DON ANTONIO

sabato 23 giugno 2012

La parola della domenica 24 Giugno 2012 (Casati) BOSE




Gb 38,1.8-11
2 Cor 5,14-17
Mc 4,35-41

Rileggendo quest'anno il brano di Marco, il brano della tempesta sedata, mi veniva spontaneo pensare come ci capiti a volte di riandare a questo brano quando celebriamo un matrimonio e anche quando accompagniamo qui per l'ultimo saluto uno dei nostri cari; forse potremmo leggerlo anche nel giorno di un Battesimo.
E mi chiedevo: perché? Perché il dilagare di questo brano in situazioni così diverse della nostra vita? Forse perché tutta la nostra vita può essere evocata sotto il simbolo della traversata, del passare all'altra riva. Quel giorno verso sera Gesù disse: "Passiamo all'altra riva". La vita che sta davanti a un bambino è una traversata; il matrimonio, questa avventura a due, è una traversata; ogni vocazione è una traversata; la morte è una traversata. Ma forse ogni giorno, ogni giornata è arrivare a sera a un'altra riva. Traversata è ogni progetto; ogni progetto del cuore è sognare e tendere all'altra riva. "Nel frattempo si sollevò una grande tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena". E anche questa è condizione comune, condizione comune di ogni traversata: la tempesta, le bufere, le bufere della vita. Non è che ce le mandi Dio. A volte abbiamo uno strano modo di ringraziare Dio e lo ringraziamo di averci salvati dalle inondazioni. Ma, allora, dovrebbero imprecare contro Dio quelli che hanno la barca è inondata? La bufera fa parte della vita. E non ci sono solo le bufere esteriori. A volte le più terribili sono quelle interiori. Un teologo, profondo conoscitore dei labirinti dell'inconscio, scrive: "Abbastanza spesso, proprio quando smettiamo di affaccendarci esteriormente, il nostro cuore comincia a rimbombare come un oceano sferzato da raffiche di vento e noi piombiamo nella paura di noi stessi, non ci raccapezziamo più, e vorremmo proteggerci senza sapere in che modo, come se incappassimo nell'occhio di un ciclone, che ci risucchia irresistibilmente nel profondo con sempre maggiore rapidità" (E. Drewermann - Il vangelo di Marco, pp. 144-145). Ecco, il vangelo di Marco sembra suggerirci che sarebbe sogno vano pensare di non avere a che fare con questo mare, e invece è da sapienti imparare a conviverci. è suggestivo, fino quasi a diventare un simbolo, l'esempio di Gesù che dorme sulla barca. Se, sull'esempio di Gesù, cercheremo di raggiungere una calma più profonda nel nostro intimo, allora le onde si acquieteranno e il vento si placherà. "è importante" - scrive Drewermann - "raggiungere, al di là della zona dell'angoscia psichica, il luogo nel quale la tempesta si placa". "Bisogna ancorare profondamente la barca della nostra vita e confidare nel punto in cui, al di sotto del mare agitato, più abissale ancora dell'abisso, un solido fondale ci fornisce l'appiglio". Questo Dio, che dorme sulla barca scossa dalla tempesta, dal vento, sembra dirci: confida nella mia presenza, anche se ti sembro assente, io ho il potere di placare la bufera e di avvicinare l'altra riva, lascia dormire il tuo cuore nella pace. Ancorarsi in Dio e imparare a "dormire" nella tempesta. Ancorarsi in Dio e imparare a dormire anche per l'ultima tempesta. Senza scampo un bel giorno verrà il momento in cui né medici, né preti, né consiglieri, né altri interventi esterni potranno più aiutarci, il momento in cui noi saremo arrivati alla fine dell'esistenza, dove ad attenderci sarà la morte. E allora per l'ultima volta sarà importante trovare quiete contro l'angoscia; allora sarà ancora più decisivo ancorarsi in Dio e imparare a dormire nella tempesta.
Fonte:sullasoglia

Nessun commento:

Posta un commento