in ogni situazione critica Dio vuole darci tanta capacità
di resistenza quanta ci è necessaria. Ma non ce la dà in anticipo, affinché non
facciamo affidamento su noi stessi, ma su di lui soltanto.6
Con queste parole, Bonhoeffer all’inizio del 1943 trae un bilancio del suo impegno di resistenza
contro la politica della Gleichschaltung (allineamento) di Hitler, iniziato 10 anni prima.7 A gennaio
del 1933 Hitler ascende al potere e a febbraio Bonhoeffer partecipa ad una trasmissione radio del
titolo: “La trasformazione delle connotazioni della parola Führer“. La trasmissione venne interrotta
mentre egli spiegava che una guida (Führer) che si fosse lasciata trascinare dai suoi sostenitori a
diventare un idolo, sarebbe divenuta un seduttore (Ver­führer) e avrebbe irriso le leggi divine.


3.1. “La Chiesa di fronte alla Questione Ebraica”
Pochi mesi più tardi esce lo scritto LA CHIESA DI FRONTE ALLA QUESTIONE EBRAICA, in cui Bonhoeffer
reagisce al Paragrafo Ariano che proibisce ai non­ariani l’accesso a impieghi nei pubblici uffici. Una
legge che su esplicita richiesta dei Cristiani Tedeschi trova applicazione anche all’interno della chiesa,
negando il pastorato e il diaconato a persone non­ariane. In questo suo scritto, Bonhoeffer evidenzia
tre modi in cui la chiesa si può porre in relazione allo stato, al quale in coerenza con la dottrina
luterana dei Due Regni viene comunque riconosciuta completa autonomia:
 Lo stato può e deve essere interpellato sul carattere legittimamente statale del suo agire. La chiesa
deve esercitare una funzione di controllo quando nutre il sospetto che l’agire statale sia
antievangelico.
 La chiesa deve prestare soccorso alle vittime delle azioni antievangeliche dello Stato.
 La chiesa può ”mettere i bastioni tra le ruote” nei macchinari statali, nel caso in cui lo stato neghi
i diritti di un gruppo di cittadini e attui un ingerenza nell’essenza della chiesa o della predicazione.
Si tratta di massime che in seguito hanno ispirato altri teologi8 della resistenza all’interno della chiesa
evangelica tedesca nella stesura della Dichiarazione di Barmen in cui la chiesa postula lo status
confessionis nei confronti del regime nazionalsocialista. In tale documento viene espressamente
dichiarato come le fondamenta della fede cristiana siano minacciate dall’esercizio politico del regime
nazionalsocialista e dalla sua ingerenza nelle competenze ecclesiali.

3.2. Il Pfarrernotbund
Con l’introduzione del Paragrafo Ariano nella chiesa e la sistematica sostituzione dei quadri della
chiesa evangelica con persone nazionalsocialiste e il conseguente allineamento della chiesa al
6D. BONHOEFFER, Widerstand und Ergebung, Kaiser Verlag, München 1970, 19. Resistenza e Resa, 68

7 Al momento di questa riflessione, Bonhoeffer non sa ancora che tra pochi mesi sarà prelevato e messo in carcere, ma
evidenzia una fiducia in Dio e una consegna alla volontà divina che lo accompagneranno anche nella prigionia e gli
saranno di essenziale sostegno per poter accogliere la sua sventura. Questa fiducia lo accompagna persino nella morte
come testimonia una sua poesia composta in carcere intorno al natale ’44 dalla quale in seguito l’ultimo verso: Da
buone potenze meravigliosamente messi al sicuro / aspettiamo con anima buona, ciò che deve venire. / Dio è con noi, la
sera e la mattina / e sicuramente anche in ogni nuovo giorno. Widerstand und Ergebung, Kaiser Verlag, München 1970,
436.Tra di loro si trova anche il noto teologo del 20° sec. Karl Barth. Bonhoeffer al momento della redazione, nel maggio 1934, soggiornò a Londra.

