Abbiamo parlato del rapporto tra Battesimo e croce e abbiamo detto che, entrando a far parte del Corpo di Cristo, siamo chiamati a diventare conformi a Lui, in primo luogo facendo morire in noi le passioni, ovvero le opere della carne, tutto ciò che in noi si oppone al bene.
La vita del cristiano, però, non è un itinerario di auto-perfezionamento individualistico e moralistico, un percorso autogestito (come può essere quello proposto da alcune filosofie/religioni orientali).
Questa è la più grande delle illusioni e una delle insidie più pericolose e, comunque, molto comune; questo rischio è forte soprattutto nelle persone che sentono lo slancio di andare verso Dio.
Il credente cristiano, attraverso il Battesimo, è incorporato a Cristo, entra cioè a far parte del popolo di Dio, anzi, come ricorda anche il Papa, diventa membro della famiglia di Dio: consortes divinae naturae e, quindi, è chiamato a edificare non solo se stesso ma anche il mondo.
Questo suo compito sociale, io lo chiamerei, piuttosto, umano, perché l'uomo è per natura un essere sociale, lo può svolgere solo nella misura in cui partecipa realmente al mistero della passione di Cristo vissuto con questa intenzionalità.
Ascoltiamo le parole che San Pietro rivolge alla Chiesa nascente:
Deposta dunque ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, le gelosie e ogni maldicenza, come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza: se davvero avete già gustato come è buono il Signore.
Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo.
[…]
È una grazia per chi conosce Dio subire afflizioni, soffrendo ingiustamente; che gloria sarebbe infatti sopportare il castigo se avete mancato? Ma se facendo il bene sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, poiché
anche Cristo patì per voi,
lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme:
egli non commise peccato
e non si trovò inganno sulla sua bocca,
oltraggiato non rispondeva con oltraggi,
e soffrendo non minacciava vendetta,
ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia.
Egli portò i nostri peccati nel suo corpo
sul legno della croce,
perché, non vivendo più per il peccato,
vivessimo per la giustizia;
dalle sue piaghe siete stati guariti.
Eravate erranti come pecore,
ma ora siete tornati al pastore
e guardiano delle vostre anime.
(1Pt 2,1-5.19-20)
Questo testo è molto importante, soprattutto perché si ritiene sia una catechesi battesimale per preparare i catecumeni a comprendere che cosa il Battesimo implicasse.
I primi versetti ci ricordano sinteticamente i due concetti che ho appena affermato:
Si entra a far parte del Corpo di Cristo nella misura in cui si combattono e si abbandonano tutti i comportamenti carnali e peccaminosi, ossia tutto quello che deriva dal peccato originale, dalle passioni disordinate che vivono nelle nostre membra.
Deposta dunque ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, le gelosie e ogni maldicenza, come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza: se davvero avete già gustato come è buono il Signore.
(1Pt 2,1-3)
Anche Gesù ha dovuto, per prima cosa, combattere nel deserto contro il demonio per vincere tutte le tentazioni della carne e le seduzioni del male.
Gesù ha, poi, iniziato il suo ministero pubblico di servizio affrontando un altro combattimento contro il mondo, la malizia, la cattiveria degli altri, contro i limiti, le contraddizioni, ed ha eseguito questo compito che il Padre gli aveva assegnato, con fedeltà, comprendendo, amando, sopportando con pazienza, vivendo solo in funzione degli altri.
Dopo la sua ascensione, Gesù ha lasciato questo compito alla Chiesa; Egli continua a svolgerlo dal cielo attraverso i credenti. S. Pietro, infatti, dice:
Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo.
(1Pt 2,4-5)
Il popolo cristiano è il nuovo popolo sacerdotale; noi cristiani partecipiamo, attraverso il Battesimo, all'unico sacerdozio.
Il popolo di Israele era un popolo sacerdotale (Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa (Es 19,6)) e svolgeva il suo compito attraverso la conoscenza della legge divina rivelata a Mosè.
Il nuovo popolo deriva dal nuovo Mosè, Gesù Cristo, e diventa tale nelle misura in cui ci si conforma a Lui: pietre vive … stringendovi a lui … per offrire sacrifici spirituali.
