DON ANTONIO

giovedì 31 maggio 2012

Riflessioni sulle letture 3 giugno 2012 (Manicardi) MONACO A BOSE




Dt 4,32-34.39-40; Sal 32; Rm 8,14-17; Mt 28,16-20


Il Dio biblico si rivela a Israele mediante la parola, dunque come Padre che pone i credenti in posizione di figli (I lettura); il Dio Padre, rivelato dal Figlio, il Cristo morto e risorto (vangelo), crea comunione con l’uomo mediante il suo Spirito, sicché i credenti lo invocano “Abbà” (II lettura).
Accanto alla rivelazione di Dio, i nostri testi presentano il tema della signoria di Dio sulla storia e sull’uomo. La prima lettura parla di Dio evocando la creazione, la rivelazione, l’elezione e la liberazione, quindi ammonisce i figli d’Israele a osservare i precetti del Signore; il vangelo mostra il Risorto che detiene autorità in cielo e in terra e che invia i discepoli a narrare e insegnare tutto ciò che egli ha loro comandato; la seconda lettura mostra che l’universalità della signoria di Dio si esprime nella ricezione del dono dello Spirito che guida l’uomo a vivere da figlio di Dio.
Il comando che il Risorto dà ai discepoli di battezzare le genti nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo, è anche il mandato perenne che il Signore dà alla sua chiesa: e non si tratta semplicemente di attuare un rito, ma di introdurre gli uomini nella relazione con Dio Padre per mezzo del Figlio Gesù Cristo nello Spirito santo. Questo il senso dell’esserci della chiesa: far conoscere la vita divina e introdurre in essa gli uomini. Altri compiti e mandati che la chiesa svolge occorre che siano passati al vaglio del vangelo perché non è detto che discendano da esso.
La chiesa investita di questo mandato è e sarà sempre una povera chiesa. Matteo presenta non i Dodici, ma gli Undici: è una comunità monca, che ha conosciuto l’infedeltà, il tradimento e l’abbandono e la sorte tragica (cf. Mt 27,5) di Giuda. Inoltre è una comunità di credenti che però anche dubitano. Il passo di Mt 28,17 può essere tradotto: “Vedendolo, si prostrarono, però dubitavano”. La contemporaneità del gesto “liturgico” della prostrazione e del dubbio che abita il cuore è eloquente. La fede si accompagna alla non-fede. Gli “evangelizzatori” sono chiamati anzitutto a custodire e a nutrire la loro fede che anche in loro è “poca” e incerta.
In questa parzialità e mancanza la chiesa è chiamata a farsi testimone della totalità di cui il Risorto è depositario. Il testo parla di quattro totalità: totalità dell’autorità che Cristo ha ricevuto da Dio in cielo e in terra (v. 18); totalità delle genti a cui sono inviati i discepoli (v. 19); totalità di ciò che Gesù ha comandato ai discepoli e che questi devono insegnare alle genti (v.20); totalità del tempo e della storia che vedrà la vicinanza del Risorto ai suoi discepoli e inviati (v. 20). Dunque la chiesa svolge la sua missione non contando su un proprio potere o su una propria forza, ma sul fatto che con la resurrezione ogni potere è stato dato (da Dio) a Cristo: “A me è stato dato ogni potere: andate dunque…”. È proprio questa liberazione dal potere, dall’assillo di darsi un potere umano, che fonda la possibilità della missione. È questo che consente agli inviati di raggiungere ogni gente, in una missione che deve essere rinnovata in ogni generazione e che ha un’estensione non tanto spaziale, quanto cronologica, “fino alla fine del mondo”. La missione e l’annuncio saranno dunque compiuti da inviati a loro volta obbedienti alla parola e ai comandi del Signore. Promessa e consolazione per i credenti sono poi le parole del Signore: “Io sono con voi tutti i giorni”.
Il tutto del Dio trinitario manifestato nel Cristo risorto impegna la chiesa alla fede e all’obbedienza. Le concrete situazioni di povertà ecclesiale possono allora essere colte come occasioni per far spazio alla presenza del Risorto. La missione della chiesa è infatti sacramento della missione che il Risorto stesso, nella potenza dello Spirito, compie. Come vaso fragile, la chiesa custodisce come tesoro prezioso, con la fede e l’obbedienza, la presenza che sola può dissetare e saziare chi ha fame e sete di giustizia. Come sta scritto: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

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