Bonhoeffer – da pacifista a cospiratore 4
pensiero politico nazista, Bonhoeffer appoggia l’idea della fondazione del Pfarrernotbund (Lega
d’Emergenza dei Pastori). Il gruppo si costituisce su iniziativa del pastore Niemöller e diventa il
nucleo di ciò che in seguito si chiamerà la Chiesa Confessante, un piccolo gruppo di evangelici
tedeschi resistente al regime nazionalsocialista. Molti dei suoi componenti vengono in seguito
rinchiusi in campi di concentramento. Per Bonhoeffer le immediate conseguenze della sua
appartenenza alla Lega d’Emergenza dei Pastori sono la sorveglianza della polizia e l’interdizione
dall’insegnamento universitario ed ecclesiastico.
3.3. La Chiesa Confessante
Nel 1934 Bonhoeffer trascorre 6 mesi a Londra dove, come precedentemente a Barcellona, cura la
chiesa luterana di lingua tedesca. In questi mesi stringe amicizia con il vescovo C. Bell. L’amicizia,
oltre ad accrescere la sua consapevolezza ecumenica, produce comuni provvedimenti per l’aiuto ai
profughi ebrei.
Mentre da una parte l’insieme delle chiese cristiane si rivela proficuo, dall’altra la separazione
dalla chiesa evangelica tedesca si rende sempre più necessaria. Nell’ottobre dello stesso anno durante
il sinodo di Dahlem la Chiesa Confessante rende manifesto la sua rottura con i Deutsche Christen e
invita
“… le comunità cristiane, i loro pastori e gli anziani a non accogliere alcuna
istruzione dall’attuale direzione della chiesa del Reich e dalle sue autorità, e a
sottrarsi alla collaborazione …”9
Un invito che Bonhoeffer, assente al sinodo, accoglie con gioia. L’occasione di dare eco alla nuova
presa di posizione arriva, quando nella conferenza ecumenica di Fanoe (1935) Bonhoeffer, quale
rappresentante della Chiesa Confessante, ha occasione di sviluppare le sue tesi sulla pace, mentre dai
Deutsche Christen non è stato invitato nessuno. Si tratta di una delle poche vittorie della Chiesa
Confessante considerando che, causa le ripercussioni dello stato sui suoi membri, l’adesione fu ben
presto un privilegio dei più audaci.
Dal 1935 al ’37 Bonhoeffer lavora come professore di teologia della Chiesa Confessante al
seminario clandestino di Finkenwalde. I particolari del suo insegnamento non sono individuabili in
una vera a propria teologia rivoluzionaria, quanto piuttosto nella prassi di vita quotidiana che forgia il
piccolo gruppo di docenti e discenti. Una loro caratteristica fondamentale è una grande disciplina
spirituale che nei ripetuti incontri di preghiera e nella rigorosa preparazione teologica ricordano la
vita monastica. Più che attraverso lezioni, Bonhoeffer si rivolge ai suoi studenti tramite conversazioni
teologiche che mirano ad una integrazione di vita e studio. La vita comunitaria allora non è che
l’applicazione delle materie studiate. Dopo due anni il seminario viene chiuso dalle autorità e
Bonhoeffer vive in clandestinità. E’ durante questo periodo che avvengono i primi contatti con i
cospiratori.


3.4. La cospirazione
J. BECKMANN, Kirchliches Jahrbuch 1933­45, 77. Cit. in A. CONCI, La responsabilità della pace, Centro Editoriale Dehoniano, Bologna, 1995, 156.