A scanso di equivoci, San Pietro lo afferma in modo netto e chiaro:
È una grazia per chi conosce Dio subire afflizioni, soffrendo ingiustamente; che gloria sarebbe infatti sopportare il castigo se avete mancato? Ma se facendo il bene sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio.
(1Pt 2,19-20)
Il cristiano nel mondo è chiamato a sopportare ogni giustizia, ogni sputo, ogni schiaffo, ogni incomprensione, ogni sofferenza, per amore di Gesù, per amore del Padre, per amore della propria salvezza, per amore del mondo, per amore soprattutto verso colui che gli procura quella sofferenza, perché Cristo è morto per i peccatori; sulla croce Egli ha detto: Padre perdona loro (quelli che lo stavano uccidendo) perché non sanno quello che fanno.
È questo il modo sicuro di seguire Gesù, di essere credenti, di potersi salvare:
A questo infatti siete stati chiamati, poiché anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca, oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia.
Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti.
(1Pt 2,21-25a)
Seguire le orme di Gesù non è un optional, è l'unica via della salvezza.
Seguirlo significa partecipare alla sua azione redentrice attraverso il nostro costante perdono, facendoci carico anche noi del peccato del mondo, nella misura in cui possiamo e le nostre forze lo consentono; quantomeno, non aumentandolo con le nostre azioni e, possibilmente, assorbendolo con il nostro amore e il nostro perdono.
La fede, la dottrina cristiana non si trasmette con il catechismo, con i libri (anche se questi servono), ma con la vita!
Il demonio ci tenta affinché anche noi diventiamo veicolo di male; ad esempio: se io rispondo restituendo lo schiaffo a chi mi ha percosso, contribuisco ad aumentare il male che c'è nel mondo; invece, dobbiamo diventare, se proprio non riusciamo a fare di meglio, almeno degli "ammortizzatori".
Questo insegnamento non è qualcosa che ha capito San Pietro, non è il frutto della sua elaborazione teologica o spirituale, ma è l'insegnamento che la Chiesa ha ricevuto da Gesù stesso.
Abbiamo già considerato il passo in cui tutti i discepoli venivano invitati a portare la croce quotidiana (Mc 8,27-38); ma quel brano non conteneva la valenza apostolica e non faceva direttamente riferimento alla croce come strumento e modalità attraverso cui sarebbe morto Gesù.
Il brano di San Pietro è esplicito ed è in continuità con un'istruzione che Gesù ha dato ai suoi discepoli:
Un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone; è sufficiente per il discepolo essere come il suo maestro e per il servo come il suo padrone. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più i suoi familiari!
Non li temete dunque, poiché non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato. Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia.
Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!
Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.
Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare
il figlio dal padre, la figlia dalla madre,
la nuora dalla suocera:
e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa.
Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.
(Mt 10,24-39)
Questo brano, che fa parte di un insegnamento più ampio sulla missione che la Chiesa deve continuare, mette in guardia dai facili entusiasmi e dalle cocenti frustrazioni.
Gesù è esplicito. I discepoli, come il Maestro, saranno sicuramente rifiutati, fraintesi, oltraggiati, uccisi. Quanti ce ne sono al giorno d'oggi; uno studio dice che non ci sono mai stati così tanti perseguitati come il secolo scorso; quante persone hanno saputo dare la vita per Gesù!
I discepoli devono affrontare tutto avendo davanti ai propri occhi la sua vita, dovranno riconoscerlo, preferirlo a tutto, in caso di contrasto, persino ai genitori e ai figli.
Questo insegnamento è stato vissuto in modo straordinario dall'apostolo per eccellenza, San Paolo, il quale ha sofferto tutto per amore di Cristo:
Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me.
(Gal 2, 20)
San Paolo ci dice: esisto solo in funzione di Cristo, del mondo, in funzione della salvezza; per me vivere significa servire, non ci sono più mie esigenze personali.
Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa.
(Col 1,24)
Pensate che audacia ha San Paolo!
