DON ANTONIO

martedì 17 gennaio 2012

Al centro del cuore di ogni cristiano: la Santa Croce ci eleva verso Dio

Solenne e profonda la celebrazione di questa mattina, 14 settembre, presso il Calvario, nella Basilica del Santo Sepolcro, in occasione della festa dell’Esaltazione della Santa Croce, una ricorrenza essenziale nella vita dei Cristiani e sintesi di tutto il mistero pasquale del Signore Gesù. Celebrata per la prima volta nel 335, nei secoli successivi questa festa assorbì anche la commemorazione del recupero della Vera Croce da parte dell’imperatore Eraclio nel 628, dalle mani dei Persiani.
In occidente a questa importante festività si accompagnano altre ricorrenze dedicate alla Croce del Signore, in particolare la festa del 7 maggio per l’Invenzione (ritrovamento) della Santa Croce da parte di Sant’Elena e la solenne adorazione della Croce durante le funzioni del Venerdì Santo.
Anche i greci-ortodossi celebrano in questa data, 14 settembre, l’esaltazione della Santa Croce, una delle maggiori festività dell’Anno Liturgico, a cui si uniscono, il 1° agosto, la processione del venerabile Legno della Croce, l’adorazione della Croce la terza domenica della Grande Quaresima e la processione con la Croce durante il Giovedì Santo.

Dunque, anche la comunità francescana ha onorato la festa dell’Esaltazione della Santa Croce con la S. Messa solenne celebrata proprio presso la Cappella latina della Crocifissione, sul Calvario, pregando sull’altare dominato dal toccante mosaico che raffigura la scena della crocifissione di Cristo. Sull’altare, in questa speciale occasione, è stato collocato il reliquiario, incastonato come su un trono, contenente un prezioso frammento del legno della Croce. A presiedere la cerimonia, fra Artemio Vitores, Vicario Custodiale, a cui si sono uniti, come concelebranti, fra Fergus Clarke, Guardiano della Basilica del Santo Sepolcro, e fra Noel Muscat, Discreto di Terra Santa. Numerosissimi i Francescani e gli altri sacerdoti intervenuti, i religiosi e le religiose dei molti ordini presenti in Terra Santa, il popolo dei fedeli, con i cristiani locali di lingua araba, ma anche moltissimi pellegrini e devoti che si sono raccolti presso il Calvario in questo importante giorno.
Al termine della S. Messa, la reliquia della Santa Croce, tra le mani di fra Artemio vitores, è stata portata in solenne processione, accompagnata dall’inno Vexilla Regis, fino all’Altare dell’apparizione del Risorto a Maria Maddalena. Qui i partecipanti hanno potuto accostarsi e baciare con devozione il reliquiario, dapprima tutti i sacerdoti concelebranti e, a seguire, le diverse centinaia di persone che hanno voluto rendere omaggio alla Croce del Signore.

Ed in effetti, come ha sottolineato fra Vitores nella sua omelia, “il legno della Croce attrae da sempre i Cristiani, che desiderano vederlo, toccarlo, baciarlo. La Croce è il simbolo cristiano per eccellenza, il simbolo più alto dell’identità cristiana”. Proprio l’assurdo della croce, “scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” (1Cor 1,23), diventa il segno dell’amore di Dio, la misura del Suo amore ed espressione di un amore senza misura. Da sempre strumento di una morte infamante, riservata ai malfattori, attraverso Gesù essa diventa la porta della vita eterna, il principio della resurrezione. Sulla croce il Figlio di Dio viene innalzato al di sopra di tutte le cose e con Sé, nella Sua gloria, Cristo eleva ogni uomo, restituendogli la pienezza della dignità e della familiarità con il Padre (Gv 12,32). Tutti gli elementi della liturgia, dall’elevazione del serpente di rame nel deserto da parte di Mosè (Nm 21,4-9), all’inno cristologico di S. Paolo (Fil 2,5-11), al dialogo di Gesù con Nicodemo (Gv 3,13-17), esprimono questa tensione alla vita che è racchiusa nel mistero del trionfo della Croce, nel mistero della salvezza.

E proprio nel momento in cui l’amore viene innalzato, sublimato, elevato al punto supremo di tutta la storia, esso si manifesta nella sua umiltà assoluta, nel suo accostarsi fino al punto più basso e nascosto dell’esistenza umana, facendosi fragile e nudo per toccare le miserie e le impurità dell’uomo e risanarle. Scrive Giovanni Paolo II nell’Enciclica Dives in Misericordia: “La croce è il più profondo chinarsi della divinità sull’uomo. La croce è come un tocco dell’eterno amore sulle ferite più dolorose dell’esistenza terrena dell’uomo”.

Infine, la croce è anche una chiamata all’imitazione e alla sequela di Cristo, una vocazione alla responsabilità condivisa, alla luce della scelta per ciò che è essenziale e che finalizza ogni sforzo alla costruzione di una salvezza comune. L’anima, da sempre chiamata alla perfetta comunione con Dio, è anche interpellata ad associarsi alla passione redentrice di Cristo, per alleviare il peso del peccato che grava sul mondo: una “comunione nel dolore” in vista di una “comunione nel valore”, della creazione di valori altissimi. Questo stile di vita, nella varietà delle vocazioni e dei modi in cui si compie, interpreta pienamente il progetto del dono di sé, fino al limite estremo del dono della propria vita, nella consapevolezza che non esiste un abbandono assoluto da parte del Padre, ma un comune ritrovarsi di Dio e dell’uomo attraverso e al di là della sofferenza, attraverso la grandezza dell’amore di Cristo crocifisso. Scrive Simone Weil: “Chi riesce a mantenere la propria anima orientata verso Dio mentre un chiodo la trafigge, si trova inchiodato al centro stesso dell’universo. È il vero centro, che non sta nel mezzo, che è fuori dello spazio e del tempo, che è Dio. Secondo una dimensione che non appartiene allo spazio, che non è il tempo, che è una particolare dimensione, questo chiodo ha fatto un foro attraverso la creazione, attraverso lo spessore dello schermo che separa l’anima da Dio. [...] Essa si trova al punto di intersezione tra la creazione e il Creatore, il punto in cui si intersecano i bracci della Croce”.

http://it.custodia.org/?id=4&id_n=15427

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