La parola di Dio di questa domenica ci chiarisce cosa vuol dire essere cristiani autentici oggi, cioè cristiani che non cercano compromessi con l’attuale paganesimo, che non diluiscono il messaggio evangelico nel calderone del modo comune di pensare, nella cultura dominate, nel bisogno di consenso..ma vogliono, e si impegnano ogni giorno a tradurre nella vita la parola di Gesù. Si deve premettere che la parola di Gesù è esigente (il Vangelo di oggi lo dimostra ),anzi travalica la nostra logica, travalica il cosidetto” buon senso”, a tal punto da scandalizzare molti e allora o si cerca di ignorare la Parola autentica del Vangelo oppure, ricorrendo alla famosa interpretazione “ma Gesù voleva dire un altra cosa” si cerca una autogiustificazione alla nostra incapacità a vivere il programma dei discepoli di Gesù.
Sarebbe molto più onesto dire : la proposta di Gesù è talmente sublime, supera talmente le nostre forze che confonde anche la nostra logica, il nostro ragionare umano ,solo allora si ricorre all’aiuto della grazia, all’aiuto dello Spirito Santo, perché lo ha detto Gesù “senza di me non potete fare nulla”.
La riflessione di oggi si incentra su un punto fondamentale che è al centro della nostra fede :
il posto che Dio occupa nella nostra vita di credenti e per di più cristiani, di persone cioè che si affidano a Gesù e in Lui confidano. Il Vangelo si apre con una frase di Gesù che sembra essere quasi una provocazione per la nostra sensibilità, per la nostra umanità.
Si tratta di una parola che non può non inquietare, che non può non turbare e lasciare sconcerto.
“Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me , chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me, chi avrà trovato la sua vita la perderà e chi avrà perduto la sua vita per causa mia la troverà”.
Saremmo portati a criticare simili affermazioni :sappiamo che Gesù insegna l’amore ai familiari,che anche Gesù ha avuto una famiglia e una Madre a cui certamente voleva bene. Subito siamo portati a un rifiuto di queste parole “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me , chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me, chi avrà trovato la sua vita la perderà e chi avrà perduto la sua vita per causa mia la troverà” perchè sembrano parole contrarie alla stessa natura umana , nella quale è stato scritto da Dio di amare i propri cari. Certamente questa parola interroga anche noi, come avrà interrogato i discepoli.
La parola di Gesù è molto chiara e precisa e noi la dobbiamo accogliere perché si tratta di una Buona Notizia, perché non è una parola che indichi rifiuto degli affetti familiari, ma parla di preferenze, di priorità, di chi sta al primo posto. Questa parla che suona come parola dura per noi, è in realtà una parola di vita, una parola davvero liberante. Mettendo la persona di Gesù prima di tutto e di tutti , si riacquistano in una nuova dimensione il padre, la madre, e i figli,
Lo dice Gesù in un altro passo del Vangelo : “a voi che avete lasciato case, campi, padre, madre.. avrete 100 volte tanto”, in una dimensione più vera ed eterna.
Gesù diceva allora questa parola per i giudei che si convertivano alla sua religione, era un vero dramma per il loro cuore :lasciare tutto, convertirsi, solo a Gesù. E Gesù dice questa parola per noi oggi e per molti è ancora un dramma. Per molti infatti i figli (oggi sempre meno nelle famiglie ) sono il dio, si fa tutto per i figli e si pronti a tutto, molto più oggi che in passato però non è conforme alla parola di Dio, perché Dio è prima dei genitori e dei figli perchè questi sono suo dono e a Lui solo appartiene la loro vita.
Per altri il “Dio” si identifica con le cose materiali , con il denaro e solo nelle cose e nel denaro pongono la loro salvezza. Per queste persone Dio serve, Dio ci serve, un dio a nostro servizio, un dio diventato il toccasana quando tutto il resto non serve, un dio ai nostri piedi , un dio , che nel paganesimo e in una religione diventata pagana, si può vivere bene anche senza di Lui fino al momento in cui..... e qui metteteci tutto quello che gli uomini chiamano destino,fatalità,dove la scienza non arriva o la ragione si ferma.
Gesù nel Vangelo ci esorta a capovolgere questa scala di falsi valori .Al primo posto c’è Dio,comunque la pensiamo,non il Dio astratto, non quel Dio imparato a memoria nel catechismo o studiato su un libro a scuola, non in quel Dio tanto buono che sembra quasi una favola talvolta anche sordo alle preghiere e che ci spinge all’angoscia o al terrore di un castigo, un Dio troppo lontano dall’uomo,un Dio sempre “oltre” e sempre in “alto”. Il cristiano invece è colui che ha fatto l’esperienza di Dio e lo chiama con i suoi attributi : Amore,Misericordia,Provvidenza,Eternità.
Solo dopo questa premessa e in questa ottica possiamo comprendere anche le prime due letture e l’ultima parte del Vangelo. La donna ricca offre ,è ospitale nei confronti del profeta Eliseo e Dio le da in cambio il dono di un figlio. Nessun confronto tra il dono della donna che la donna fa al profeta e il dono che Dio fa alla donna: la donna offre quanto ha perché vede in Eliseo, il profeta, colui che parla in nome di Dio ,Dio offre alla donna la vita di un figlio .Solo Dio è il Signore della vita : che può dare un figlio a chi è senza figli o è nell’impossibilità averli (quanti esempi nella Scrittura).
E tutti fanno all’Angelo la stessa domanda: “com’è possibile?”, com’è possibile salvarsi se è difficile anche per un giusto?
L’Angelo da sempre la solita risposta che vale anche per noi : “niente è impossibile a Dio”.
E chi è colui che dona un bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli se non colui che ha visto il volto di Dio nei piccoli perché sono suoi discepoli, ebbene costui non perderà la sua ricompensa, e la ricompensa non avrà la proporzione materiale corrispondente all’offerta ma sarà il dono della Vita, perché “chi perderà questa vita per causa di Cristo, la ritroverà”.
Il Vangelo oggi ci interroga, ci invita a riflettere se stiamo vivendo in novità di vita, cioè come veri e autentici cristiani, oppure viviamo come tanti pagani del nostro tempo, cioè come quelli che non hanno né fede né speranza di eternità. Vi invito a riflettere su una parola di S.Agostino, che possiamo considerare come una sintesi del messaggio della liturgia di oggi :
“Se tu reputi ricchezze i beni materiali, li amerai. E se li ami,ti perderai con essi. Perdili per non perderti.
Dona per acquistare, semina per raccogliere. Ma tu però non chiamarle i beni materiali “ricchezze”, perché non sono una vera ricchezza, sono solo fonte di vera povertà.
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