Bonhoeffer – da pacifista a cospiratore 5
Nel 1939 Bonhoeffer è invitato per due semestri di insegnamento all’Union Seminary di New
York. Si tratta di un periodo inquieto in cui Bonhoeffer è infelice e dubbioso su quale dovrebbe essere
il luogo del suo impegno teologico. Il suo tormento non li dà tregua fino a quando non rientra in
Germania con l’ultima nave che parte da New York. La decisione è presa: deve tramare contro il
nazionalsocialismo.
Grazie ai suoi contatti all’estero, Bonhoeffer viaggia a Londra, Venezia, Roma, in Svizzera e in
Norvegia per contattare i gruppi vicini alla resistenza, tentare approcci con gli alleati, negoziare la
fuga di ebrei.
Nel nov. ’42 Bonhoeffer si fidanza con Maria von Wedemayer, cugina di von Schlabrendorff,
compagno nella resistenza. Cinque mesi dopo, il 5 aprile 1943 viene arrestato, senza che gli vengano
fornite delle spiegazioni da parte della Gestapo. All’inizio viene tenuto chiuso nel carcere militare di
Berlino Tegel, poi nel ottobre ’44 trasferito al carcere sotterraneo della Prinz Albrecht Strasse. Il 7
febbraio avviene l’ulteriore trasferimento al campo di concentramento di Buchenwald. Pochi giorni
prima della fine della guerra, il 9 aprile ’45, viene data esecuzione alla condanna a morte tramite
impiccagione a Flossenbürg.


4. Etica
4.1. Il Bene
Il bene raggiungibile nelle azioni dell’essere umano è strettamente collegato alla sua esistenza
nella storia. L’essere umano non vive in uno spazio neutrale, ma in un contesto che viene determinato
da forze del bene e del male. “Als Geschöpfe nicht als Schöpfer fragen wir nach dem Guten.“ (“Quali
creature, non creatore, ci poniamo l’interrogativo del bene.”), asserisce Bonhoeffer. Ciò significa che
ogni azione umana deve essere valutata in base alla situazione in cui è racchiusa. L’essere umano non
ha la possibilità di creare in uno spazio vergine, come Dio fece all’inizio del mondo, ma di gestire il
creato creativamente. Il bene del paradiso non è più a disposizione dell’umanità. Si tratta di trovare la
maggiore manifestazione del bene in una situazione compromessa.
Questa promiscuità porta la vita umana in uno stato di continua tensione in cui gli elementi della
vita sono esposti alla dialettica del bene e del male (crescere – morire, benessere – dolore, felicità –
rinuncia). Staccare un elemento dalla sua controparte però, significherebbe distruggere l’integrità
della vita e promulgare integralismi.
Perché in Gesù Cristo, Dio e l’essere umano sono diventati uno. Tramite lui nell’agire
del cristiano il “profano” e il “cristiano” diventano uno.10
La vita, che in Gesù Cristo ci incontra quale Sì e No per la nostra vita, vuole essere
corrisposta tramite una vita che prende su di sé quel Sì e No e li unisce.11
Fare il bene non significa realizzare un’ideologia. Fare il bene significa realizzare la vita stessa, non
astraendosi dalla situazione storica, ma assumendone tutta la tensione. Quando Bonhoeffer cita in
questo contesto Fil 1, 21 “Cristo è la mia vita” , vuole dire che come Cristo si è immerso nella storia
del suo contesto ebraico­romano e non ha cercato vie di una possibile fuga trascendentale, così il suo

Bonhoeffer – da pacifista a cospiratore 6
discepolo si deve immergere nel contesto storico in cui vive e assumere tutta la responsabilità della
sua vita e delle sue azioni.
Il bene non è una qualità della vita, ma la “vita” stessa. Essere buono significa
“vivere”.12


4.2. La responsabilità
Gesù venendo in questo mondo ha preso su di sé del male. Non lo doveva fare. Si è liberamente
esposto alla situazione umana per comprovare la sua solidarietà con la creazione terrestre. La vita di
Gesù era rivolta agli altri, alle persone di questo mondo. Gesù ha agito in maniera altruistica.
Il nostro agire può diventare responsabile soltanto nell’altruismo. Ogni responsabilità per la vita si
esprime nella sincera consegna della propria vita all’altro. Questo responsabile altruismo è così
radicale che appare persino essere senza coscienza.
La responsabilità non si esprime quindi in primo luogo di fronte ad una cosa (ideologia, ordine,
causa), ma di fronte ad una persona.
L’uomo assolve la responsabilità che gli è imposta non mediante il fedele adempimento
dei suoi doveri terreni di cittadino, di lavoratore o di padre di famiglia, bensì
nell’ascoltare la chiamata di Gesù Cristo che senza dubbio lo rinvia anche
all’adempimento di quei doveri, però non si esaurisce in essi, ma li sovrasta, li segue e
li precede. La vocazione in senso neotestamentario non sanziona mai gli ordinamenti
secolari in quanto tali: il “sì” che pronuncia su di loro contiene sempre in pari tempo
un deciso “no”, una durissima protesta contro il mondo.13


