DON ANTONIO

venerdì 18 maggio 2012

Riflessioni sulle letture 20 maggio 2012 (Manicardi) BOSE


At 1,1-11; Sal 46; Ef 4,1-13; Mc 16,15-20


Le letture che annunciano il mistero dell’ascensione di Cristo hanno anzitutto una valenza cristologica: alla destra di Dio Padre siede il Cristo risorto (cf. Mc 16,19) che ha adempiuto nell’obbedienza la missione per cui il Padre lo ha inviato: “Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre” (Gv 16,28). Ma esse presentano anche una valenza escatologica: il Cristo asceso al cielo è colui che verrà alla fine dei tempi (cf. At 1,11). Infine esse manifestano una valenza ecclesiologica: l’ascensione non chiede ai cristiani una fuga dal mondo né una contemplazione dei cieli (cf. At 1,9-11), ma li rinvia alla loro responsabilità storica. Responsabilità che prende nome di testimonianza (I lettura), di unità della comunità ecclesiale (II lettura), di missione e predicazione (vangelo). Nell’evento dell’ascensione, per cui alla destra del Padre siede un corpo umano, il corpo di Gesù, il credente contempla la prefigurazione della destinazione propria e dell’umanità. Con l’ascensione, infatti, il Figlio porta nella vita trinitaria la carne umana da lui assunta e redenta. “Il Signore Gesù, dopo aver parlato agli Undici, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio” (Mc 16,19). Il Cristo ascende al cielo dopo aver lasciato una parola ai discepoli. Questa parola è da annunciare e da testimoniare: la missione e la predicazione della chiesa coprono il “vuoto” dell’assenza fisica di Gesù. “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura” (Mc 16,15). Sta alla chiesa visibilizzare il volto di Cristo nel tempo in cui l’ascensione l’ha sottratto alla vista, nel tempo tra la Pasqua e la parusia. Sta alla chiesa renderlo presente tra gli uomini. “La sorte di Dio ci è affidata nella misura in cui, portatori di Dio in questo mondo, è dal nostro atteggiamento che dipenderà la conoscenza e l’immagine che gli uomini si faranno di Dio. Dio stesso potrà essere buono, giusto e salvatore di un certo uomo soltanto se, in quel dato momento e in quelle date circostanze, io sarò buono e giusto con quell’uomo esercitando così nei suoi confronti, in qualche modo, quella potenza di salvezza che mi è stata comandata da Dio. Come dicevano i Padri della chiesa, noi siamo le mani e le braccia di Dio” (Adolphe Gesché). Il modello della missione e della predicazione è Gesù stesso che aveva iniziato il suo ministero predicando il Regno di Dio e chiedendo conversione e fede nel vangelo (cf. Mc 1,14-15). E poiché il Risorto continua a precedere i discepoli (cf. Mc 16,7), la missione si configura come sequela di Cristo. L’andare cui essi sono invitati altro non è che un seguire. Solo così la missione sarà sacramento della presenza del Signore tra gli uomini. Come era la missione svolta dagli Undici, in cui era presente e attivo il Signore stesso. “Gli Undici predicarono dappertutto, mentre il Signore cooperava (con loro) e confermava la parola con i segni che l’accompagnavano” (Mc 16,20). Affermando che il Signore coopera con gli Undici nella loro missione e conferma la parola del loro annuncio, la chiesa primitiva esprime la sua fede nel Risorto quale soggetto della missione della chiesa. E poiché la missione avviene con parole e gesti intimamente connessi, ecco che l’azione di sinergia e di conferma della parola attuata dal Signore si esplica in “segni” (Mc 16,20). E se la missione della chiesa tende a suscitare l’adesione teologale, la fede nel Signore, essa avviene grazie alla fede. Gli inviati, i missionari, i predicatori sono i primi chiamati alla fede. Nel testo evangelico si parla della cooperazione del Signore alla missione ecclesiale in termini analoghi a quelli che troviamo in At 14,3: “(Paolo e Barnaba) parlavano fiduciosi nel Signore, che rendeva testimonianza alla predicazione della sua grazia e concedeva che per mezzo loro si operassero segni e prodigi”. È la fede in Gesù risorto e asceso al cielo lo spazio di azione della grazia e di manifestazione della sua potenza e fecondità. La chiesa evangelizzatrice è, semplicemente, una chiesa credente. LUCIANO MANICARDI Comunità di Bose Eucaristia e Parola Testi per le celebrazioni eucaristiche - Anno B © 2010 Vita e Pensiero Fonte: monasterodibose

Nessun commento:

Posta un commento