Non era sufficiente il sacrificio di Cristo? Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, dice l'Apostolo; ma che cosa manca ai patimenti di Cristo? Manca tutta la parte del suo Corpo che non è stata ancora crocifissa e risorta pienamente. Gesù è il capo, è la testa, Lui è morto e risorto ma le sue membra ancora no; noi siamo le sue membra. San Paolo dice: completo nella mia carne ciò che manca perché possa essere totalmente unito a Lui, e, attraverso questa mia sofferenza, possa attirare altri.
Perciò sopporto ogni cosa per gli eletti, perché anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.
(2Tm 2,10)
Gli eletti (cioè i cristiani, cioè noi) hanno la salvezza, ma non l'hanno pienamente; dentro di noi ci sono ancora due mondi che si combattono, se siamo stati uniti totalmente a Lui con una morte simile alla Sua allora saremo totalmente risorti assieme a Lui; questa totalità però avviene nel tempo e nella storia.
Questo significa vivere da cristiani: portare a compimento!
San Paolo era talmente consapevole della necessità di seguire l'esempio concreto di Gesù che ha avuto l'ardire non solo di auto-interpretare la propria esistenza come un'imitazione di Cristo ma, addirittura, di offrirsi lui come esempio ai fedeli delle Chiese da lui fondate:
Vi esorto dunque, fatevi miei imitatori!
(1Cor 4,16)
Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo.
(1Cor 11,1)
Fatevi miei imitatori, fratelli, e guardate a quelli che si comportano secondo l'esempio che avete in noi.
(Fil 3,17)
Vedete che cosa significa Chiesa? La fede si trasmette così: Cristo ha lasciato l'esempio, San Paolo l'ha accolto e l'ha vissuto e lo lascia a Timoteo, che deve fare come ha fatto Paolo, che ha fatto come Cristo: così si trasmette la fede, la vita.
Soffermiamoci a meditare due brani.
Nel primo, San Paolo dichiara esplicitamente quale deve essere il contenuto della predicazione e della testimonianza cristiana.
Anch'io, o fratelli, quando sono venuto tra voi, non mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso.
(1Cor 2,1-2)
E anche se il mio sangue deve essere versato in libagione sul sacrificio e sull'offerta della vostra fede, sono contento, e ne godo con tutti voi.
(Fil 2,17)
Nel secondo, l'Apostolo afferma che, se il cristiano ha il coraggio di accogliere la croce come Gesù, riceverà la forza per portarla e anche la gioia di sentirsi concretamente, esistenzialmente, amico del Signore.
Con questa sua forza che viene dall'alto sarà reso capace di comprendere, accogliere e aiutare il suo prossimo:
Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio. Infatti, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione. Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza; quando siamo confortati, è per la vostra consolazione, la quale si dimostra nel sopportare con forza le medesime sofferenze che anche noi sopportiamo.
(2Cor 1,3-6)
Vedete, se uno accetta la tribolazione per amore di Gesù riceve la consolazione dal Padre e diventa capace di trasmettere la consolazione di Dio; sappiamo realmente stare vicino a chi soffre se abbiamo capito che cosa significhi essere sofferenti, avere sofferto, aver conosciuto la consolazione di Dio.
CONCLUSIONE
Concludiamo con un'esortazione che io rivolgo a voi e a me stesso utilizzando le stesse parole di San Paolo perché mi sembra sintetizzino in modo eccellente tutto quello che ho cercato di presentarvi e che non hanno bisogno di ulteriori commenti:
Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri.
Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù,
il quale, pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso
la sua uguaglianza con Dio;
ma spogliò se stesso,
assumendo la condizione di servo
e divenendo simile agli uomini;
apparso in forma umana,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e alla morte di croce.
Per questo Dio l'ha esaltato
e gli ha dato il nome
che è al di sopra di ogni altro nome;
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra;
e ogni lingua proclami
che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.
Quindi, miei cari, obbedendo come sempre, non solo come quando ero presente, ma molto più ora che sono lontano, attendete alla vostra salvezza con timore e tremore. È Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni. Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche, perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita. Allora nel giorno di Cristo, io potrò vantarmi di non aver corso invano né invano faticato.
[…]
Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo
[…]
E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte, con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti.
[…]
Quanti dunque siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo.
(Fil 2,3-16;3,8.10-11.15)
http://www.comunita-abba.it/v1/meditazioni/ver-sacr-12.htm
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