4.3. Agire in conformità alla realtà
Il mondo in Gesù Cristo è riconciliato con Dio. Ciò significa che la dialettica del bene e del male
può essere vissuta dagli uomini e delle donne, senza dover fuggire in alcun modo dall’ambiguità in
cui la vita si trova. Chi, al contrario, cerca di stabilire un principio, morale o politico che sia, per
rendere commensurabile il Cristo e il mondo e rendere così possibile un agire cristiano che si
potrebbe racchiudere in ideologie o confessioni di fede, distrugge l’unione tra vita e azione cristiana.
Bonhoeffer vedeva che sia da parte secolare (l’ingerenza dello stato nazista nella proclamazione
ecclesiastica per sostituire le sue leggi alla dinamica evangelica), sia da parte ecclesiale
(“Schwärmerbewegung”, il movimento carismatico con l’approccio fondamentalista
dell’interpretazione biblica) furono fatti dei tentativi di appropriarsi del messaggio del Cristo. Ma un
tale approccio tralascia la dinamica che il messaggio evangelico prova ad avere sulla storia e
sull’individuo e invoca necessariamente l’irrigidimento del suo contenuto in regole e leggi e con ciò
la sua contrarietà al messaggio cristiano.
L’agire secondo il Cristo si sviluppa in conformità alla realtà, perché permette che il
mondo rimanga mondo, perché fa i conti con il mondo quale mondo, eppure non perde
mai di vista che il mondo in Gesù Cristo è da Dio amato, giudicato e riconciliato. …
Laddove un principio profano e un principio divino vengono contrapposti, l’ultima

Bonhoeffer – da pacifista a cospiratore 7
realtà consiste in una legge – o meglio in una pluralità di leggi inconciliabili tra loro.

4.4. Sostituzione vicaria
Come il padre si sostituisce alle decisioni del figlio, così l’essere umano con vero altruismo si
deve sostituire al prossimo (anche allo stato) per il suo bene.
Gesù, che è la vita, la nostra vita, ha vissuto vicariamente per noi in quanto da figlio
di Dio è diventato uomo; perciò, per mezzo di lui ogni vita umana è per essenza una
vita vicariamente responsabile … Ciò che gli esseri umani dovevano vivere, agire e
soffrire è stato compiuto in lui. In questa reale vicaria, egli è il responsabile per
definizione.15
Ciò che Bonhoeffer ha in mente illustra un episodio della sua vita, quando Dohnanji, suo cognato, gli
chiese come si dovesse intendere la frase di Mt 26, 52 “tutti quelli che prendono la spada, periranno
di spada”? Bonhoeffer rispose che questa parola era giusta e valeva anche per il loro gruppo. “Noi
dobbiamo accettare questo giudizio, ma vi è ora bisogno di uomini che prendano su di sé il peso di
queste parole.”
Nella sostituzione vicaria al prossimo per il suo bene, non può essere evitato di sbagliare. A volte
azioni che mirano al bene si rivelano impregnate da motivazioni egoistiche o hanno effetti collaterali
devastanti. Ma questa consapevolezza non deve frenare dall’agire perché …
… non si tratta di realizzare un “bene assoluto”; la persona che agisce
responsabilmente piuttosto sa autoumiliarsi per preferire un bene relativo al male
relativo e riconoscere che il “bene assoluto” potrebbe forse essere il male peggiore.16
A questo proposito vorrei proporre una delle tante poesie che Bonhoeffer ha scritto nel carcere di
Tegel (sett. 1944) che evidenzia come la sostituzione vicaria per Bonhoeffer non veniva a significare
prepotente dominazione sull’altro, ma si incarnava in una propria assunzione di responsabilità che
poteva anche portare al sacrificio vicario.


