DON ANTONIO

domenica 27 maggio 2012

Il Vangelo della sofferenza di Dio



Il 9 novembre scorso, mons. Forte ha tenuto una lezione magistrale per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Istituto di Teologia Pastorale Sanitaria in Italia presso il Camillianum di Roma. Ha parlato de “Il vangelo della sofferenza di Dio”.
«La domanda del dolore ci interroga tutti». Con questo asserto fondamentale mons. Forte ha esordito per parlare del Vangelo della sofferenza. Allora, «perché il male che devasta la terra? Perché il dolore? Perché la sofferenza innocente? Inseparabile da queste domande si affaccia il problema di Dio: se c’è un Dio giusto, perché c’è il male? e se c’è il male, come potrà esserci un Dio giusto?».
E ha posto così il problema: «Alcuni, dinanzi all’inconciliabilità di Dio e del male, sopprimono il primo dei due termini: è la soluzione dell’ateismo tragico. In realtà, però, ridurre tutto a questo mondo e alle sue leggi, significa implicitamente arrendersi di fronte al dolore e alla morte. Altri risolvono il conflitto attraverso il ricorso a un Dio che tutto regola in vista del bene, secondo disegni che la mente umana non può capire.
Bisogna riconoscere che una fede in Dio, che giustifichi la sofferenza e l’ingiustizia del mondo senza protestare contro di esse, è “una fede disumana e produce frutti satanici” (J. Moltmann). La rassegnazione è abdicazione di fronte al compito di cambiare l’ingiustizia del mondo.
Altri, infine, identificando nella sete di giustizia la radice ultima del dolore di fronte al male del mondo, tracciano un sentiero di rinunce, che porti ad estinguere ogni sete e perciò ogni capacità di amare e di soffrire: è la soluzione della grande meditazione del Buddha, che oggi sembra suscitare un singolare fascino anche nei paesi dell’Occidente; soluzione, che però riduce la storia umana a vuota impermanenza, e la vita alla fuga verso un “nirvana”, che lascia intatte le lacerazioni e le piaghe della sofferenza del mondo».
Allora, di fronte all’incompiutezza di queste proposte sta l’annuncio cristiano di salvezza nel Dio crocifisso: «che senso ha l’evento della Croce per la sofferenza del mondo? Che cosa è accaduto in quel Venerdì Santo per la storia del mondo? E quale esperienza del dolore umano ha avuto in generale il Figlio di Dio venuto nella carne degli uomini?
Si sono presentati nella storia di Gesù di Nazaret l’oscurità dell’avvenire e il dolore del negativo, che diffondono un odore di morte su tutta la vita? o, in forza della condizione divina, il Nazareno non ha sperimentato la fatica di vivere, il peso dell’ostilità delle cose e degli uomini, la resistenza interiore di fronte alla tenebra e alla prova?».
Per rispondere a queste domande il vescovo ha sottolineato la necessità di parlare della sofferenza e della croce di Cristo e di ciò che essa rivela riguardo alla storia di Dio e a quella degli uomini.
«Si può dire – ha affermato – che tutta la vita di Gesù è stata orientata alla croce: egli è il Servo, l’Innocente che soffre per amore sotto il peso dell’ingiustizia del mondo! L’uomo Gesù insomma – non diversamente da quanto avviene per ogni essere umano – cresce alla scuola del dolore.
Gesù conosce anche l’esperienza della sofferenza sul piano morale e spirituale: di fronte alla morte dell’amico non trattiene il pianto. All’esperienza dell’interiore finitudine e alla compassione che ne deriva per l’altrui soffrire, si aggiunge nella vita di Gesù l’impatto durissimo col dolore provocatogli dagli uomini».
Meditando su questo “Vangelo delle sofferenze” non possiamo non interrogarci su come noi viviamo la nostra quotidiana esperienza del limite e l’inevitabile incontro col dolore, che segna la vita nostra ed altrui. «Sappiamo – ha ricordato il presule – che il discepolo non è da più del Maestro: se lui ha sofferto, come potremmo noi evitare la via del dolore?
Il timore e tremore delle nostre possibili risposte può essere superato con l’unica certezza sulla quale è possibile rischiare tutto: la certezza della fede. Il Maestro dà ciò che chiede e mai prova senza offrire la via d’uscita: egli è entrato nel tragico della condizione umana e proprio così è con noi nell’ora del dolore e ci aiuta a sopportare ed offrire le nostre sofferenze». La certezza di questa fedeltà divina ci è data dalla Croce.
