La Santa Famiglia proprio per la sua natura umana, non fu esente da sofferenze e da dolori. Basti pensare ad alcuni episodi centrali della vita di Maria e di Giuseppe: la maternità di Maria, il matrimonio di Giuseppe e Maria, la nascita di Gesù, la presentazione al Tempio di Gesù Bambino, la profezia di Simeone, la fuga in Egitto, il ritorno dall'Egitto, lo smarrimento e il ritrovamento di Gesù nel tempio all'età di 12 anni, ecc. Tali episodi testimoniano come le situazioni soggettive, familiari e sociali abbiano sottoposto Maria e Giuseppe a paure, sofferenze, dolori che hanno coinvolto profondamente il loro cuore senza però smarrimenti, nella fiducia totale in Dio Padre e nella sua divina Provvidenza, come Padre buono, amoroso, sempre fedele. Maria e Giuseppe pur dovendo affrontare prove così dolorose, hanno sempre mantenuto la loro fiducia in Dio Padre con profonda fede, con incrollabile speranza nelle promesse del Signore e con operosa e santa carità, umilmente sottomessi alla volontà di Dio.
La profezia di Simeone e il dolore di Maria ai piedi della Croce
In occasione della presentazione di Gesù al Tempio (quaranta giorni dopo la nascita) il vecchio Simeone pronunciò le profetiche parole: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima " (Lc 2,34-35). Spada come simbolo del cammino doloroso della Vergine Maria che nella tradizione posteriore sarà assunta quale segno plastico dei dolori sofferti dalla Madre del Redentore e quindi raffigurate in numero di sette infisse nel cuore della Vergine. È nell'evento della passione e della crocifissione che ritroviamo il significato primo ed ultimo dell'Addolorata: "Stavano presso la Croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna, ecco il tuo figlio" poi disse al discepolo: "ecco la tua madre" (Gv 19,2527a). Questo distacco terreno contiene in sé tutto il mistero della missione di Gesù e di Maria: l'abissale dolore per la morte in croce del Figlio, innocente, ingiustamente condannato e la comprensione spirituale per l'esito di tale morte prefigurante la gloriosa risurrezione di Gesù ad opera dello Spirito del Padre.
Il magistero del concilio Vaticano II ha espresso con autorevole sintesi il mistero del cammino di fede di Maria, madre di Dio e della Chiesa, che ha conosciuto il grande patire umano: "Anche la beata Vergine avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette soffrendo profondamente col suo unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata " (LG 58). Maria partecipa con tutta se stessa al dolore del Figlio che si è fatto carico di tutti i peccati, di tutte le sofferenze, di tutti i dolori dell'umanità. Gesù è "l'uomo dei dolori, che ben conosce il patire" (Is 53,3) e, parallelamente, sua madre è "la donna dei dolori", Ella esprime anche il modello della perfetta unione con Gesù fino alla Croce. Il mistero della "mater dolorosa letto in riferimento a Cristo e alla Chiesa, diventa esperienza vitale per il cristiano non solo riguardo alla conoscenza della storia salvifica, ma anche singolare fonte di consolazione e di speranza per affrontare la vita quotidiana secondo il senso escatologico che Cristo ha dato al suo sacrificio pasquale, dalla passione-morte alla gloriosa risurrezione, per la salvezza dell'intera umanità nella vita eterna in Dio Trinità.
L'uomo partecipe delle sofferenze di Cristo per la propria ed altrui salvezza
Con la Lettera apostolica "Salvifici doloris" del 1984, Giovanni Paolo II affronta il tema del valore salvifico del dolore che si sostanzia nel Vangelo della sofferenza scritto in primo luogo dallo stesso Redentore con la propria sofferenza assunta per amore, perché l'uomo "non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16), al cui fianco c'è sempre Maria, la sua Madre santissima, per la testimonianza esemplare che, con l'intera sua vita, rende a questo particolare Vangelo della sofferenza. "In lei le numerose ed intense sofferenze si assommarono in una tale connessione e concatenazione che, se furono prova della sua fede incrollabile, furono altresì un contributo alla redenzione di tutti" (Salvifici doloris, 25). "Se un uomo diventa partecipe delle sofferenze di Cristo, ciò avviene perché Cristo ha aperto la sua sofferenza all'uomo, perché egli stesso nella sua sofferenza redentiva è divenuto, in un certo senso, partecipe di tutte le sofferenze umane. L'uomo, scoprendo mediante la fede la sofferenza redentrice di Cristo, insieme scopre in essa le proprie sofferenze, le ritrova, mediante la fede, arricchite di un nuovo contenuto e di un nuovo significato" (Ibid., 20). La partecipazione alle sofferenze di Cristo è, al tempo stesso, sofferenza per il Regno di Dio. Cristo ci ha introdotti in questo Regno mediante la sua sofferenza. E anche mediante la sofferenza maturano per esso gli uomini avvolti dal mistero della redenzione di Cristo. Coloro che sono partecipi delle sofferenze di Cristo sono anche chiamati, mediante le loro proprie sofferenze, a prender parte alla gloria escatologica, che nella Croce di Cristo era offuscata dall'immensità della sofferenza. Così si esprime l'apostolo Paolo: "Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi, perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare" (1Pt4,13).