Giona


Urlavano davanti alla morte e i loro corpi s’aggrappavano
alle gomene bagnate, flagellate dall’uragano
e i loro occhi guardavano pieni di terrore
Il mare sconvolto dall’ira delle potenze scatenate.


“Voi eterni, buoni, irati dei
aiutateci o dateci un segno che ci sveli
colui che v’ha offesi con segreto peccato,
l’assassino o lo spergiuro o l’empio

Bonhoeffer – da pacifista a cospiratore 8
che per nostra disgrazia ci nasconde la sua copa
a misero vantaggio del suo orgoglio!”.
Così imploravano. E Giona allora: “Sono io!”
“Io ho peccato dinanzi a Dio. La mia vita è perversa.
Sbarazzatevi di me! Mia è la colpa, Dio è molto adirato con me.
L’uomo pio non deve perire col peccatore!”
Essi tremavano. Ma poi con mani dure
precipitarono il colpevole, e il mare si quietò.


4.5. La coscienza
Bonhoeffer distingue tra due coscienze, o meglio tra due stati in cui si trova la coscienza.
4.5.1.La coscienza naturale
La coscienza naturale chiama ogni uomo e donna all’unità con se stesso/a. Un’unità che è
costretta a ricercare perché essa è continuamente minacciata dalla dialettica della vita tra il bene e il
male. La coscienza naturale in base a codici e leggi emanati da un generale senso del bene, giustifica
la propria persona per poter sussistere di fronte a Dio e a se stessa. La coscienza protesta contro un
agire che mette in pericolo l’unità con la propria persona, la propria integrità. Agire contro la propria
coscienza significa agire contro se stesso, contro l’interezza della propria persona.
4.5.2. La coscienza liberata da Gesù Cristo
Quando l’integrità della propria persona si trova in Gesù Cristo non la si deve più ricercare in un
senso generale del bene, ma nell’unione con colui che chiama alla sequela. La coscienza liberata
rimane la coscienza che chiama all’unità con la propria persona, ma quest’unità non viene più
realizzata tornando al legalismo del senso comune del bene, ma nella comunione con Gesù Cristo.
La coscienza naturale ­ anche la più rigorosa ­ si rivela adesso come la più atea
autogiustificazione, e viene superata tramite la coscienza liberata da Gesù Cristo, che
chiama all’unità con me stesso in Gesù Cristo.17
Da qui consegue che il cristiano nell’altruistica sostituzione vicaria si deve poter opporre alla
coscienza naturale che lo chiama soltanto alla propria invulnerabilità, come Gesù stesso si è opposto
alla sua coscienza nelle tentazioni. L’offerta diabolica di governare il mondo, realizzare il suo regno,
senza dover per questo soffrire, senza dover prendere colpa su di sé, va rifiutata per poter rimanere
solidale con la condizione umana di sofferenza e di colpa. (Mt 4,8ss) Vera, altruistica solidarietà
implica la reale discesa dal cielo e l’abbandono dei propri privilegi.
Secondo il principio della veracità di Kant, una persona alla domanda dell’assassino che si è
introdotto nella propria casa e che chiede se anche l’amico si trova in una delle stanze dovrebbe
Ethik, 189. Bonhoeffer riconosce un ragionamento analogo anche nel partito nazionalsocialista quando essa porta i
suoi adepti ad asserire che “la mia coscienza è Adolf Hitler. Allora viene anche qui fatto il tentativo di fondare l’unità del
Io al di là di se stesso. Questo comporta la resa dell’autonomia a favore di una incondizionata eteronomia, che a sua volta
è soltanto possibile quando l’altro essere umano, in cui cerco l’unità della mia vita, prende la funzione del mio salvatore.
Troveremmo qui la più pregnante analogia profana alla verità cristiana, e con ciò la più pregnante contraddizione ad
essa. Ethik, 189.