E ha proseguito: «Il luogo in cui Dio parla nel silenzio e la tenebra è più luminosa della luce è la Croce di Gesù. Ci accostiamo ad essa ricordando come nella tradizione occidentale la Trinità sia stata spesso rappresentata mediante l’immagine del Crocefisso sostenuto dalle mani del Padre, mentre la colomba dello Spirito separa e unisce al tempo stesso l’Abbandonante.
Questa struttura può essere colta attraverso il ritorno costante, certamente non casuale, del verbo “consegnare” (“paradídomi”) ». Anzitutto le “consegne” umane del Figlio dell’uomo: il tradimento dell’amore lo consegna agli avversari; il Sinedrio, custode e rappresentante della Legge, consegna Colui che considera il bestemmiatore al rappresentante di Cesare: questi, pur convinto dell’innocenza del Prigioniero, cedendo alla pressione della folla, sobillata dai capi, “dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso”.
Abbandonato dai suoi, ritenuto un bestemmiatore dai signori della Legge e un sovversivo dal rappresentante del potere, Gesù va incontro alla morte: se tutto si fermasse qui, la sua sarebbe una delle tante ingiuste morti della storia, dove un innocente rantola nel suo fallimento di fronte all’ingiustizia del mondo. Poi, quella che il Figlio fa di se stesso.
«Attraverso questa consegna il Crocefisso prende su di sé il carico del dolore e del peccato del mondo, entra nell’esilio da Dio per assumere quest’esilio dei peccatori nell’offerta e nella riconciliazione pasquale». Alla consegna che il Figlio fa di sé, corrisponde la consegna del Padre. Per questo, «il Dio di Gesù non è fuori della sofferenza del mondo, spettatore impassibile di essa dall’alto della sua immutabile perfezione: egli è nel senso più profondo il Dio con noi, che soffre con chi soffre e interviene in nostro favore con la prossimità della Croce del Figlio».
«Storia del Figlio, storia del Padre, la Croce – ha ricordato mons. Forte – è, parimenti, storia dello Spirito: l’atto supremo della consegna è l’offerta sacrificale dello Spirito. Il Crocifisso consegna al Padre nell’ora della Croce lo Spirito che il Padre gli aveva donato, e che gli sarà dato in pienezza nel giorno della resurrezione».
La croce diventa, così, storia nostra perché è storia trinitaria di Dio. In questo senso, la sofferenza divina rivelata sulla Croce è veramente la buona novella. Infatti, «la “parola della Croce” ci chiama in maniera sorprendente alla sequela: è nella debolezza, nel dolore e nella riprovazione del mondo, che troveremo Dio».
Lo Spirito del Crocifisso rende presente per noi il miracolo di questa rivelazione salvifica: «Il discepolo dovrà dunque “completare nella sua carne quello che manca ai patimenti del Cristo”: lo farà se riuscirà a portare la più pesante di tutte le croci, la croce del presente, a cui il Padre lo chiama, credendo anche senza vedere, lottando e sperando, anche senza avvertire la germinazione dei frutti, nella solidarietà a tutti coloro che soffrono, nella comunione a Cristo, compagno e sostegno del patire umano, e nell’oblazione al Padre, che valorizza ogni nostro dolore.
Al tempo stesso, il Crocefisso chiede di essere riconosciuto in tutti i crocefissi della storia. La compassione verso il Crocefisso si traduce nella compassione operosa verso le membra del suo corpo nella storia».
E ha concluso: «Al discepolo, schiacciato sotto il peso della croce o spaventato di fronte alle esigenze della sequela, resta rivolta la parola della promessa, dischiusa nella resurrezione, contraddizione di tutte le croci della storia: parola di consolazione e di impegno, che ha sostenuto già la vita, il dolore e la morte di tutti quanti ci hanno preceduto nel combattimento della fede. Il Vangelo della sofferenza di Dio è buona novella che illumina il cuore e la vita, sorgente di forza cui si appella e potrà sempre appellarsi l’invocazione della fede pellegrina nel tempo».

http://www.donrocco.it/?p=289

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