"Bisogna dare testimonianza di questa gloria non solo ai martiri della fede, ma anche a numerosi altri uomini, che a volte, pur senza la fede in Cristo, soffrono e danno la vita per la verità e per la giusta causa. Nelle sofferenze di tutti costoro viene confermata in modo particolare la grande dignità dell'uomo" (Salvifici doloris, 22). La sofferenza, infatti, è sempre una prova, a volte alquanto dura, alla quale viene sottoposta l'umanità. "Coloro che sono partecipi delle sofferenze di Cristo hanno davanti agli occhi il mistero pasquale della Croce e della risurrezione, nel quale Cristo discende, in una prima fase, sino agli ultimi confini della debolezza e dell'impotenza umana: egli, infatti, muore inchiodato sulla Croce... Le debolezze di tutte le sofferenze umane possono essere permeate dalla stessa potenza di Dio, quale si è manifestata nella Croce di Cristo.
In questa concezione, soffrire significa diventare particolarmente suscettibili, particolarmente aperti all'opera delle forze salvifiche di Dio, offerte all'umanità in Cristo" (Ibid.,23). San Paolo scrive: "...Sono lieto delle sofferenze, che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, in favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,24). "La sofferenza di Cristo ha creato il bene della redenzione del mondo. Questo bene in se stesso è inesauribile ed infinito. Nessun uomo può aggiungerci qualcosa. Allo stesso tempo, però, nel mistero della Chiesa come suo corpo, Cristo in un certo senso ha aperto la propria sofferenza redentiva ad ogni sofferenza dell'uomo. In quanto l'uomo diventa partecipe delle sofferenze di Cristo - in qualsiasi luogo del mondo e tempo della storia - in tanto egli completa a suo modo quella sofferenza, mediante la quale Cristo ha operato la redenzione del mondo" (Solvifici doloris, 24).
Proprio la Chiesa, come "ecclesia totale" e quale corpo di Cristo, è la dimensione nella quale la sofferenza redentrice di Cristo può essere costantemente completata dalla sofferenza dell'uomo. In ciò viene messa in risalto anche la natura divino-umana (Cristo-umanità) della Chiesa che opera attraverso l'azione incessante dello Spirito Santo.
La sofferenza va vissuta con fede e speranza come risposta all'amore di Dio
La sofferenza appartiene certamente al mistero dell'uomo. Come tutti sono stati chiamati a "completare" con la propria sofferenza "quello che manca ai patimenti di Cristo", Cristo allo stesso tempo ha insegnato all'uomo a far del bene con la sofferenza ed a far del bene a chi soffre (carità). In questo duplice aspetto Cristo ha svelato fino in fondo il senso della sofferenza.
Questo è il senso veramente soprannaturale ed insieme umano della sofferenza. "È soprannaturale, perché si radica nel mistero divino della redenzione del mondo, ed è, altresì, profondamente umano, perché in esso l'uomo ritrova se stesso, la propria umanità, la propria dignità, la propria missione" (Salvifici doloris, 31 ).
II Concilio Vaticano II nella "Gaudium et Spes" sintetizza il senso della sofferenza umana con questa espressione: "Per Cristo e in Cristo si illumina l'enigma del dolore e della morte" (22). II mistero della redenzione del mondo è radicato nella sofferenza, e questa, a sua volta, trova in esso il suo supremo e più sicuro punto di riferimento. Dice Giovanni Paolo li: "Occorre... che sotto la Croce del Calvario idealmente convengano tutti i sofferenti che credono in Cristo... (e) gli uomini di buona volontà, perché sulla Croce sta il "Redentore dell'uomo, l'Uomo dei dolori, che in sé ha assunto le sofferenze fisiche e morali degli uomini di tutti i tempi, affinché nell'amore possano trovare il senso salvifico del loro dolore e risposte valide a tutti i loro interrogativi. Insieme con Maria, Madre di Cristo, che stava sotto la Croce, ci fermiamo accanto a tutte le croci dell'uomo d'oggi... Nel terribile combattimento tra le forze del bene e del male, di cui ci offre spettacolo il nostro mondo contemporaneo, vinca la vostra sofferenza in unione con la Croce di Cristo!" (Salvifici doloris, 31).
Scrive l'apostolo Paolo: "...fortificatevi nel Signore e nella sua onnipotente virtù. Rivestitevi dell'armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo: perché noi non abbiamo da combattere solo contro forze puramente umane, ma contro i principati e le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro gli spiriti del male sparsi nell'aria. Rivestitevi dunque dell'armatura di Dio, per poter resistere nel giorno maligno... cinti i fianchi con la virtù, rivestiti della corazza della giustizia, e calzati i piedi, pronti per annunciare il Vangelo di pace" (Ef 6,10-15).
"Ci sarà sempre sofferenza che necessita di consolazione e di aiuto. Sempre ci sarà solitudine. Sempre si saranno anche situazioni di necessità materiali nelle quali è indispensabile un aiuto nella linea di un concreto amore per il prossimo" (Benedetto XVI, Deus Caritas est, p. 62).
Così il dolore, la sofferenza se vissuti con fede e speranza secondo il messaggio evangelico di Cristo Redentore e di Maria corredentrice, hanno il senso di unirci al dolore salvifico di Gesù e di Maria per vincere il peccato e il maligno e partecipare, purificati dallo Spirito Santo, alla mensa santa del Padre nella Gerusalemme celeste per l'eternità.
http://www.preghiereagesuemaria.it/sala/la%20sofferenza%20alla%20luce%20della%20fede%20cristiana.htm
Nessun commento:
Posta un commento