Bonhoeffer – da pacifista a cospiratore 9
rispondere dicendo la verità. Bonhoeffer giudica questo comportamento irresponsabile, perché non è
in grado, per il bene dell’amico, di sostituirsi vicariamente a lui e prendere il peccato della menzogna
su di sé.
La coscienza liberata dalla legge, non si spaventerà ad assumere la colpa per il bene
dell’altro, piuttosto è in questa maniera che rivelerà la sua purezza. … Per l’agire
responsabile esiste un qualcosa come un relativo essere senza peccato, che si
manifesta proprio nell’acquisizione del peccato altrui. 18
Tuttavia è dato un limite al trasferimento del peccato, che viene fissato dalla misura in cui questo
trasferimento mette in pericolo la propria unità di persona, la propria capacità di reggere.19 Sarà
sempre la coscienza liberata da Cristo ad indicare l’estensione della propria forza di portare delle
lacerazioni senza alienarsi da se stesso.


4.6. La colpa
La domanda ultima rimane aperta e deve essere tenuta aperta; perché in ogni caso
l’essere umano si rende colpevole e in ogni caso riesce a vivere soltanto dalla grazia e
dal perdono divini. Colui che è legato alla legge, come colui che agisce nella libera
responsabilità devono entrambi sentire l’accusa dell’altro e lasciarla valere. Nessuno
può diventare il giudice dell’altro. Il giudizio rimane con Dio.20
Bonhoeffer sa bene che non ci si può sottrarre dall’acquisizione di colpa. Chi lo volesse fare rinuncia
alla realtà ultima della vita e perde l’accesso al segreto salvifico di come si può essere senza colpa
nonostante si abbia peccato.
Paradossalmente quindi, la persona che più di ogni altra cosa ricerca di rimanere immacolata e
perciò pone la propria innocenza sopra l’esigenza degli altri, perde proprio ciò che voleva mantenere a
tutti i costi, la libertà dal peccato. Viceversa, chi mette su di sé del peccato tramite l’azione solidale
con l’esigenza altrui, attira su di sé quella innocenza vera, quell’assoluzione che soltanto l’amore
altruistico può garantire.
Mentre ogni agire ideologico trova la sua giustificazione già in partenza nel suo stesso
principio, l'agire responsabile rinuncia alla conoscenza della sua giustificazione
ultima. … La non­conoscenza – in ultimo – del proprio bene o male e con ciò il
fondamentale bisogno di grazia, appartiene nella maniera più essenziale all’agire
storico e responsabile. Colui che agisce ideologicamente si vede giustificato nella sua
conosciamo troppo poco la singolare benedizione del portare i pesi. Portarli – non scuoterseli di dosso; portarli – ma
senza soccombere. Come Cristo ha portato la croce … Restare saldi e forti, e sotto il peso fortificarsi ancora, come sotto
una grazia di Dio.) anche lui ha dovuto affrontare l’esaurimento delle sue forze, come testimoniano le seguenti righe:
Siamo stati testimoni silenziosi di azioni malvagie, ne sappiamo una più del diavolo, abbiamo imparato l’arte della
simulazione e del discorso ambiguo, l’esperienza ci ha reso diffidenti nei confronti degli uomini e spesso siamo rimasti in
debito con loro della verità e di una parola libera; conflitti insostenibili ci hanno resi arrendevoli o forse addirittura
cinici: possiamo ancora essere utili? Resistenza e Resa, 74. Cit. in F. FERRARIO, vorrei imparare a credere, Claudiana,
Torino 1996, 178.
20
Bonhoeffer – da pacifista a cospiratore 10
idea, colui che agisce responsabilmente posa il suo agire nelle mani di Dio e vive
dalla grazia e dalla benevolenza di Dio.21
Da questa radicale assunzione di colpa consegue una grande consapevolezza dell’ambiguità del
proprio agire. E’ perciò nell’Etica di Bonhoeffer, opera intrapresa dal 1940 in poi, che troviamo il
primo abbozzo di una confessione di peccato sulle colpe della chiesa durante il 3° Reich. Qui di
seguito soltanto alcuni passi salienti:
La chiesa confessa di non aver professato abbastanza apertamente e chiaramente la
sua proclamazione di Dio, che si è rivelato per tutti i tempi in Gesù Cristo e che non
tollera altri dei accanto a sé. Ella confessa la sua paura, la sua deviazione, le sue
pericolose concessioni. Ella ha spesso rinnegato il suo ruolo di vigilante e consolante.
In questo modo ha spesso rifiutato agli esiliati e disprezzati la dovuta misericordia. È
rimasta muta, quando avrebbe dovuto gridare perché il sangue degli innocenti gridava
al cielo. Ella non ha trovato la parola giusta al tempo giusto. Ella non ha resistito alla
dispersione della fede fino al sangue e ha colpevolmente causato la miscredenza delle
masse.

La chiesa confessa di essere diventata colpevole nei confronti degli innumerevoli le cui
vite sono state annientate tramite falsa testimonianza, delazione, diffamazione. Non ha
rivelato il malfatto del traditore e ha così lasciato il tradito alla sua sorte.
La chiesa confessa di aver desiderato sicurezza, quiete, pace, possesso, onore, cose per
le quali non aveva nessun diritto; in questo modo ella non ha frenato, ma incoraggiato
le frenetiche aspirazioni degli esseri umani. 22


5. Conclusione
Da una nostra prospettiva la resistenza contro il 3° Reich può sembrare solamente una domanda
di coraggio. Molte testimonianze e analogie nel nostro tempo evidenziano però come anche lo stesso
giudizio su quale fronte ci si deve spendere per fare onore alla verità, non sia facile da acquistare.
L’eccezionale coerenza di vita di Dietrich Bonhoeffer non mi sembra tanto stare nella sua
cospirazione o nel suo martirio, ma nell’insieme degli elementi di fede che hanno formato una base
sulla quale, ben sapendo del peccato intrinseco, è riuscito a trovare una sua posizione talmente nitida
da potersi spendere completamente.
Spesso anche oggi viene invocato lo spirito bonhoefferiano su audaci imprese della chiesa
odierna e volentieri fatto appello al Kirchenkampf di quegli anni. Ma ovunque la situazione non sia di
grande e spesso anche di personale sofferenza (v. l’ispirazione che il movimento Kairos del Sudafrica
sotto il regime dell’Apartheid ha tratto dalla Chiesa Confessante) il collegamento sembra
interrompersi presto e lo spirito svanire facilmente.
Così anche nel nostro ambiente di cultura occidentale, l’Alleanza Riformata Mondiale si sta
interrogando sulla necessità di emanare lo status confessionis nei confronti delle ingiuste strutture
economiche mondiali, e così dichiarare che la corrente politica economica è causa di ingiusta

Bonhoeffer – da pacifista a cospiratore 11
distribuzione delle risorse nel mondo e conseguentemente inconciliabile con la fede cristiana. Questa
dichiarazione sarebbe una diretta evocazione dello spirito di resistenza bonhoefferiana e un chiaro
invito alla disubbidienza civile nei confronti degli organi coinvolti. Avranno le chiese cristiane
occidentali la forza di portare avanti una lotta per la giustizia del povero che richiede a loro stesse di
rinunciare? Saranno le nostre chiese in grado di sostenere la prova di fede alla condizione di perdere
parte della loro influenza e l’eventuale sostegno di gran parte della loro popolazione? Potrà farsi
strada una visione di giustizia globale in questo mondo, mentre le nostre culture occidentali stanno
bene e noi non siamo ancora interrogati da una sofferenza personale?
La vita di Dietrich Bonhoeffer serva da ispirazione alle nostre chiese, affinché nella posizione che
assumeranno si possano spendere con amore e fiducia.


Come verrà la pace? … Non per la via della
sicurezza. La pace infatti dev’essere osata,
rischiata, e non può mai essere assicurata. La
pace è il contrario di un dispositivo di sicurezza.
Esigere sicurezze significa nutrire diffidenza, e
questa diffidenza genera di nuovo la guerra.
Cercare sicurezza significa volersi proteggere.
Pace significa consegnarsi totalmente al
comandamento di Dio. 23

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